Tag: vocazione

Tempo Ordinario A – 10. Domenica

Misericordia di Dio e salvezza dell’uomo

La prima lettura di questa domenica propone come oggetto di riflessione la misericordia di Dio. Secondo il profeta Osea Dio vuole l’amore e non sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocausti. Il termine «amore» è la traduzione di una parola ebraica che più propriamente significa «fedeltà» ed è sinonimo del successivo termine «conoscenza»: ambedue indicano un comportamento in sintonia con quanto è richiesto dal rapporto che si ha con una persona (matrimonio, parentela, amicizia, patto). Dio non si accontenta di gesti esterni, come sacrifici o atti di culto. Vuole da parte del popolo una fedeltà che significa ri-conoscere e praticare i suoi comandamenti, che hanno come oggetto la giustizia e la solidarietà nei rapporti con il prossimo.

Nel vangelo si racconta che Gesù chiama come discepolo un pubblicano e mangia con i peccatori. I farisei lo criticano perché pensano che una persona giusta, specialmente un Maestro rinomato come Gesù, non debba sporcare la sua immagine mescolandosi con persone che, per vari motivi, erano considerati come peccatori. Gesù risponde affermando di essere venuto non per i giusti ma per i peccatori, come un medico, il quale si rivolge non ai sani ma ai malati. I suoi critici si ritengono giusti, ma commettono il peccato più grave, quello di giudicare gli altri. Per un malato che si ritiene sano neanche il medico più esperto può fare qualcosa. In questo contesto Gesù cita il testo di Osea, nel quale la traduzione greca ha sostituito il termine amore/fedeltà con misericordia. In realtà questi termini esprimono concetti affini: la fedeltà che Dio si attende dagli uomini coincide esattamente con la misericordia che essi devono esercitare nei confronti dei propri simili.

Nella seconda lettura il tema centrale è quello della «fede», che richiama sia il concetto di fedeltà che quello di misericordia. Secondo Paolo Abramo non era un giusto ma lo è diventato perché è stato fedele al Dio che lo ha chiamato, nonostante le vicissitudini della vita sembrassero negare la possibilità stessa che si realizzassero. 

Nella nostra società siamo tutti confrontati con esigenze che sono superiori alle nostre capacità. Nel lavoro, nella famiglia, nei rapporti di amicizia. Ciò che prevale il più delle volte è la concorrenza, la lotta per la sopravvivenza. Tanti non ce la fanno. Oppure riescono nel lavoro e fanno fallimento nella famiglia… Abbiamo bisogno di misericordia, di accoglienza. È quello che Gesù si aspetta da noi. Ma a monte ci vuole la fede in un progetto di salvezza che va al di là dei nostri piccoli interessi personali.

Tempo Ordinario C – 05. Domenica

Una chiamata per la missione

La liturgia di questa domenica affronta il tema della vocazione in quanto chiamata alla presidenza della comunità. Nella prima lettura la vocazione di Isaia viene situata significativamente nel tempio di Gerusalemme, che era la più importante struttura istituzionale di Israele. Chi gli appare è il Dio di Israele, al quale esso era dedicato. Non viene quindi messo in questione il tempio in quanto tale, ma il popolo dalle labbra impure al quale Isaia sa di appartenere. Egli viene purificato e solo allora viene inviato a questo popolo per chiamarlo alla conversione.

Anche nel vangelo appare che Pietro, davanti alla manifestazione di Dio in Gesù, si riconosce come peccatore. Diversamente da quanto era capitato a Isaia, Gesù non fa nessun gesto di purificazione su di lui, ma gli dice di non temere e gli dà il compito di essere pescatore di uomini. Per Pietro la vittoria sul peccato, nel quale lui stesso è coinvolto, non può avvenire mediante gesti rituali ma solo diventando pescatore di uomini. Questa espressione in Luca significa letteralmente «uno che prende vivi gli uomini». Per Luca è importante sottolineare che per attirare gli uomini a Cristo, Pietro non dovrà fare come i pescatori che, prendendo i pesci, li uccidono, ma dovrà mantenere vivi coloro a cui si rivolgerà, potenziando le loro facoltà umane di intelligenza e di libertà. Quindi non dovrà essere semplicemente un leader istituzionale, preoccupato del buon funzionamento dell’istituzione di cui è responsabile, ma una figura profetica, capace di coinvolgere gli altri nella sequela di Gesù al servizio di tutta la società.

