Tempo Ordinario B – 28. Domenica
La liturgia di questa domenica richiama l’attenzione sull’uso corretto dei beni di questo mondo. La prima lettura suggerisce anzitutto il ricorso alla saggezza, una virtù che, in senso biblico, consiste nel guardare le persone, le cose e le vicende della vita da un punto di vista superiore, che è quello dei grandi valori della giustizia, della solidarietà, dell’amore.
Nel brano del vangelo si racconta di un uomo che chiede a Gesù che cosa deve fare per ottenere la vita eterna. Gesù gli indica come percorso imprescindibile l’osservanza dei comandamenti. Essi proibiscono alcune scelte sbagliate, che ciascuno deve evitare. È la legge di Dio ma anche la legge della coscienza. L’uomo che si è rivolto a Gesù afferma di averli osservati fin dalla sua giovinezza. Gesù riconosce e apprezza il suo comportamento. Ma mostra che ciò non è sufficiente. Ci vuole qualcosa di più, cioè una meta, un ideale da perseguire, che Gesù indica con il nome di regno di Dio. Perciò gli propone di seguirlo, di mettersi alla sua scuola. Ma come gesto previo gli chiede la rinunzia a tutti i suoi beni. Preso alla lettera, quello che Gesù esige è impraticabile. Gesù si esprime in modo iperbolico: per seguirlo bisogna da una parte rinunziare all’ingordigia nei confronti dei beni materiali e, dall’altra, impegnarsi perché tutti abbiano ciò che a loro compete in un contesto di vera fraternità. L’uomo non si sente di seguire Gesù su questa strada e si allontana triste. Gesù allora afferma che il ricco non può entrare nel regno di Dio. Ma anche al ricco offre una chance, che consiste nella capacità di condividere quello che ha. E infine mostra che rinunziando ai propri beni uno riceve il centuplo già in questa vita, cioè ottiene qualcosa di molto più grande, che consiste nella gioia della vera fraternità.
La seconda lettura mette in primo piano l’efficacia della parola di Dio. È solo mediante il riferimento al lieto annunzio del vangelo che impariamo a comprendere la relatività di tutte le cose di questo mondo e a mettere al primo posto i valori fondamentali della giustizia e dell’amore.
Anche se non siamo ricchi secondo i parametri della nostra società, noi non siamo fra coloro che hanno venduto i propri beni e hanno distribuito il ricavato ai poveri. Gesù non ci condanna per questo, ma indica anche a noi una strada più esigente. Ciò che è necessario anzitutto è riconoscerlo come nostro maestro e mettersi alla sua scuola. E poi iniziare un cammino di austerità e di condivisione. Dobbiamo comprendere che c’è una povertà che deve essere combattuta e una povertà che deve essere abbracciata perché tutti abbiano ciò che compete loro. In fondo un passo indietro ci viene richiesto anche dalla situazione attuale, caratterizzata da povertà, pandemie, cambiamenti climatici. Ci sono tanti modi per liberarsi dei beni inutili: pagare le tasse, lasciare i propri beni ai figli, andare ad abitare in una casa più piccola, accogliere una famiglia di immigrati, magari nella nostra seconda casa, aderire a qualche associazione di volontariato, aiutare economicamente iniziative caritatevoli. Ma soprattutto dobbiamo batterci per un mondo migliore, in cui tutti siano riconosciuti come persone, abbiano un lavoro e godano di una vera solidarietà. Così facendo possiamo ottenere anche noi il centuplo già in questa vita.
Sintesi videoconferenza
Il tema della ricchezza e della povertà è oggi molto sentito non solo dai cristiani ma anche da tutta la società. Noi purtroppo siamo eredi di una cultura religiosa secondo la quale la felicità si raggiunge dopo la morte in un altro mondo. In base a questa concezione i poveri dovevano accettare con pazienza la loro condizione, mentre ai ricchi spettava tutt’al più il dovere di fare delle elemosine, in modo da assicurarsi anche loro il paradiso. Oggi ci si rende conto che Gesù non la pensava così: egli annunziava la venuta imminente in questo mondo del regno di Dio, nel quale la differenza tra ricchi e poveri sarebbe stata abolita. Nell’attesa egli chiedeva a quanti si erano arricchiti mediante lo sfruttamento di un lavoro sottopagato di privarsi delle loro ricchezze e di ridistribuirle a coloro ai quali le avevano estorte (cfr. l’esempio di Zaccheo in Lc 19,1-10). Al tempo stesso Gesù metteva in luce come l’esperienza comunitaria avrebbe fornito abbondantemente quella sicurezza e quella libertà di cui la ricchezza era considerata come lo strumento. Oggi si sente la forte necessità di una migliore distribuzione dei beni materiali a favore di tutta l’umanità. Ciò non toglie che sia necessario un accumulo di capitale per finanziare la produzione di beni, ma il profitto che ne deriva non deve essere accumulato nelle mani di chi detiene il capitale ma deve essere ridistribuito a tutti quelli che l’hanno prodotto. Ciò che non si accetta è la finanza speculativa, in cui il denaro produce denaro a vantaggio di pochi. Si è d’accordo che tutto ciò non può avvenire semplicemente in base alle leggi di mercato ma richiede l’intervento della politica che deve intervenire in vari modi, soprattutto mediante un equo sistema fiscale. Si tratta non di beneficenza ma di un’esigenza di giustizia. Il messaggio evangelico però non si ferma qui. Gesù annunziava la venuta imminente del regno di Dio, cioè di un mondo in cui prevale la solidarietà e la fraternità: alla base di una giusta redistribuzione dei beni materiali deve quindi esserci un rapporto nuovo tra persone che condividono fra loro anche il tempo, la cultura, gli affetti e i sentimenti. Per raggiungere questo scopo ci vuole una visione, un sogno, che solo la fede può ispirare. È questa la testimonianza specifica che i discepoli di Gesù devono tener viva all’interno di una ricerca di giustizia che coinvolge tutta l’umanità.