Presentazione di Gesù al tempio
La presentazione di Gesù al tempio è un episodio simbolico con il quale Luca far risaltare come la salvezza, preannunziata da Dio nelle Scritture e attuata da Gesù, si rende presente nel tempio, luogo in cui abita Dio, e da lì si espande in tutto il mondo.
Nella prima lettura, come sfondo al messaggio del vangelo, la liturgia propone un testo del profeta Malachia nel quale si annunzia che il Signore entra nel suo tempio con lo scopo di purificare i sacerdoti che sono al servizio del culto a lui dovuto. La loro colpa, segnalata da Malachia in altri punti del suo libretto, consiste nel fare del culto un apparato esteriore, che nasconde interessi vari e allontana i fedeli da Dio.
Nel brano del vangelo Luca narra, in modo un po’ maldestro, l’adempimento da parte dei genitori di Gesù, di due precetti rituali: la purificazione della puerpera e il riscatto del primogenito. Egli però non è interessato ai riti ma se ne serve come occasione per far svelare un aspetto della personalità di Gesù da due personaggi che rappresentano il popolo ebraico. Il primo è il vecchio Simeone che, proprio nel luogo più sacro dell’ebraismo, il tempio di Gerusalemme, annunzia che Gesù sarà luce per le genti e gloria del suo popolo Israele. L’ordine è capovolto rispetto a quanto si sarebbero attesi i giudei del suo tempo per i quali, alla luce della promessa fatta al Servo del Signore, egli doveva essere prima “alleanza del popolo” e poi “luce delle nazioni”. In realtà Gesù e i suoi discepoli non sconfesseranno Israele, ma metteranno al primo posto l’annunzio del Vangelo a tutte le genti. Per questo motivo Gesù diventerà pietra di scandalo e provocherà un doloroso dissidio nel mondo giudaico: per alcuni sarà occasione di caduta mentre per altri comporterà la scoperta di una nuova vita. A Maria Simeone annunzia che, in quanto partecipe del destino di Gesù, una spada le trapasserà l’anima. Anche la profetessa Anna svolge un ruolo profetico in quanto riconosce in Gesù colui che avrebbe attuato la redenzione di Gerusalemme.
Nella seconda lettura si mette in luce il meccanismo perverso che influenza i comportamenti umani. Si tratta della paura della morte, che spesso si pensa di poter vincere mettendo al primo posto le proprie sicurezze umane. E’ questa l’origine del peccato che Gesù vince in quanto proclama che la fonte della vera sicurezza è l’amore verso tutti, senza alcuna discriminazione.
Per i giudei del tempo di Gesù era scandaloso mettere in crisi il loro statuto privilegiato di popolo eletto. Proprio per questo di fronte a lui, che non teneva conto di primati o di privilegi, e poi di fronte ai suoi discepoli, che annunziavano il Vangelo a tutti, giudei e gentili, essi si sono divisi: alcuni l’hanno accettato e altri l’hanno rifiutato. L’apertura agli «altri», in quanto mette in crisi le proprie sicurezze, è spesso causa di dissidi insanabili.
Mi è difficile pensare che la salvezza si renda presente proprio nel tempio che Gesù poi metterà in crisi perché il culto che in esso si verifica non è quello voluto da Dio. Forse il significato è nell’affermazione ” non sono venuto ad abolire la legge ma a darle pienezza” e la pedagogia di Gesù è quella di cambiare le regole partendo da quello che gli uomini hanno colto, sottomettendosi alle loro tradizioni, perché partendo da lì, dal loro patrimonio culturale, possono cogliere, con consapevolezza, la necessità di superarlo.
Una seconda riflessione è sulla paura della morte (Lettera agi ebrei) che è propria di ogni essere umano. Pensando a questa, per capire come altre persone si sono avvicinate a questo mistero, ho letto dei libri di esperienze, ma mi sono accorta di quanto la morte sia problema esclusivamente personale. Non c’è esempio fuori di noi, neppure Gesù in croce – fu una sua esperienza – che possa aiutarci a vederla più o meno amica.
E’ la mia esperienza di vita che si unisce alla morte e può farmela avvicinare con maggiore o minore serenità.
Se si ha la fortuna di avvicinarsi alla morte con un lungo percorso di vita, la morte diventa conclusione naturale e naturale anche la preparazione a quel momento: è la consegna del sé a un sé più profondo.
E’ vero che si muore sempre da soli, ma solo in apparenza, perché nell’essenzialità di quel momento, quando sarà e anche quando ci si avvicina, credo si percepisca un silenzio che ci avvolge e coinvolge e che non è solo, ma abitato da ricordi, affetti, emozioni intimamente nostri, fortemente parte di noi. Io spero di morire sorridendo, abbracciando la mia lunga vita.
Buona domenica!