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Ascensione del Signore C

Assenza e presenza del Maestro

La scena dell’ascensione di Gesù è una creazione di Luca, il quale ne parla con dettagli diversi sia nel vangelo che negli Atti degli apostoli. Negli Atti Luca racconta che Gesù, dopo la sua risurrezione, è rimasto per quaranta giorni con gli apostoli parlando loro del regno di Dio. Al termine di questo periodo egli li conduce al monte degli Ulivi e lì, davanti ai loro occhi, viene elevato in alto e una nube lo sottrae ai loro occhi. Ma due uomini in bianche vesti, chiaramente due angeli, gli stessi che avevano annunziato alle donne la risurrezione di Gesù, li riportano alla realtà: il tempo di Gesù è finito, adesso comincia il tempo degli apostoli che dovranno annunziare il vangelo in tutto il mondo.

Nel brano del vangelo l’ascensione di Gesù è collocata nello stesso giorno di Pasqua. Diversamente dal racconto degli Atti, la scena si svolge dalle parti di Betania. Gesù ricorda che i profeti avevano preannunziato due eventi: il Cristo dovrà patire e risorgere dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Anche qui il messaggio è chiaro: il tempo di Gesù è ormai concluso. Ora inizia l’ultimo periodo della storia annunziato dai profeti, quello in cui saranno protagonisti i suoi discepoli ai quali spetta il compito di essere suoi testimoni in tutto il mondo. Poi Gesù si distacca da loro e sale in cielo nel gesto di benedirli. È un segno di commiato che comporta un diverso modo di essere presente attraverso il loro sforzo di rendere attuale il suo messaggio.

Nella seconda lettura si afferma simbolicamente che con la sua morte di Gesù è entrato nel santuario del Cielo con il suo sangue per offrire a Dio una volta per tutte il sacrificio che ci purifica dai nostri peccati. Così facendo egli ci ha aperto la strada per ricongiungerci a Dio.

Con il racconto dell’ascensione di Gesù, Luca ha voluto mostrare visivamente come, con la morte e la risurrezione di Gesù, si sia verificato una svolta radicale. Ormai Gesù non è più presente con i suoi discepoli, i quali non potranno più dipendere da lui e neppure da capi carismatici o rivelazioni personali. Tuttavia egli sarà presente in loro e continuerà attraverso di loro a operare per trasformare questo mondo in un luogo di pace e di fraternità. L’ascensione di Gesù al cielo è una scena simbolica che non suggerisce l’evasione da questo mondo ma la necessità di andare a Dio impegnandosi nel mondo e per il mondo, come ha fatto Gesù.

Ascensione del Signore B

L’eredità di Gesù

Le letture proposte dalla liturgia per questa domenica ci pongono un problema molto impegnativo: che cosa ci ha lasciato Gesù con la sua morte? Nella prima lettura Luca racconta che Gesù, dopo la sua risurrezione, ha trascorso quaranta giorni con i suoi discepoli parlando del regno di Dio. Forse Luca pensava a una specie di tirocinio a cui ha sottoposto i discepoli. Al termine di questo periodo Gesù è asceso al cielo: il Risorto non può stare se non nel luogo dove, secondo la cultura dell’epoca, risiede Dio con le creature «celesti». Ma prima di andarsene ha promesso di inviare loro lo Spirito Santo e li ha incaricati di essere suoi testimoni nella Giudea, in Samaria e fino ai confini del mondo.

Questo tema è ripreso nel brano del vangelo. Secondo Marco Gesù ha dato ai suoi discepoli la consegna di predicare il vangelo a tutte le creature e per fare ciò ha dato loro alcuni poteri, i più importanti dei quali sono quello di scacciare i demoni e di guarire i malati. Se li leggiamo nel loro contesto, essi assumono un grande significato. I demoni indicano simbolicamente ogni tipo di violenza e di ingiustizia istituzionalizzata. Annunziare il vangelo significa dunque anzitutto lottare per una vera giustizia sociale. Ma questo impegno i discepoli devono cominciare ad assumerlo nei confronti di ogni persona che ha bisogno di essere guarita dai suoi mali. Si tratta infatti prima di tutto della guarigione del cuore, indicando il vero senso della vita: la guarigione del corpo, cioè di tutta la persona, viene di conseguenza.

Nella seconda lettura si sottolinea che i discepoli possono compiere la missione loro affidata solo mediante una vera vita comunitaria. Come prima cosa essi dovranno volersi bene fra di loro attuando quell’unità che viene dall’avere la stessa fede e lo stesso battesimo. E perché ciò si realizzi l’autore ricorda che Gesù, dopo essere salito al cielo, è ritornato per conferire dei doni ai suoi discepoli. Si tratta anzitutto di servizi che alcuni ricevono a favore della comunità. L’autore nomina gli apostoli, i profeti, gli evangelisti, i pastori e i maestri. Costoro però non hanno l’esclusiva del ministero. Il loro compito anzi è quello di far sì che ogni membro della comunità abbia un servizio da svolgere a favore degli altri. Senza una pluralità di ministeri la comunità non può rappresentare Gesù e testimoniarlo nel mondo.

Con l’immagine della salita al cielo l’evangelista vuole dire che Gesù ha finito il suo compito. Durante la sua vita terrena egli ha annunziato la venuta del regno di Dio. Ora affida ai discepoli, non solo agli apostoli ma a tutti i cristiani, il compito di continuare la sua opera. Questo però esige che noi per primi ci comportiamo veramente secondo le esigenze del Vangelo. A tale scopo il nostro primo impegno deve essere quello di attuare un’autentica vita comunitaria, nella quale il servizio vicendevole fa sì che cessi la violenza e si instauri un clima di vera fraternità. In questo modo, anche senza fare nulla di particolare, diventiamo spontaneamente i testimoni di Gesù e il lievito che trasforma la società.

Ascensione del Signore A

La glorificazione di Gesù

La festa dell’Ascensione non ha lo scopo di giustificare la scomparsa di Gesù da questo mondo ma di affermare la sua presenza. Nella prima lettura, ricavata dagli Atti degli apostoli, Luca narra come Gesù, dopo la sua risurrezione, sia stato per quaranta giorni con i suoi discepoli e poi sia salito al cielo. Luca è l’unico che descrive in modo visivo il ritorno di Gesù al Padre. Il messaggio contenuto nel racconto degli Atti sta anzitutto nel fatto che Gesù, mentre lascia questo mondo, promette ai discepoli di inviare lo Spirito santo che garantirà loro la sua costante presenza e farà di essi i suoi testimoni. È anche significativo il dettaglio dei due uomini in bianche vesti, cioè gli angeli della risurrezione, che esortano gli apostoli a non fissare il loro sguardo al cielo ma a impegnarsi su questa terra per rendere testimonianza al Signore.

Sulla stessa lunghezza d’onda si situa anche il brano del vangelo. Diversamente da Luca, l’evangelista Matteo non parla di ascensione. Dopo la sua risurrezione, Gesù appare ai discepoli già rivestito di gloria divina e li manda a insegnare tutto quello che aveva detto loro. Il fatto che egli appaia come il Signore esaltato non è un cedimento alla tentazione di trionfalismo, ma la manifestazione simbolica di una lotta vittoriosa contro il potere del male. Per i discepoli che devono continuare la sua opera non c’è dunque spazio per il pessimismo. La promessa di essere con loro fino alla fine del mondo è un segno di speranza e una garanzia di vittoria.

Il tema del vangelo viene ripreso anche nella seconda lettura. In essa è riportata una preghiera attribuita a Paolo nella quale egli chiede a Dio per i cristiani di Efeso una più profonda conoscenza di quello che Gesù è stato e ha lasciato ai suoi discepoli. La sua esaltazione viene qui interpretato come una piena partecipazione al governo di Dio sul mondo che si esercita mediante la Chiesa. Non si tratta però di un ruolo politico ma di una testimonianza di vita che si oppone alla logica di questo mondo.

Alla luce delle letture proposte dalla liturgia appare che l’Ascensione di Gesù, con tutta la sua carica simbolica, non ci porta fuori dal mondo ma ci richiama a esso. L’unico modo per vivere la nostra unione con lui non consiste nel ritirarci in noi stessi e pensare a un’altra vita, ma nell’immergerci in questo mondo alla ricerca di un bene di cui tutti siano partecipi. Si tratta di un impegno che riguarda i credenti non solo come individui ma come membri di una comunità che anticipa, con il suo modo di essere, il regno di Dio.