Tempo di Pasqua B – 6. Domenica
Il tema di questa liturgia domenicale viene indicato nella seconda lettura: «Dio è amore». Nella prima lettura troviamo un’affermazione che, essendo stata pronunziata da Pietro, ha quasi un valore programmatico: «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga». Pietro ritiene che Dio ami non solo i giudei ma anche i pagani e amministra il battesimo a uno di loro, Cornelio e a tutta la sua famiglia. L’amore di Dio consiste dunque nel chiamare tutti alla salvezza nella Chiesa. Non si dice nulla di coloro che non praticano la giustizia o di quanti non entrano nella chiesa perché non hanno conosciuto il vangelo o è stato presentato loro in modo non adeguato. L’amore di Dio raggiunge anche loro?
Nel brano del vangelo, Giovanni presenta la persona di Gesù come la manifestazione più piena dell’amore di Dio per l’umanità e riferisce che egli ha detto ai suoi discepoli di rimanere nel suo amore e di amarsi gli uni gli altri. Secondo Giovanni egli aggiunge che non li chiama più servi ma amici, a patto che facciano ciò che egli comanda loro, cioè che pratichino il comandamento dell’amore. Chiaramente l’amore di cui si parla qui è possibile solo all’interno di un gruppo, di una comunità, perché richiede una reciprocità che l’amore del prossimo o del proprio nemico non presuppone. Nulla si dice degli altri, di quelli che non sono membri di questa comunità: sono raggiunti anche per loro dall’amore di Dio che si è manifestato in Gesù? Leggendo questo testo ci si rende facilmente conto che riguarda un’élite, cioè un ambiente circoscritto e con una forte dimensione di esclusivismo.
Nella seconda lettura l’orizzonte si allarga. In essa si dice infatti che l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio; chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. L’invio del suo Figlio nel mondo è l’espressione suprema di questo amore. non si esclude che l’amore di Dio raggiunga anche coloro che non fanno parte della comunità cristiana, ma non si dice nulla in proposito.
L’espressione «Dio è amore» sarebbe forse più comprensibile oggi se fosse capovolta: «L’amore è Dio». L’amore vero, dovunque si trovi, è una manifestazione di Dio. Nella mentalità tradizionale ciò non era molto chiaro, perché si partiva dai rapporti all’interno di una comunità. Per noi oggi è diverso. Noi dobbiamo scoprire Dio proprio a partire da una molteplicità di religioni, lingue, culture. Se Dio ama, ama tutti. L’amore di Dio è un’energia vitale che pervade l’universo il quale, senza di esso, cadrebbe immediatamente nel nulla. Ma possiamo scoprirlo solo se e nella misura in cui anche noi impariamo ad amare. La comunità cristiana è un ambito in cui questo amore dovrebbe realizzarsi in modo pieno ma non esclusivo, cioè come espressione concreta di un amore universale.
Dio è amore
Se qualcuno leggesse per la prima volta i testi di questa liturgia, che idea si farebbe delle persone a cui essi si rivolgano? Forse quella di un gruppo chiuso, i cui membri si ritengono eletti da Dio perché un suo inviato ha espiato, cioè pagato per i loro peccati, morendo in croce al loro posto. Ma è veramente così?
L’equivoco nasce dal verbo «espiare» che non significa affatto subire la punizione per un delitto commesso da sé o da altri, ma semplicemente perdonare il peccato. Gesù non ha espiato i nostri peccati perché ha pagato per noi, prendendo su di sé la pena che ci spettava, ma perché ha presentato Dio come un padre che ama tutti i suoi figli ed è sempre disposto a perdonarli e ad accoglierli.
Ma che tipo di padre è questo Dio? Un padre che ama i suoi figli non li abbandona a se stessi ma, quando si trovano nei pasticci, interviene per liberarli e proteggerli. Mah, forse la prima cosa che Gesù ci ha insegnato è proprio questa: Dio non deresponsabilizza l’uomo ma si manifesta come un’energia vitale che aggrega, orienta, dà armonia e produce continuamente progresso e gioia.
Gesù ha intercettato questa forza vitale e, in sintonia con la sua cultura, l’ha definita come la manifestazione dello Spirito che viene infuso nei credenti, o meglio che abita in ogni essere umano ma che deve continuamente essere riscoperto e riattivato. Purtroppo gli uomini dello Spirito vanno spesso incontro a persecuzioni, perché sono gli unici dotati di una libertà che non piace ai potenti di questo mondo. Morendo in croce Gesù ha lanciato l’ultimo grande appello a lottare senza paura per un mondo diverso, in cui la giustizia va di pari passo con una vera fraternità.
È questo il compito che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli. Per loro amarsi vicendevolmente non dovrebbe significare chiudersi in un mondo fittizio in cui i contrasti sono ovattati, ma attuare rapporti nuovi che siano il segno di una speranza che non viene meno: la speranza cioè di poter fare un passo in avanti verso la realizzazione di quel sogno che Gesù ha chiamato «regno di Dio».
Sintesi della videoconferenza
Dio viene spesso immaginato come un buon papà che ama i suoi figli se sono obbedienti e fa di tutto per far entrare anche gli altri nella sua famiglia: a questo scopo distribuisce le sue grazie a tutti, ma specialmente a chi crede in lui. In realtà nella Bibbia Dio è presentato come colui che ama il suo popolo perché vuole coinvolgerlo in un progetto di liberazione in favore di tutta l’umanità. In sintonia con questa visione noi oggi siamo portati a considerare Dio come un mistero indefinibile che si manifesta nell’energia aggregativa che pervade il cosmo e lo spinge a evolversi, pur tra blocchi e ricadute all’indietro. Questo progetto non ha bisogno di essere rivelato ma viene percepito dal cuore umano sotto lo stimolo di maestri che hanno avuto una particolare chiaroveggenza. Gesù è la manifestazione dell’amore di Dio in quanto ha annunziato la venuta del suo regno in questo mondo e ha fatto i gesti che lo anticipano e la preparano. Per un cristiano amare Dio significa dunque scoprire dentro di sé, in forza anche dello stimolo che viene dal vangelo, un grande progetto di salvezza che abbraccia tutto il mondo. Non ha senso quindi rivolgersi a Dio o a Gesù per chiedere di cambiare il corso degli eventi in base a quello che noi riteniamo giusto. Chi ha fede in un progetto divino deve fare in modo di scoprirlo in ogni evento e di lasciarsi coinvolgere in esso. Solo in questo sguardo al di là di noi stessi alla ricerca di un bene che riguarda tutti noi possiamo trovare il senso della nostra vita. Aggregarsi a una comunità ha senso solo come momento formativo per operare nel mondo in collaborazione con tutti gli uomini e donne di buona volontà.