Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Tempo Ordinario A – 03. Domenica

La venuta del regno di Dio

In questa domenica appare per la prima volta nella liturgia il tema del regno di Dio annunziato da Gesù. Nella prima lettura è riportato un oracolo contenuto in una sezione del libro del profeta Isaia chiamata «libretto dell’Emmanuele». In esso la nascita di un fanciullo della casa di Davide, viene presentata come l’occasione in cui appare una grande luce, simbolo di una gioia immensa: essa è motivata dal fatto che la popolazione della Galilea, umiliata dalla dominazione straniera, ha ottenuto finalmente la liberazione, fonte di pace e giustizia.

Nel brano del vangelo, Matteo vede l’attuazione della profezia isaiana nel fatto che proprio in Galilea, una regione periferica, abitata in gran parte da gentili, Gesù ha cominciato ad annunziare la venuta del regno dei Cieli, cioè di Dio,. consiste in una società in cui cadono le barriere e viene attuata la giustizia, che significa fraternità e condivisione. E per far capire che il lieto annunzio del Regno non era un semplice annunzio teorico, Gesù chiama immediatamente i primi quattro discepoli, i quali lasciano tutto per seguirlo. È inverosimile che ciò sia avvenuto subito all’inizio del ministero di Gesù, prima che egli illustrasse il senso di questo annunzio. Ma per l’evangelista è importante parlarne subito, in quanto mostra in atto la dinamica del regno. Là dove esseri umani sanno superare i propri interessi e aggregarsi in vista di un bene comune, il regno di Dio ha inizio, comincia a manifestarsi. La prontezza con cui i primi chiamati seguono Gesù, distaccandosi da tutto quanto possedevano, mostra come questo regno debba avere il primato su tutti i propri interessi personali.

Anche per Paolo il fatto che i cristiani siano uniti nonostante le loro differenze culturali e sociali è l’espressione più efficace della forza trasformatrice del Vangelo, al centro del quale c’è la croce di Cristo. È chiaro che le diversità si superano solo se al primo posto si mette la ricerca di un mondo migliore, quello annunziato da Gesù e per il quale egli ha dato la vita.

La venuta del regno di Dio non esige da parte dei cristiani che si dedichino a pratiche rituali o all’accettazione di particolari concezioni religiose ma piuttosto che si impegno per la realizzazione di un mondo migliore, dove tutti siano riconosciuti e amati.

Tempo Ordinario A – 02. Domenica

L’Agnello di Dio 

In questa domenica la liturgia propone una terza manifestazione di Gesù, presentato da Giovanni il Battista come «Agnello di Dio». Nella prima lettura ritroviamo un personaggio, il Servo del Signore, del quale si parla in quattro carmi riportati nella seconda parte del libro di Isaia. Domenica scorsa abbiamo letto il racconto della sua vocazione. Oggi la liturgia ci propone il secondo dei quattro carmi che lo riguardano. In esso si dice Dio ha avuto per lui una stima tanto grande da conferirgli il compito non solo di riportare a lui le tribù di Israele e ricondurle nella loro terra, ma anche di essere luce delle nazioni. Egli dovrà portare la salvezza fino ai confini della terra. In realtà il Servo è stato mandato direttamente al suo popolo. Ma il suo messaggio improntato alla non violenza ha un valore universale. Si tratta di una scelta difficile, che pagherà con la morte. Perciò in seguito sarà paragonato a un agnello condotto al macello, a una pecora muta di fronte ai suoi tosatori (Is 53,7).

Nel brano del vangelo si parla di Giovanni il Battista che riconosce in Gesù «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». In questa espressione è interessante il simbolismo dell’agnello che, letto in riferimento al tema del Servo del Signore di cui parla la prima lettura, presenta Gesù come il liberatore del popolo, non dalla dominazione romana, come tanti si aspettavano, ma dal peccato. Giovanni il Battista non parla dei peccati individuali ma del «peccato del mondo». Con questa espressione si indica una situazione di peccato che si manifesta nelle strutture ingiuste, nella corruzione, nella violenza, che causano sofferenza e morte. