Tempo Ordinario B – 04. Domenica
Il tema di questa domenica è speculare rispetto a quello di domenica scorsa in quanto presenta la lotta di Gesù contro i demoni come l’espressione più significativa della venuta del regno di Dio.
La prima lettura presenta la figura del profeta fa da sfondo al tema dell’autorevolezza di Gesù di cui si parla nel brano del vangelo. Il profeta non aveva nessun potere dal punto di vista politico, ma era considerato come il continuatore dell’opera di Mosé. Spettava infatti a lui il compito di tener vivo il ricordo di quanto Dio aveva fatto per la liberazione del popolo e di richiamarlo alla fedeltà verso il suo Dio. Sono i profeti che hanno messo in guardia gli israeliti dal rischio di seguire altre divinità e hanno annunziato il castigo per i loro peccati, ma al tempo stesso hanno garantito loro il perdono e la misericordia di Dio.
Nel brano del vangelo, dopo aver detto che Gesù annunzia la venuta del regno di Dio, l’evangelista spiega che cosa ciò significava in un ambiente come il suo. In esso la dominazione romana, appoggiata dai sacerdoti, provocava oppressione, fame, schiavitù e anche gravi disturbi mentali. Annunziando la venuta del regno di Dio, Gesù prometteva un capovolgimento della società in forza del quale avrebbero avuto il primo posto i poveri, i malati, gli esclusi. Come prova di ciò l’evangelista racconta subito dopo che Gesù libera un indemoniato. La possessione diabolica è una metafora che indica l’effetto della violenza di ogni tipo che colpisce gli individui e la società. La liberazione dell’indemoniato è dunque il segno della vittoria di Dio sul potere del male e quindi la prova che il suo regno è vicino. Perciò Gesù è riconosciuto fin dall’inizio del suo ministero come un maestro autorevole, che accompagna le parole con i fatti. Egli però non accetta di essere chiamato «santo di Dio» perché non ha bisogno di titoli onorifici o approvazione. L’evangelista attesta qui per la prima volta il suo rifiuto di qualifiche che lo avrebbero trascinato nel campo di un messianismo nazionalista contrario alle sue scelte.
Nella seconda lettura Paolo, in vista dell’imminente ritorno di Gesù, afferma che può essere consigliabile, a chi si sente chiamato, la rinunzia al matrimonio. Così facendo egli non intende svalutare la vita matrimoniale ma vuol far capire che esiste anche un’altra modalità, secondo lui più efficace, di prepararsi al ritorno ormai imminente di Gesù. Al di là del dilemma matrimonio-celibato, quello che conta è l’adesione al programma di liberazione annunziato da Gesù.
Come Gesù, anche il credente deve essere autorevole sia nella società che nella famiglia e nella comunità. Ma egli lo diventa a condizione di comportarsi in sintonia con ciò in cui crede. La nostra società sarebbe diversa se i credenti fossero veramente persone autorevoli, capaci cioè di impegnarsi fino in fondo per attuare un mondo più giusto e solidale.
Sconcerta la minaccia di morte rivolta nel Deuteronomio ai falsi profeti. Ma spesso sono invece i veri profeti che rischiano pesanti sanzioni. Essi infatti spingono a guardare in avanti e incarnano la speranza di un bene che è di tutti e non di pochi privilegiati. Per chi è impegnato a cercare solo il proprio interesse, il messaggio del profeta è una spina nel fianco, che spesso diventa intollerabile.
Quando Gesù ha cominciato ad annunziare la venuta del regno di Dio, gli ascoltatori hanno capito che un profeta era sorto fra loro. Il fatto di essersi circondato di discepoli di diversa estrazione significava chiaramente la sua volontà di abbattere le barriere tra persone e tra classi sociali. Egli è apparso subito come un maestro autorevole perché le sue parole erano accompagnate dai fatti. Certo con i suoi gesti non cambiava istantaneamente la realtà che lo circondava: neppure lui aveva la bacchetta magica. Ma sapeva indicare autorevolmente un percorso da fare, mettendo in luce le istanze fondamentali di una società giusta e solidale, quale era delineata nelle Scritture del suo popolo.
E il primo di questi gesti significativi è stato proprio la liberazione di un uomo affetto da una malattia mentale, allora attribuita a una possessione diabolica. Se veramente il diavolo abitava in quella persona, il fatto stesso di doversene andare era segno che il suo potere era ormai irrimediabilmente distrutto. Al regno di mammona, il dio denaro, succedeva ora il regno del vero Dio.
Ma da dove cominciare? Gesù non lo dice, ma Paolo, scrivendo ai cristiani di Corinto, interpreta il suo pensiero. Un vero cambiamento non viene dalla politica ma da quello che è il nucleo fondamentale di una società: la famiglia. Questa però può svolgere veramente il suo ruolo solo se i partner non si perdono nello sforzo di piacersi l’uno all’altro ma insieme si impegnano per il bene di tutti. Ma purtroppo la famiglia è stata spesso trascurata, non solo dalla società ma anche dalla chiesa.
Ma in questo mondo che evolve verso un fine di bene, sia pure attraverso un’infinita serie di violenze, morti e dolori, quali finiscono ad essere l’ immagine e il ruolo di Dio? Non è più il Dio personale onnipotente creatore del cielo e della terra, ma come può ancora essere un Padre buono, principio di Amore e di misericordia? Confesso che sono domande alle quali io non trovo alcuna risposta.
Videoconferenza
Nella cultura biblica, in cui tutto dipendeva da Dio, era molto sentita la necessità di spiegare l’origine del male senza attribuirne la responsabilità a Dio stesso, autore del bene. A questo scopo venivano elaborate due teorie, diverse e in parte complementari, che attribuivano l’origine del male rispettivamente ad Adamo (l’uomo) e ai demoni, angeli decaduti. Secondo la prima l’uomo deve combattere il male obbedendo alla legge di Dio, secondo l’altra era necessario separarsi da questo mondo e attenderne la distruzione da parte di Dio e la creazione di un mondo nuovo. All’epoca di Gesù il potere demoniaco era identificato con la potenza romana che provocava ogni sorta di mali: sfruttamento, povertà, fame, debiti, schiavitù. Questa situazione provocava in certe persone più fragili disturbi mentali che venivano visti come l’effetto di una possessione diabolica. A queste persone Gesù dava una possibilità di liberazione proprio in quanto annunziava la venuta imminente del regno di Dio. Al tempo stesso egli dava un segno di speranza anche a tutti coloro che in forme diverse soffrivano di un’analoga oppressione. In questo modo egli mostrava come l’instaurazione del regno di Dio poteva e doveva essere già anticipata nell’oggi, non ricorrendo alle armi (tentazione molto diffusa tra il popolo) ma instaurando rapporti di solidarietà tra le persone. Per questo era considerato come una persona autorevole, sulla linea degli antichi profeti. Per noi, caduta una volta per tutte la visione mitologica tipica del mondo biblico, Gesù che scaccia i demoni indica la presenza nascosta di Dio in un mondo che si evolve, pur con traumi e battute d’arresto, verso un fine di bene; da qui la necessità di contestare una società ingiusta, non mediante una protesta violenta ma operando per una trasformazione che viene dal basso, cioè da comunità che praticano la solidarietà e la condivisione a servizio di tutta la società.