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Tempo di Pasqua C – 7. Domenica

La gloria di Dio

Prima di morire Stefano vede la gloria di Dio e Gesù che sta alla sua destra. Forse è questo un modo figurato per dire che alla fine della sua vita egli ha avuto un’esperienza personale profonda di Dio come scopo a cui tende tutta la vita umana. Per questo ha accettato con fiducia e speranza la sua morte violenta. Nell’ultima cena Gesù prega per i suoi discepoli, perché possano contemplare la sua gloria. Anche qui si tratta di un’esperienza personale che essi faranno nella misura in cui il loro rapporto con Gesù si trasforma in una comunione d’amore fra loro. Secondo l’apocalisse è questa la strada radiosa che indica loro Gesù in quanto stella radiosa del mattino. La gloria di Dio si manifesta dunque non mediante fenomeni esteriori ma mediante la luce interiore che riempie il cuore quando lo apriamo a Dio e ai fratelli. La presenza di Dio non deve essere solo creduta ma anche sperimentata.

Tempo Ordinario C – 08. Domenica

La parola a servizio della comunità

La prima lettura indica come tema di questa liturgia l’importanza della parola nella vita di una comunità. In questa lettura infatti è riportata in una piccola raccolta di detti che mettono in luce come solo la parola sia capace di dar vita a rapporti comunitari saldi. Per essere efficace, però, la parola deve essere vera, cioè autentica e sincera. Se uno pensa di nascondersi dietro parole false non costruisce nulla perché, anche a prescindere dalla sua volontà, le sue parole rivelano il suo vero essere.

Anche nel brano del vangelo è riportata una piccola raccolta di detti di Gesù dai quali Luca ricava alcune direttive pratiche riguardanti i rapporti all’interno della comunità cristiana. Il collegamento con il tema della parola avviene solo alla fine della raccolta: la bocca dell’uomo, senza neppure che lui se ne accorga, manifesta senza possibilità di equivoco quello che veramente c’è nel suo cuore. Perciò se uno è spiritualmente cieco non può pretendere di fare da guida a un altro che è cieco come lui, perché in questo caso ambedue andrebbero a finire in un burrone; chi vuole fare da maestro deve prima di tutto mettersi personalmente in ascolto del suo Maestro, senza ritenersi superiore a lui. Prima di correggere gli altri, pretendendo di togliere la pagliuzza dal loro occhio, ciascuno deve togliere la trave dal proprio occhio, cioè verificare se il proprio comportamento è veramente in sintonia con l’insegnamento di Gesù. Dietro l’angolo c’è sempre il pericolo dell’ipocrisia che consiste nel voler apparire quello che invece non si è. In questo campo non bisogna illudersi perché quello che uno è veramente si manifesta dalle opere che egli compie come il frutto manifesta la qualità dell’albero.

Nella seconda lettura Paolo mette in luce come Gesù, con la sua risurrezione, abbia riportato la vittoria sul peccato e sulla morte. Egli infatti, con la sua morte accettata liberamente come conseguenza del suo impegno per la giustizia e per una fraternità vera, manifesta un nuovo modo di essere e di vivere nel quale coinvolge coloro che credono in lui. Così facendo egli ha indicato la strada per eliminare il peccato, cioè la violenza che condiziona tutta l’esperienza umana.

Le direttive di Gesù, raccolte da Luca, riguardano tutti i membri della comunità, ciascuno dei quali deve contribuire alla formazione degli altri, comunicando loro con parole vere il proprio cammino di fede. Queste direttive riguardano però in modo speciale quelli che ricoprono incarichi di servizio all’interno della comunità. Le loro parole devono partire dal cuore, cioè da una autentica esperienza interiore, che presuppone l’ascolto del Maestro comune e degli altri membri della comunità.

Theobald: in Europa come i primi cristiani

Il ruolo delle chiese nell’Europa di oggi

«È un ruolo triplice», ha risposto il teologo francese.

In primo luogo vi è «un compito di ispirazione». «Nel continente ci sono molti cristiani che possono riflettere, pregare e agire: essi possono mettersi in ascolto della vita quotidiana dei loro concittadini, perché questa vita quotidiana per molti è diventata estremamente difficile».

C’è poi un secondo aspetto, relativo al pluralismo religioso: insieme ai cristiani in Europa ci sono gli ebrei, i musulmani e altre comunità di fede. In questo contesto il ruolo dei cristiani è quello di «promuovere l’ecumenismo in un modo estremamente concreto tra tutte le componenti della società europea, di creare la fraternità e la pace».

Infine c’è un terzo aspetto che attiene alla tendenza «transumanista» della nostra società di sacralizzare il progresso. «Viviamo in una società nella quale tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, scientifici, tecnologici, digitali ecc. assumono l’immaginario del transumanesimo e corrono il rischio di essere sacralizzati».

Paradossalmente quindi, sostiene il teologo, «le Chiese hanno un ruolo di de-sacralizzazione», che può fondarsi su una risorsa fondamentale della tradizione cristiana, la fraternità.

«La fraternità infatti non attiene alla sfera del sacro ma piuttosto a una risorsa fondamentale nella tradizione cristiana, che è la santità».

«Certamente – ha concluso Theobald – il ruolo delle Chiese in Europa in questo momento sarà più modesto rispetto a quello che hanno avuto in passato», ma questo in fondo «riporta i cristiani di oggi a quello che era già stato il gesto dei cristiani dei primi secoli quando iniziarono ad annunciare il Vangelo di Gesù Cristo: quello di chiedere ospitalità per la loro fede».