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Tempo Ordinario B – 9. Domenica

Un riposo a favore dell’uomo

Il tema di questa domenica viene segnalato nella prima letture in cui si parla del comandamento riguardante il riposo in giorno di sabato. Nella versione che ne dà il Deuteronomio appare chiaro che questo comandamento ha uno scopo umanitario, quello cioè di dare un respiro di sollievo a quelle categorie di persone che sono sottoposte ai lavori più pesanti dell’agricultura. Questa esigenza viene fondata sul fatto che gli israeliti sanno che cosa voleva dire essere schiavi in Egitto: quindi non devono imporre agli altri quello che non desiderano per se stessi.

Nel brano del vangelo si narra che Gesù ha preso posizione nei confronti del comandamento che prescrive il riposo in giorno di sabato. Egli lo ha fatto guarendo un malato in giorno di sabato e giustificando i suoi discepoli che, sempre in giorno di sabato, si sfamavano raccogliendo alcune spighe di grano. Secondo i farisei queste due azioni erano proibite in giorno di sabato. Gesù non contesta la legge in se stessa, ma mostra che il suo vero scopo è quello di promuovere il bene e la dignità di qualsiasi essere umano. Il sabato infatti è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Interpretando la legge in funzione dell’uomo, Gesù la sottrae alle mani degli interpreti, scribi e farisei, i quali se ne servivano per porre sulle spalle della gente pesi che neppure essi erano stati capaci di portare (cfr. Mt 23,4). Quello che conta non è la lettera ma lo spirito della legge e spetta a ciascuno applicarla alle diverse circostanze della sua vita senza venir meno alle esigenze di giustizia e di solidarietà verso il prossimo.

Nella seconda lettura Paolo ricorda le tribolazioni che egli affronta nella sua missione di annunciatore del vangelo. Egli non le cerca ma ne mette in luce il significato positivo per il bene della comunità. L’impegno per difendere la dignità della persona umana ha il suo prezzo, che bisogna saper pagare con gioia.

Il vangelo non contesta l’esistenza della legge le cui prescrizioni sono formulate in funzione di un’ordinata vita sociale. Esso esige però che il credente non osservi la legge semplicemente come adempimento di un obbligo ma piuttosto come un mezzo per provvedere al bene comune. Ciò implica la necessità di un senso critico nei confronti di ogni legge in quanto le prescrizioni umane sono spesso in favore delle classi più abbienti. Oltre a ciò il credente non deve mai fermarsi a quanto è prescritto ma deve cercare sempre nuove modalità per procurare il bene di tutta la società e di ogni suo membro.

Tempo di Pasqua C – 2. Domenica

La liberazione dal peccato

La liturgia di questa domenica mette in luce il tema della liberazione dal peccato che Gesù risorto continua ad attuare per mezzo dei suoi discepoli. Nella prima lettura si dice che, dopo la sua risurrezione, i suoi discepoli gli hanno reso testimonianza, e lo hanno fatto non con discorsi altisonanti ma attuando un profondo rapporto comunitario e seguendo il suo esempio, cioè guarendo le malattie e lottando contro ogni genere di male che colpisce la gente comune, soprattutto i più poveri ed emarginati.

Nel brano del vangelo è Giovanni che, raccontando l’apparizione di Gesù risorto ai discepoli, indica il compito che egli ha affidato loro. Ciò che essi dovranno fare si sintetizza in due parole: perdonare i peccati. Questo compito si attua mediante una guarigione che parte dalla persona e si espande a tutta la società. Il perdono dei peccati significa infatti aiutare le persone a superare i sentimenti di violenza che si annidano nel cuore umano. Per fare ciò i discepoli dovranno suscitare la fede in un progetto d’amore che parte dall’Alto e creare rapporti nuovi improntati all’amore. Ciò è possibile solo dando origine a un movimento di liberazione da tutte le strutture ingiuste che si esprime mediante la formazione di comunità basate sulla fede. Si tratta di un compito difficile da attuare: perciò Gesù conferisce ai discepoli il suo Spirito, che consiste in una convinzione profonda che fa superare ogni difficoltà. E come risultato Gesù promette la pace che dal cuore dei credenti si espande a tutta la società. In questo contesto è importante la figura simbolica dell’apostolo Tommaso, il quale giunge alla fede solo dopo aver visto Gesù risorto. Chiaramente si trattava non semplicemente di riconoscere che Gesù è vivo ma di credere che il suo progetto di liberazione da ogni forma di male non era stato accantonato, ma sarebbe stato portato avanti da lui per mezzo dei suoi discepoli.

