Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Epifania ABC

Una buona notizia per tutti

L’Epifania è la festa nella quale i cristiani riflettono sul carattere universale della loro fede. Nella prima lettura, ricavata dalla terza parte del libro di Isaia, si descrive un evento futuro che riguarda il destino di Israele. Un giorno Gerusalemme, città in cui, secondo la fede israelitica, Dio ha posto la sua dimora, si riempirà di luce. Allora a essa affluiranno tutte le genti, attratte dalla luce di Dio, portando con sé i loro doni: l’oro come segno della loro adesione alla regalità di Dio e l’incenso, simbolo della loro partecipazione al culto. Secondo il profeta i popoli otterranno la salvezza, ma solo se si aggregheranno a Israele e daranno culto al suo Dio.

Secondo Matteo la promessa riportata nel libro di Isaia si è realizzata con la venuta di Gesù. La visita dei magi alla sua culla rappresenta per loro l’anticipo simbolico di un grande pellegrinaggio di popoli che in diversi modi avrebbero aderito a Cristo, accettando il suo messaggio e mettendolo alla base della loro esistenza. I doni che i magi portano sono gli stessi ricordati da Isaia ai quali si aggiunge la mirra, con cui si anticipa nuovamente il destino doloroso del bambino. Purtroppo, secondo Matteo, il re Erode e tutta Gerusalemme, invece di rallegrarsi per la nascita del re dei giudei, sono turbati ed Erode pensa già come eliminarlo. In questa scena l’evangelista vede l’anticipazione del dramma che porterà una parte consistente del popolo giudaico a rifiutare il suo Messia. 

L’autore della lettera agli Efesini, da cui è ripresa la seconda lettura, attribuisce a Paolo la rivelazione di un mistero nascosto alle precedenti generazioni, in forza del quale le genti sono chiamate a condividere con i giudei che avevano creduto in Cristo le promesse fatte al popolo di Israele. Anche per questo autore le promesse fatte dai profeti si stanno realizzando per mezzo di Gesù. 

La venuta dei magi significa simbolicamente l’adesione a Cristo di gente di ogni colore e lingua che attraverso di lui hanno ottenuto la salvezza. Oggi però siamo consapevoli che la stessa salvezza raggiunge in molti modi anche i fedeli di altre religioni e coloro che si dicono atei ma praticano i valori evangelici. Il compito dei cristiani non è dunque più quello di convertire più gente possibile al cristianesimo ma di entrare in dialogo con tutti gli uomini di buona volontà per dare vita a un mondo migliore in cui prevalgano i valori evangelici della pace, della giustizia e della solidarietà.

Il senso della vita

Qualche giorno fa, nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, due ragazzine, Gaia e Camilla, ambedue sedicenni, sono state investite e uccise da un automobilista. Al funerale la sorella di Camilla ha detto: “Eri la piccola di casa. Qualche giorno fa ci avevi chiesto quale era il senso della vita e non ti ho saputo rispondere. Ecco, adesso lo dico: il senso della vita sei tu”. Questa frase mi ha molto colpito. Mi sono chiesto come mai la sorella più grande non aveva saputo rispondere alla domanda di Camilla. Forse non ci aveva mai pensato. Non credo. La risposta è un’altra. Effettivamente la vita non ha nessun senso. E’ un mistero, un’enigma incomprensibile. Non sappiamo da dove veniamo, che cosa ci stiamo a fare in questo mondo, dove andiamo a finire dopo la morte. Buio completo. La vita non ha nessun senso se non quello che riusciamo a darle noi. Ma non è facile e non si arriva mai a una risposta definitiva. In altre parole il senso della vita sta proprio nella ricerca di un senso che non c’è ma che noi vogliamo darle. Una ricerca difficile che a volte non si vuole affrontare. Si rimuove la domanda stessa. Ma allora l’alternativa è unica: la droga. E di droghe ce ne sono tante: non c’è che l’imbarazzo della scelta. E se non si trova una droga soddisfacente (e la droga non dà se non sprazi fugaci di soddisfazione) allora non resta altro che la depressione di una vita senza senso.

Tempo Natalizio ABC – 2. Domenica

Gesù nel progetto di Dio

In questa domenica la liturgia presenta, come nella terza Messa di Natale, il tema della dignità trascendente di Gesù alla luce della riflessione sapienziale. Nella prima lettura si parla infatti della sapienza di Dio. Secondo il pensiero biblico Dio ha creato il mondo e lo governa secondo un ordine da lui prestabilito. Ma Dio è santo e non può immergersi in un mondo limitato e impuro. Per salvare la trascendenza di Dio e al tempo stesso garantire la sua presenza attiva nel mondo, l’autore di questo brano si rifà a un pensiero tipico del giudaismo ellenistico affermando che Dio, l’unico sapiente, si è servito della sua sapienza per creare e governare il mondo. Così la sapienza, che è un semplice attributo di Dio, viene personificata e diventa lo strumento mediante il quale il Dio trascendente si rende presente e opera nel mondo prima, per crearlo e poi per condurre a sé l’umanità. Questa Sapienza divina, viene poi identificata con la parola (logos) di cui, secondo la Genesi, Dio si è servito per creare il mondo (cfr. Sal 33,6). Questa a sua volta si rende presente nella legge data da Dio a Mosè nel contesto dell’alleanza con Israele. La parola così concepita viene poi identificata con il Logos, la Parola-Ragione suprema che secondo la filosofia greca governa il mondo (Filone). 

Nel prologo del vangelo di Giovanni, riportato come terza lettura, la concezione della Parola/Sapienza di Dio, tipica dei giudei ellenisti, viene utilizzata per comprendere e spiegare la persona di Gesù. Per il quarto evangelista questa Parola non si rende presente nella legge mosaica ma nella persona di Gesù. In forza di questa identificazione, Gesù viene visto come l’incarnazione della Sapienza preesistente, mediante la quale Dio ha creato il mondo e ha conferito all’uomo, non più al solo Israele, la sua salvezza. Ciò non significa che Gesù esistesse prima della sua nascita da Maria ma che in lui si manifesta il piano di salvezza concepito da Dio fin dall’eternità.

Infine nella seconda lettura si dice che quelli che hanno creduto in Cristo sono stati scelti anch’essi da Dio, prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati e per diventare in Cristo suoi figli. Con ciò non si vuol dire che i credenti in Cristo siano preesistenti, cioè che esistessero prima della creazione, ma che la loro scelta è parte di un progetto divino concepito già prima della creazione. 

La rilettura sapienziale della persona di Gesù, propria di una comunità che si rifaceva all’apostolo Giovanni, ha svolto un ruolo importante nella storia del movimento cristiano: alla sua luce i primi cristiani hanno compreso Gesù come colui che ha rivelato al mondo il «volto umano» di Dio. Purtroppo questa concezione però ha in parte offuscato l’umanità di Gesù, facendo sì che molti cristiani vedessero in lui una divinità a cui dare culto piuttosto che un maestro di vita e una guida nel cammino verso Dio.