Profeti

I profeti sono presentati nella Bibbia come figure carismatiche che hanno ricevuto da yhwhil compito di parlare in suo nome (cfr. Dt 18,15-18). Il profetismo rappresenta un movimento complesso, con diverse sfaccettature, che percorre tutta la storia di Israele. Il titolo di profeta viene attribuito per analogia a diverse figure del passato, come Abramo, Mosè, Samuele, Natan. Il profetismo vero e proprio («profetismo classico») appare invece per la prima volta nel regno di Israele poco dopo la sua separazione dal regno di Giuda, cioè verso la metà del secolo IX a.C. Questa fase è attestata dai racconti riguardanti Elia ed Eliseo, i quali sono chiamati anche «profeti non scrittori» in quanto non esistono libri che portano il loro nome ma solo leggende riportate in altri libri (cfr. 1Re 17-22; 2Re 1-13).

Verso la metà del secolo VIII appaiono i primi «profeti scrittori», così chiamati perché i loro oracoli sono stati conservati in libri a loro attribuiti. In base alla loro estensione essi si dividono in «profeti maggiori» (Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele) e «profeti minori» (Osea, Gioele, Amos Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia). I profeti scrittori più antichi sono Osea e Amos, i quali hanno svolto il loro ministero, come Elia ed Eliseo, nel regno del Nord poco prima della sua definitiva scomparsa (prima metà del secolo VIII a.C.). Di pochi anni più recente è Isaia, la cui attività si svolge però nel regno del Sud (740-700 a.C.): i suoi oracoli sono contenuti nella prima parte del libro a lui attribuito (Is 1-39). Nella seconda metà del secolo VII fa la sua apparizione Geremia, il quale opera nel regno di Giuda fino al momento della sua caduta (626-587 a.C.). Durante l’esilio svolge la sua opera Ezechiele.

Al tempo dell’editto di Ciro, che consente ai giudei di ritornare nella loro patria (538 a.C.), si situa l’attività del Deutero-Isaia, un profeta anonimo così chiamato poiché i suoi oracoli sono contenuti nella seconda parte del libro di Isaia (Is 40-55). Dopo il ritorno dall’esilio svolge la sua opera il Terzo Isaia, cioè l’autore (o gli autori) della terza parte del libro di Isaia (Is 56-66). I profeti minori si situano, eccetto Osea e Amos, nel periodo post-esilico. All’inizio del secolo II a.C. fa la sua comparsa Daniele, il quale è l’unico rappresentate biblico di un genere letterario molto diffuso tra l’inizio del II secolo a.C. e la fine del I secolo d.C. chiamato «apocalittica» (da «apocalisse», rivelazione). In esso sono sviluppati temi come l’imminente fine di questo mondo dominato dal male, la creazione di un nuovo mondo sottomesso alla sovranità divina, la risurrezione dei morti e il giudizio universale.

Gli oracoli contenuti nei libri profetici sono stati composti, dopo una lunga trasmissione orale, dalle «scuole profetiche» che ne hanno conservato il ricordo. Si spiega così come mai in essi si trovino, insieme a oracoli antichi che risalgono forse al personaggio storico, altri più recenti, dovuti a tardivi discepoli o imitatori. È testimone di ciò la presenza di brani apocalittici in alcuni libri profetici più antichi (cfr. Is 24-27; 34-35; 65; Ez 38-39).

I libri dei profeti contengono quanto è rimasto della predicazione di questi antichi personaggi i quali hanno posto le basi della religione biblica. A loro si devono le grandi intuizioni quali l’azione di yhwh nella storia, il rapporto specialissimo che lo lega a Israele, l’importanza dell’etica nei rapporti con Dio, le conseguenze catastrofiche del peccato, la speranza di un avvenire migliore.

La predicazione dei profeti contiene in gran parte messaggi di condanna che annunziano il castigo di Dio per il popolo peccatore. I veri profeti sono riconosciuti come tali proprio per aver preannunziato la grande catastrofe che aveva rischiato di cancellare per sempre il popolo di Israele (cfr. Dt 18,22). Il castigo però non è mai l’ultima parola di Dio. Alla vigilia dell’esilio si afferma infatti l’idea che un giorno YHWH interverrà per liberare gli israeliti, non tutti però, bensì un piccolo resto (cfr. Is 10, 20-23): allora scriverà sul loro cuore la sua legge (Ger 31,33) e infonderà in essi il suo Spirito (Ez 36,27), dando loro una vita nuova (Ez 37,11-14). Il perdono di Israele a sua volta implica il castigo delle nazioni di cui Dio si è servito per punire il suo popolo. In questo contesto ha origine il messianismo, cioè l’attesa di una figura regale che negli ultimi tempi avrebbe instaurato il regno di Dio in questo mondo.

Il movimento profetico sta all’origine di quel grande sistema storico-legale elaborato dopo l’esilio che ha ricevuto il nome di «Legge di Mosè». I libri profetici hanno visto però la loro redazione solo quando la legge di Mosè era ormai diventata la base di tutta la vita della comunità giudaica. Non è stato difficile allora rileggere il loro messaggio alla luce dei risultati che la loro predicazione aveva prodotto. L’espressione neotestamentaria «legge e profeti» non indica quindi due approcci religiosi diversi che si sovrappongono, ma un’unica concezione religiosa in cui trovano una sintesi armoniosa diversi modi di vedere e di vivere il rapporto con Dio. Mentre la legge è proiettata sulla fedeltà a Dio nell’oggi, i profeti prendono coscienza del fallimento degli sforzi umani e rivolgono lo sguardo a un futuro in cui Dio trasformerà tutte le cose, prima fra tutte il cuore umano.

Al movimento profetico si deve dunque la profonda intuizione biblica secondo cui il rapporto con Dio si basa non sul culto ma sulla pratica della legge morale. In tempi in cui, dopo l’esilio, il culto era diventato la ragione di essere del popolo giudaico, i profeti non hanno cessato di richiamare l’esigenza di porre al primo posto la pratica della giustizia, senza della quale non si può essere graditi a Dio. Ai profeti si deve anche la visione del Dio geloso, che non tollera antagonisti e perdona al popolo i suoi errori solo dopo averlo duramente castigato e aver constata la sua conversione. Si tratta di una concezione di Dio molto antropomorfica, in base alla quale la sua misericordia non può essere disgiunta dal castigo e dal pentimento del colpevole. Ma in tal modo si rischia di mettere in sordina l’altra grande intuizione dei profeti, quella cioè del carattere assolutamente gratuito dell’iniziativa divina, che non può mai essere subordinata ai meriti dell’uomo.

Primo-Isaia (Is 1-39)
Secondo Isaia (Is 40-55)
Terzo Isaia (Is 56-66)
Geremia-Lamentazioni-Baruc
Ezechiele
Daniele
Profeti minori