Tempo Ordinario A – 17. Domenica
Le letture di questa domenica mettono in luce la profonda attrattiva che il messaggio di Gesù esercita sull’animo umano. Nella prima lettura si mette in luce la ricerca della sapienza che la Bibbia attribuisce al re Salomone. La sapienza di cui si parla qui non è semplicemente cultura, memoria, abilità nel parlare o nel convincere. Essa indica la sensibilità al bene comune, la ricerca della giustizia, lo sforzo costante per realizzare la pace all’interno e all’esterno di qualsiasi aggregazione umana. Senza questa sapienza la convivenza di persone diverse non è fonte di gioia e di pace ma di tensioni che amareggiano la vita di tutti. Il suo esercizio invecegarantisce il conseguimento di quei valori che sono causa di benessere e prosperità per tutti.
Nel testo del vangelo il regno di Dio è presentato come un tesoro nascosto o una perla preziosa per ottenere i quali si è disposti a perdere tutto. Con queste due similitudiniGesù sottolinea la necessità per i suoi discepoli di considerare il suo messaggio non come una serie di precetti o di regole da eseguire ma come un bene desiderabile a cui tendere con tutte le proprie forze. Il Vangelo non è un insieme di regole da praticare o un complesso di verità da credere. Esso non consiste neppure in un modello di società da attuare mediante opportune riforme strutturali. Il regno consiste invece in un nuovo modo di vivere e di rapportarsi gli uni con gli altri in un contesto di giustizia e di vera fraternità. Esso rappresenta un’utopia, un ideale verso il quale tendere, impegnando in esso tutte le proprie energie e i propri talenti. Mancando questa tensione verso un mondo migliore, il cristianesimo decade a livello di ritualismo o moralismo e diventa incapace di muovere la società. La parabola della rete che raccoglie pesci di ogni tipo mostra come la ricerca del regno di Dio comporti un confronto quotidiano con altri modi di concepire la convivenza umana: questa esigenza non ostacola il regno di Dio ma è un passaggio obbligato per scoprire nell’oggi la sua realtà gioiosa e feconda. La spiegazione della parabola, ponendo l’accento sul giudizio, rischia di travisarne il senso, trasormando il Vangelo in un annunzio di giudizio e di condanna.
Nella seconda lettura Paolo afferma che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. A chi cerca con onestà il suo regno Dio non può far mancare il suo aiuto. Tutto infatti, anche la sofferenza più grande, può diventare un mezzo per anticipare nell’oggi la realizzazione del progetto di Dio. La predestinazione dei credenti in Cristo non indica un particolare privilegio da cui gli altri sono esclusi ma piuttosto la chiamata a un servizio nei confronti di tutta la società.
Ai suoi Dio non promette grandi realizzazioni in questo mondo ma la gioia di poter anticipare nell’oggi la felicità del mondo nuovo che Gesù annunzia. È questo un ideale per il quale vale la pena di impegnarsi sapendo che non si tratta di una costruzione ideologica da realizzare una volta per tutte ma di un valore da tener vivo perché l’umanità non torni indietro alla legge della giungla.
Non capita a tutti di trovare un tesoro nascosto in un campo altrui o di scoprire una perla preziosa in una bancarella nella quale si vende la solita paccottiglia. Certo perché ciò avvenga non basta il caso o un colpo di fortuna: ci vuole fiuto, abilità e costanza nella ricerca. Pensiamo alle statuette etrusche scoperte a San Casciano dei Bagni. Sono esperienze che capitano magari una sola volta in vita ma la cambiano radicalmente, le danno un nuovo senso.
In effetti il regno di Dio è un tesoro nascosto, non perché si trova sepolto sotto terra o dimenticato da secoli, ma piuttosto perché si tratta di una intuizione che facilmente svanisce come un sogno notturno che uno dimentica quando si risveglia e viene nuovamente coinvolto dagli affari di questo mondo.
Poi capita qualcosa di imprevisto. Forse perché non si è più soddisfatti del tran tran quotidiano, del lavoro, della carriera, di rapporti che non dicono più nulla, magari anche di una vita di famiglia in cui non c’è più nulla da dirsi o da condividere. L’occasione sarà l’incontro con una persona, una lettura, un momento di grande gioia o un’esperienza di profondo dolore. Improvvisamente quella intuizione evanescente si fa sentire con un vigore rinnovato e sorge imperiosa una domanda: che senso ha la vita, la mia vita.
È questo il momento in cui si trova il tesoro nascosto, la perla di grande valore. Per la prima volta si ascolta la buona notizia portata da Gesù: il regno di Dio è vicino. In altre parole si scopre che la vita ha senso non se è tenuta per sé ma solo se è donata. Ma per entrare in possesso di questo tesoro bisogna essere disposti a vendere tutto quello che si ha, cioè entrare in un nuovo ordine di idee.
È allora che si scopre il vero senso della famiglia, dell’amicizia, di un lavoro che produce benessere per tutti, di una vita di comunità nella quale si condividono gioie e dolori. E soprattutto si spera di poter contribuire alla realizzazione di un mondo migliore: un mondo nel quale le persone valgono più delle cose e l’amore più dell’egoismo.