Nella seconda lettura è significativo il modo in cui Gesù si presenta a Giovanni: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi». Questa frase mostra come sia possibile impegnarsi per la vita, in tutte le sue manifestazioni, perché Gesù, il Vivente, è con noi.

Dalle letture di questa domenica risulta che il cristianesimo porta nel suo DNA la lotta contro il potere del male in questo mondo, dovunque si annidi, sulla linea di quanto ha fatto e ha detto Gesù e sotto la sua guida. Il perdono dei peccati non avviene mediante un gesto rituale ma consiste nell’impegno per la guarigione delle anime e dei corpi in funzione della liberazione di tutta la società dalle strutture ingiuste che pervadono i rapporti tra persone. È un compito difficile, che richiede di saper coordinare i propri sforzi con quelli di tutti gli uomini e donne di buona volontà, sotto la guida di un Maestro come Gesù e con la forza che viene dal suo Spirito.

Tempo di Quaresima C – 2. Domenica

La manifestazione della gloria di Dio

Il tema scelto per liturgia di questa domenica è quello della gloria di Dio. È questa una metafora biblica con cui si immagina che il Dio nascosto e misterioso si manifesti all’uomo mediante un’insolita luminosità. Le tre letture proposte della liturgia parlano di uomini che sono venuti a contatto con la gloria di Dio. Il primo è Abramo il quale ha ricevuto da Dio la promessa di avere un figlio da cui sarebbe sorto un grande popolo. Ma si trattava di una promessa irrealizzabile, perché sua moglie Sara era sterile. Egli però non si arrende e continua a credere nella promessa di Dio. È allora che vede quella fiaccola che passa tra le vittime spezzate. È Dio che si impegna in prima persona. È stato un sogno? Solo chi sa sognare qualcosa di grande vede la gloria di Dio che gli indica la via da percorrere.

Nel racconto della trasfigurazione di Gesù abbiamo una nuova manifestazione della gloria di Dio. Chiaramente la scena ha un forte valore simbolico. Il volto di Gesù, i suoi abiti sfolgoranti, tutto denota la presenza di Dio. Anche Mosè ed Elia appaiono nella loro gloria. Mosè è l’uomo che ha visto la gloria di Dio in un roveto ardente, e da questa esperienza è nato il progetto di liberare gli israeliti dalla schiavitù egiziana. Elia invece è il profeta che, dopo aver esortato il popolo alla conversione, è stato portato in cielo in un carro infuocato. Con loro Gesù parla del suo «esodo», con il quale, mediante la sua morte e la sua risurrezione, avrebbe portato a compimento a Gerusalemme il progetto di liberazione che aveva iniziato Mosè e, come Elia, avrebbe manifestato la gloria di Dio. Pietro vorrebbe fare tre tende, una per ciascuno dei tre personaggi apparsi nella gloria: il suo scopo è quello di prolungare un’esperienza estremamente gratificante, ma la voce del Padre lo richiama alla realtà. Ciò che lui e i suoi compagni hanno visto è solo un’anticipazione. Per l’evangelista Luca la manifestazione della gloria di Dio avrà luogo alla fine di un percorso: per questo subito dopo Gesù si metterà in cammino coraggiosamente verso Gerusalemme. E i discepoli devono ascoltarlo, cioè seguirlo.

Nella seconda lettura Paolo esorta i cristiani di Filippi a non perdersi nella ricerca delle cose terrene: essi sono cittadini del cielo, da dove verrà Cristo nella gloria. Non si tratta di un evento imminente, bisogna aspettarlo con fede: ma intanto Cristo si incontra già nella vita quotidiana, collaborando con lui nella realizzazione del progetto di salvezza a cui egli ha dato inizio con la sua morte e risurrezione.

La gloria di Dio può essere vista dall’uomo non con gli occhi del corpo ma con quelli del cuore. È quella luce che invade la persona quando scopre qualcosa che può dare un senso alla sua vita. Sarà la decisione di donare la propria vita per una causa importante. È come fare un sogno con la certezza che si avvererà. Solo sognando si può vedere la gloria di Dio. E solo questa visione può cambiare la vita di una persona.