Ascensione del Signore A
La festa dell’Ascensione non ha lo scopo di giustificare la scomparsa di Gesù da questo mondo ma di affermare la sua presenza. Nella prima lettura, ricavata dagli Atti degli apostoli, Luca narra come Gesù, dopo la sua risurrezione, sia stato per quaranta giorni con i suoi discepoli e poi sia salito al cielo. Luca è l’unico che descrive in modo visivo il ritorno di Gesù al Padre. Il messaggio contenuto nel racconto degli Atti sta anzitutto nel fatto che Gesù, mentre lascia questo mondo, promette ai discepoli di inviare lo Spirito santo che garantirà loro la sua costante presenza e farà di essi i suoi testimoni. È anche significativo il dettaglio dei due uomini in bianche vesti, cioè gli angeli della risurrezione, che esortano gli apostoli a non fissare il loro sguardo al cielo ma a impegnarsi su questa terra per rendere testimonianza al Signore.
Sulla stessa lunghezza d’onda si situa anche il brano del vangelo. Diversamente da Luca, l’evangelista Matteo non parla di ascensione. Dopo la sua risurrezione, Gesù appare ai discepoli già rivestito di gloria divina e li manda a insegnare tutto quello che aveva detto loro. Il fatto che egli appaia come il Signore esaltato non è un cedimento alla tentazione di trionfalismo, ma la manifestazione simbolica di una lotta vittoriosa contro il potere del male. Per i discepoli che devono continuare la sua opera non c’è dunque spazio per il pessimismo. La promessa di essere con loro fino alla fine del mondo è un segno di speranza e una garanzia di vittoria.
Il tema del vangelo viene ripreso anche nella seconda lettura. In essa è riportata una preghiera attribuita a Paolo nella quale egli chiede a Dio per i cristiani di Efeso una più profonda conoscenza di quello che Gesù è stato e ha lasciato ai suoi discepoli. La sua esaltazione viene qui interpretato come una piena partecipazione al governo di Dio sul mondo che si esercita mediante la Chiesa. Non si tratta però di un ruolo politico ma di una testimonianza di vita che si oppone alla logica di questo mondo.
Alla luce delle letture proposte dalla liturgia appare che l’Ascensione di Gesù, con tutta la sua carica simbolica, non ci porta fuori dal mondo ma ci richiama a esso. L’unico modo per vivere la nostra unione con lui non consiste nel ritirarci in noi stessi e pensare a un’altra vita, ma nell’immergerci in questo mondo alla ricerca di un bene di cui tutti siano partecipi. Si tratta di un impegno che riguarda i credenti non solo come individui ma come membri di una comunità che anticipa, con il suo modo di essere, il regno di Dio.
Ciao. Sono Renzo da Hong Kong. Questa volta ho seguito la tua traccia per la riflessione domenicale. Non so se il mio cantonese ha avuto la stessa efficacia del tuo testo, comunque alcune faccie sembravano apprezzare, Grazie.
Caro Renzo, Grazie per avermi comuncato la tua esperienza. Il mio unico desiderio è quello di rendere il messaggio cristiano comprensibile e significativo per le persone di oggi, con tutti i problemi e le difficoltà a cui vanno incontro. . Certo ci sono sempre le differenze culturali, non solo in campo internazionale ma anche tra le persone che partecipano a una stessa celebrazione. Ma sono convinto che, a un certo livello, l’umanità è la stessa in tutto il mondo. Auguri per il tuo lavoro.
Chiunque può rendersi conto della contraddizione tra la prima lettura e il brano del vangelo. Secondo Luca, autore degli Atti degli apostoli, dopo la sua risurrezione Gesù è tornato al Padre; secondo Matteo invece egli ha promesso ai discepoli che sarebbe rimasto con loro per sempre. Ma è una contraddizione solo apparente: quando una persona cara ci lascia, sentiamo fortemente da una parte la sua assenza e dall’altra la sua costante presenza. Chi ha vissuto intensamente la sua vita, non scompare mai del tutto ma resta presente nel ricordo di coloro che con il suo amore ha contribuito a far nascere e a costruire come persone.
Il ricordo non è mai semplicemente un fatto mnemonico, ma rappresenta una spinta all’azione. Secondo Matteo Gesù ha raccomandato ai discepoli di suscitare per lui altri discepoli provenienti da tutte le genti, insegnando loro a osservare tutto quanto egli aveva comandato. Per Luca invece Gesù, prima di salire al cielo, dato ai suoi discepoli il compito di essere suoi testimoni. In ambedue i casi si tratta di rendere attuale nel mondo e nella storia il suo messaggio di amore e di giustizia. Luca aggiunge un dettaglio: due uomini in bianche vesti ingiungono ai discepoli di non rimanere lì a guardare il cielo. Forse voleva dire che Gesù non si ricorda con le solenni celebrazioni, ma sporcandosi le mani nelle vicende di questo mondo per rinnovarlo alla luce del vangelo.
Certo gli apostoli non devono rimanere con il naso in su a guardare il cielo; piuttosto, verrebbe da aggiungere, non devono mai smettere di indicare all’umanità quel cielo nel quale, secondo un’immagine arcaica, Gesù risiede. Il dito puntato dei discepoli deve ricordare a tutti, credento o non credenti, che c’è qualcosa lassù che non bisogna mai perdere di vista se si vuole trovare la propria strada quaggiù. Ciò significa che è bello aver soldi, potere, successo, ma a un patto: che tutto sia condiviso. L’accentuato divario economico, culturale e politico che spacca in due l’umanità e la popolazione di una stessa nazione rappresenta una tragedia che colpisce ricchi e poveri nello stesso tempo.
Io penso che la nostra dottrina sia destinata a cambiare profondamente, non con l’aiuto del mondo ecclesiastico e neppure di grandi masse. Lentamente, attraverso quegli studiosi che non hanno paura di rinunciare a schemi del passato, anzi, che ne vedono sempre più i pericoli per la sopravvivenza del cristianesimo. Io credo che per sempre continuerà la “spiritualità” cristiana, intesa come dimensione profonda costitutiva del nostro essere per la forza creatrice e sempre innovativa che la spiritualità possiede. Non credo che sarà così per la religione che ne costituisce la forma culturale e quindi storica e contingente.
Se pensiamo che le chiese si stiano vuotando e ce ne preoccupiamo, dobbiamo impegnarci tutti a rivisitare questo mondo mitico in cui siamo inseriti e da cui tanti oggi cercano di evadere.
Come possiamo parlare ancora di Ascensione? Se anche Gesù fosse asceso al cielo con la velocità della luce non avrebbe ancora superato i limiti della nostra galassia … è chiaro che la nostra conoscenza dello spazio è da allora radicalmente cambiata, non abbiamo più l’immagine di un mondo a tre livelli! E questo vuol essere solo un esempio, e non il più importante.
Io sento il bisogno di concentrarmi sulla figura di Gesù, oggi è più facile, grazie ai nuovi studi filologici e archeologici, avvicinarci ad una conoscenza più reale della sua persona e liberarlo da tutte le sovrapposizioni mitologiche che ne hanno oscurato la figura storica … forse potremo pian piano capire come potrebbe essere una religione ispirata da lui!
hai espresso perfettamente quello che penso anch’io.fernanda