Antico Testamento
Quello che noi oggi chiamiamo «Antico Testamento» è la raccolta della letteratura di un popolo particolare: Israele. Questo popolo ha visto la luce e si è sviluppato in una zona del nostro pianeta che è chiamata Mezzaluna fertile, cioè un territorio a forma d’arco che si distacca nettamente, per la sua fertilità, dai territori desertici che la circondano. Essa comprende due vaste regioni, la Mesopotamia e l’Egitto, sede dei grandi imperi dell’antichità: la terra di Israele è quella striscia di terra che collega questi due grandi imperi. Essa confina a Nord con il Libano e la Siria, a Est con la fossa del fiume Giordano, a Sud con l’Egitto e a Ovest è bagnata dal mar Mediterraneo. Fin dalle epoche più remote questa striscia costituì il passaggio obbligato di merci e di soldati e fu oggetto di contesa da parte delle grandi potenze. Originariamente la terra occupata da Israele si chiamava Canaan. Al tempo dell’occupazione romana fu chiamata Palestina, dal nome dei filistei, una popolazione venuta dal mar Mediterraneo all’interno della grande migrazione dei «popoli del mare» (sec. XII a.C.).
In questa striscia di terra esistevano, nel I millennio a.C., due piccoli regni che facevano risalire la loro origine a un comune antenato, Giacobbe, chiamato anche Israele. Solo uno di essi, però, situato nel Nord della regione, portava questo nome, mentre l’altro, più a Sud, aveva preso il nome di un figlio di Israele, Giuda. In entrambi i regni si adorava una divinità chiamata con un nome la cui pronunzia è andata persa a motivo dell’abitudine, invalsa nel mondo ebraico, di sostituirlo con Adonaj (Signore). Di esso sono rimaste solo le quattro consonanti Y H W H (sacro tetragramma), che si ritiene fossero pronunziate Yahweh. Nella vocalizzazione della Bibbia a esse sono state sovrapposte le vocali di Adonaj. Da qui è derivata nel passato l’errata lettura «Geova» ancora in auge presso certi gruppi cristiani (Testimoni di Geova).
Nel 722 a.C. il regno di Israele, più esposto alle invasioni provenienti dal Nord, cadde sotto i colpi dell’Assiria, che allora era la potenza dominante in Mesopotamia; la sua capitale Samaria fu distrutta e parte della popolazione deportata. Il regno di Giuda riuscì invece a sopravvivereancora per circa un secolo e mezzo; ma nel 587 a.C. i babilonesi, che da poco erano subentrati agli assiri nel controllo della regione, conquistarono e rasero al suolo la sua capitale, Gerusalemme, distrussero il tempio di yhwh, la cui costruzione veniva fatta risalire al re Salomone, vissuto qualche secolo prima e deportarono in Mesopotamia molti dei suoi abitanti.
Solo i deportati di Giuda poterono mantenere la loro identità e nel 538 ottennero da Ciro, re dei persiani, che aveva appena sconfitto i babilonesi, il permesso di ritornare nella loro terra. Diverse carovane partirono allora, in tempi diversi, per la Giudea e i rimpatriati si stabilirono prevalentemente a Gerusalemme con lo scopo specifico di riedificare il tempio distrutto dai babilonesi, La permanenza in Mesopotamia aveva profondamente segnato gli esuli, i quali trasformarono la loro religione in un monoteismo di forte ispirazione etica.
I rimpatriati si impegnarono immediatamente nella ricostruzione del tempio e divennero una piccola comunità all’interno dell’impero persiano, tutta dedita al culto del tempio di Gerusalemme, radicalmente separata dal resto della popolazione locale. Fra di loro ebbero un ruolo speciale i sacerdoti, i quali, oltre a ricostruire il tempio, raccolsero e misero per iscritto i ricordi riguardanti la sua struttura e i riti in esso compiuti; ad essi aggiunsero le norme fondamentali della loro vita sociale e politica e i racconti riguardanti l’origine del mondo e del loro popolo. Videro così la luce cinque libri che costituiscono la Tôrah (Legge). Sono state poi raccolte le tradizioni riguardanti la storia del popolo dall’ingresso nella terra di Canaan fino all’esilio babilonese e le tradizioni riguardanti la predicazione dei leader religiosi chiamati profeti: questi due blocchi tradizionali sono stati chiamati rispettivamente Profeti anteriori e Profeti posteriori a motivo della comune ispirazione profetica. Infine sono stati compilati alcuni libri che riprendono aspetti particolari della storia del popolo, gli insegnamenti dei saggi e racconti leggendari (Scritti). Si sono formate così, accanto alla Tôrah, altre due raccolte, denominate rispettivamente Profeti (nebiîm) e Scritti (ketubîm). Da qui il nome TANAK (Torah-Nebiîm Ketubîm) dato dagli ebrei alle loro Scritture.