Nella seconda lettura Paolo spiega in che cosa consista l’oggetto della fede che egli ha annunziato ai corinzi: si tratta essenzialmente della liberazione dal peccato, che Cristo ha attuato mediante la sua morte e risurrezione. Su questa linea si pone anche lui con il suo apostolato instancabile nella fondazione di comunità nelle quali si manifesti la nuova vita portata da Gesù.

L’eliminazione del peccato, che si annida nei cuori e nelle strutture ingiuste della società, è stato il vero scopo della predicazione di Gesù e il motivo per cui è stato ucciso. La lotta contro il peccato così inteso è anche l’unica ragione che giustifica l’esistenza della Chiesa. Perciò chi riceve un compito direttivo al suo interno non deve essere interessato unicamente alla sua difesa e preservazione ma deve guidarla nell’impegno per realizzare una società più giusta e solidale. Per questo deve essere autorevole senza essere autoritario, esercitando il ruolo profetico che non deve mai mancare in un’istituzione che ha il compito di annunziare, come ha fatto Gesù, non se stessa ma la venuta del regno di Dio.

Tempo Ordinario C – 10. Domenica

La vita oltre la morte

Le letture di questa domenica propongono il tema della vita, un bene prezioso sempre minacciato dalla morte. Nella prima lettura si racconta un fatto edificante attribuito al profeta Elia. Durante la carestia, provocata dai peccati del re Acab, il profeta si era recato nell’attuale Libano, a Sarepta, dove una vedova aveva rischiato la morte sua e di suo figlio per dargli l’ultimo boccone di cibo che le era rimasto. E così aveva ottenuto miracolosamente farina e olio sufficienti per sopravvivere. Ora il suo unico figlio è morto improvvisamente e la donna protesta contro Elia: la morte del figlio non sarà effetto di una maledizione che il profeta le ha tirato addosso in punizione di qualche suo peccato passato? Il profeta allora prega Dio e ottiene da lui la risurrezione del ragazzo.

Il fatto narrato nella prima lettura rappresenta il modello a cui si è ispirato Luca per narrare un fatto straordinario che Gesù avrebbe fatto in un piccolo villaggio chiamato Naim. Ma secondo Luca Gesù si comporta diversamente da Elia. Anzitutto non protesta nei confronti di Dio ma è preso da compassione di fronte al dolore della vedova e interviene di sua iniziativa. Inoltre Gesù tocca il defunto, senza paura per l’impurità che, secondo la legge mosaica, avrebbe contratto con questo gesto. Per lui è sufficiente una parola per fare il miracolo. Infine, con un gesto di grande delicatezza, prende per mano il bambino ritornato in vita e lo consegna alla madre. Non è escluso che il narratore volesse esaltare l’immenso potere di cui gode Gesù. Ma soprattutto vuole mostrare la sua capacità di condivisione nei confronti di un dolore tanto grande e della sua capacità di dare la vita al di là della morte, già qui, in questo mondo.

Nella seconda lettura è Paolo che racconta la sua vocazione. Egli perseguitava la Chiesa ma era un uomo retto e, quando ha incontrato Gesù, subito ha capito di avere una missione, quella di annunziare il vangelo a tutti, soprattutto ai non giudei. Il suo vangelo aveva per oggetto la vita, quella di Gesù risorto, primizia di un mondo nuovo, in cui la morte è vinta definitivamente.

La morte è un enigma umanamente incomprensibile, specialmente quando colpisce in tenera età. A volte la vita può diventare un peso insopportabile, da cui uno vorrebbe liberarsi. Le Scritture parlano di risurrezione di morti non solo alla fine dei tempi ma a volte già nel corso della storia. Si tratta di racconti edificanti che hanno uno scopo: annunziare l’importanza della vita. Ma non una vita qualunque, bensì una vita che abbia senso. La vita fisica non è un bene da difendere a ogni costo ma da donare, perché tutti abbiano quanto a loro compete come esseri umani, amati da Dio.