Tempo Ordinario B – 32. Domenica
Le letture di questa domenica affrontano di nuovo il tema della povertà mettendo in risalto come essa deve comportare per i discepoli il dono non solo dei propri beni ma anche di se stesso. Nella prima lettura si racconta un fatto capitato al profeta Elia. In un momento di grave carestia Dio lo indirizza a una povera vedova, ridotta ormai alla fame, alla quale chiede di cuocere per lui l’ultimo pugno di farina che le resta: in pratica le chiede di donare la sua stessa vita. La donna acconsente e da quel momento non resta priva di farina e di olio, lei e suo figlio, per tutto il tempo della carestia. Non risulta che la donna conoscesse il profeta o si aspettasse un miracolo. Il miracolo l’ha fatto lei, privandosi del poco che aveva per uno che era più povero di lei.
Nel brano del Vangelo si contrappone il comportamento degli scribi e dei farisei a quello di una povera vedova. Mentre i primi si mettono in mostra e cercano vantaggi materiali e l’approvazione della gente, la vedova mette tutto quello che ha nel tesoro del tempio, cioè a disposizione di Dio. Nella sua critica ai capi religiosi del popolo, Gesù esprime un severo giudizio nei confronti non di singole persone che sbagliano ma piuttosto di un sistema in cui il rapporto con Dio è gestito da una casta di persone che cercano prima di tutto il proprio interesse e potere. Di riflesso il comportamento della vedova, che offre al tempio tutto quello che ha per vivere, esprime la dedizione totale e disinteressata che Dio si aspetta da quanti credono in lui. È chiaro che Dio non ha bisogno di quei due soldini che la vedova gli dona e neppure delle ben più grosse offerte dei ricchi; quello che desidera è un atto di fede che si esprime nel dono totale di sé. Gesù preannunzia così la sua passione, che è la conseguenza della sua adesione totale al piano di Dio e della sua scelta radicale in favore dei poveri e degli emarginati: per loro Gesù non offre qualcosa ma dà tutto se stesso. Per la sua fede, una donna povera ed emarginata diventa così l’esempio a cui il discepolo di Gesù deve ispirarsi.
Anche nella seconda lettura si trova una contrapposizione tra Gesù, il vero sacerdote, e i sacerdoti del tempio: mentre questi, con tutti i sacrifici delle vittime offerte a Dio, non ottengono la purificazione dei peccati, Gesù ha compiuto l’unico sacrificio gradito a Dio, quello della sua vita.
L’esempio delle due vedove non vuole dire che uno, per favorire gli altri, debba rinunziare a tutto ciò di cui ha bisogno per vivere, di ciò che gli garantisce una sicurezza per sé e per la propria famiglia. Tuttavia esso mette in luce che non è sufficiente dare ai poveri il superfluo ma l’amore verso di loro deve coinvolgere tutta la nostra vita. Ciò significa, in altre parole, saper gestire la propria esistenza in vista non del proprio interesse e poi magari di quello degli altri, ma di un bene che riguarda tutti nello stesso modo. Ciò comporta un diverso modo di vedere i rapporti famigliari, l’esercizio della professione, l’economia.
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