Dopo la conquista del Medio Oriente da parte di Alessandro Magno (333 a.C.) le Scritture ebraiche furono tradotte in greco. A questa traduzione fu dato il nome di Settanta (LXX) in quanto, secondo una leggenda, era stata fatta ad Alessandria d’Egitto da settanta studiosi ispirati da Dio. In questa nuova veste letteraria la Tôrah prese il nome di Pentateuco (cinque rotoli), i profeti posteriori furono trasposti dopo gli Scritti; alcuni di questi trovarono una diversa collocazione e alcuni nuovi libretti, scritti o conservati in greco, furono aggiunti alla collezione. Il tutto assunse il nome di «Biblia» (libretti), cioè una biblioteca che abbraccia le seguenti collezioni: Pentateuco, libri storici, sapienziali e profeti.
I primi cristiani hanno designato i libri composti da loro con l’espressione «Nuovo Testamento». Il termine «testamento» è la traduzione in latino e poi in italiano della parola ebraica berît, che propriamente significa «alleanza, trattato», con cui si indica il rapporto speciale che Dio avrebbe stabilito con Israele ai piedi del monte Sinai. Il passaggio da alleanza a testamento è determinato dal fatto che, per sottolineare il carattere gratuito e unilaterale dell’alleanza di Dio con Israele, l’ebraico berîtè stato tradotto in greco non con il termine synthêkê, che indica un patto tra persone di pari rango, ma con diathêkê, che significa un accordo tra persone che non sono su un piano di parità e quindi viene usato anche per indicare un «testamento».
I profeti avevano preannunziato che la piena attuazione dell’alleanza avrebbe avuto luogo negli ultimi tempi non solo con Israele ma con tutta l’umanità; uno di essi, Geremia, aveva designato questo evento finale come una «nuova alleanza (testamento)» (cfr. Ger 31,31-34). I primi cristiani hanno pensato che l’alleanza finale fosse stata realizzata da Gesù. Perciò essi, per indicare l’iniziativa salvifica portata a termine da lui, si sono serviti dell’espressione «nuovo testamento» ritenendola molto significativa in quanto supponeva una realtà nuova, attuata da lui e trasmessa in seguito alla sua morte. La stessa espressione fu poi usata per indicare le Scritture che ne conservavano il ricordo. Il fatto di aver chiamato così le loro Scritture ha avuto per i cristiani la conseguenza di riservare alle Scritture ebraiche l’appellativo di «Antico Testamento». Attualmente questa dizione è considerata inadeguata perché designa le Scritture ebraiche in rapporto a quelle cristiane e in tal modo ne sottovaluta il carattere originale e autonomo. Perciò si è proposto di sostituire l’aggettivo «antico» con «primo» oppure di chiamare rispettivamente le due raccolte di testi «Scritture ebraiche» e «Scritture cristiane». Siccome la terminologia è ancora fluida si è scelto di usare in questo libro indifferentemente le diverse espressioni.
In questo libro l’Antico Testamento è stato presentato nel suo contesto originario, a prescindere dall’interpretazione che ne è stata data nel Nuovo Testamento. Tuttavia si è tenuto conto delle scelte che ne hanno fatto i primi cristiani, ma solo al fine di far comprendere fino a che punto essi si siano serviti di questi testi, anche a costo di ritoccarli letterariamente, per giustificare e interpretare la loro fede in Gesù di Nazaret. Il fatto stesso che sia stato attribuito a Gesù il titolo di Cristo (Messia) è incomprensibile se si prescinde da una selezione di testi che sono stati riletti in vista della sua persona. L’ordine con cui sono presentati i libri biblici in questo volume è quello adottato nel canone cristiano.
Nei testi del Pentateuco e dei libri storici la traduzione stata alleggerita da tutte quelle ripetizioni e circonlocuzioni proprie dello stile semitico che spesso ne appesantiscono la lettura. Il lettore interessato potrà facilmente accedere al testo completo nella Bibbia.
In base al canone cristiano, i libri dell’Antico Testamento sono stati divisi nei seguenti settori:
- Pentateuco
- Corpo storico deuteronomistico
- Storia e leggenda
- Libri sapienziali
- Profeti
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