Tempo Ordinario A – 30. Domenica
La liturgia di questa domenica ha come tema l’amore di Dio e del prossimo. Nella prima lettura vengono riportate alcune prescrizione del cosiddetto Codice dell’alleanza, una raccolta di precetti che forse è la più antica di tutta la Bibbia. Esse puntano sulla giustizia. Non si deve molestare né opprimere il forestiero. Non bisogna maltrattare la vedova e l’orfano. È proibito il prestito a interesse. E infine bisogna restituire a sera il mantello del povero preso come pegno per un prestito. Si tratta solo di alcuni esempi. L’esigenza fondamentale è quella di far sì che i diritti di ogni persona siano riconosciuti e difesi.
Nel vangelo Gesù affronta il tema dei rapporti del credente con Dio e con il prossimo. Secondo Matteo, lo scriba che pone a Gesù la domanda circa il comandamento più grande vuole metterlo in difficoltà; in realtà nelle sue parole si riflette la preoccupazione, tipica del giudaismo, di trovare un punto di unità fra le diverse prescrizioni della legge. Mentre la domanda verteva su un solo comandamento, la risposta di Gesù è più articolata. Prima cita il comandamento, contenuto nel libro del Deuteronomio, che prescrive di amare Dio con tutto il cuore, sottolineando che «questo è il più grande e primo comandamento»; poi aggiunge un altro comandamento preso dal libro del Levitico: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». E commenta: «Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti». Con queste parole Gesù vuol dire che per piacere a Dio non è sufficiente praticare la legge, che prescrive la giustizia sociale, ma ci vuole l’amore, la cui importanza e sottolineata dai profeti. Inoltre Gesù vuol far capire che non si può amare Dio se non si ama il prossimo e viceversa. L’amore non è un semplice sentimento ma implica un impegno nei confronti dell’altro che, a partire dal Creatore, si estende a tutte le sue creature.
Nella seconda lettura Paolo loda i tessalonicesi perché hanno partecipato con lui alla diffusione del vangelo. L’Apostolo parla di una comunità che è tutta missionaria, e lo è soprattutto perché rifiuta un modello di vita basato sull’egoismo e si impegna affinché il valore supremo dell’amore pervada tutta la società.
L’amore verso Dio esige dunque che sia riconosciuto a ognuno i diritti che gli competono come persona umana; questo scopo però non si consegue solo emanando leggi giuste ma praticando l’amore e la fraternità. La pratica dell’amore così inteso è una missione che ha come scopo la creazione di un mondo migliore. Più che convertire gli altri al cristianesimo, è necessario lottare con tutti gli uomini di buona volontà perché questo ideale di fraternità si realizzi.
Spunti dalla videoconferenza:
La risposta di Gesù collega strettamente il comandamento di amare il prossimo con quello che prescrive di amare Dio. Per noi è più facile capire l’amore del prossimo perché conosciamo la cosiddetta «regola d’oro» che prescrive: «non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te». Il comandamento citato da Gesù presuppone che uno ami se stesso, perché solo così può comprendere che cosa vuol dire amare il prossimo. Ma è difficile capire che cosa vuol dire amare se stessi, perché questo amore facilmente ci porta all’egoismo e alla chiusura nei confronti degli altri. Bisogna però tener presente che la ricerca del proprio bene ci porta necessariamente verso gli altri perché è proprio nel rapporto con l’altro che noi realizziamo noi stessi, mentre il chiuderci nel nostro egoismo ci fa precipitare nella solitudine e nella depressione. La ricerca del nostro bene esige dunque la ricerca del bene altrui. Quindi possiamo dire che l’amore di sé e l’amore del prossimo si incontrano e si approfondiscono a vicenda. Se l’amore è rapporto allora si supera il concetto di beneficienza e ci si oriente verso la ricerca di tutto ciò che richiede la dignità dell’altro come nostro interlocutore. In questo senso l’amore del prossimo presuppone l’amore di Dio, in quanto Dio si manifesta a noi come un’energia vitale che risiede nel profondo di noi stessi e guida i nostri pensieri nella ricerca del bene. In altre parole, se Dio è amore, amare Dio non significa dare culto a un essere superiore, ma ricercare l’amore come scopo ultimo della nostra vita.
Non so cosa si possa dire di quel mistero che chiamiamo Dio e che collochiamo al di fuori di noi. Tuttavia non riesco a credere che questo ente vago, quasi “diluito” nelle nostre coscienze possa rispondere davvero al nostro profondo e indiscutibile bisogno di assoluto, di infinito, di bene.
da una riflessione di Panikkar che forse potrebbe essere utile come base delle nostre riflessioni.
“L’ advaita è la dottrina indù dell’a-dualità di tutte le cose (a-dvaita è ritenuta il culmine delle religioni e delle filosofie in quanto esse introducono l’esperienza della a-dualità, della non separabilità tra se stesso (atman) e Dio (brahaman) … nell’advaita Dio e il mondo non sono giustapposti né l’uno è assorbito dall’altro, ma in relazione di reciprocità. L’Assoluto è al contempo trascendente e immanente”.
… non cercare fuori quello che è già dentro di noi immanente e trascendente.
L’amore verso Dio esige … ancora rischiamo di parlare in termini duali: Dio esige e l’uomo obbedisce.
Molti teologi oggi dicono che non si può più parlare di teismo, di un Dio separato dal mondo, da obbedire, ma di un Principio (Ente) che ha dato origine a tutto e in cui tutto e tutti sono compresi e insieme percorrono una strada evolutiva. Siamo interconnessi e, nell’interconnessione, non c’è divisione ma solo distinzione. e penso che la distinzione che caratterizza l’umano è la nascita in lui, una volta divenuto autocosciente, dell’etica, del principio del bene, della giustizia, dell’amore del fratello. Non è appellandoci all’esterno ma con questa forza che cresce dentro di noi ed è costitutiva di tutte le cose, che viviamo
l’amore e realizziamo giustizia. L’amore è unitario, non si fraziona … su un mio quaderno di quando ero ragazzina ho fatto una riflessione sull’amore e ho scritto che “amare ad esempio è spostare una sedia amando”, mi è di aiuto ancora oggi: l’amore siamo noi, lo sentiamo vivere mentre camminiamo, agiamo … Non si può parlare di amore per Dio e amore per il prossimo, magari come due momenti distinti ….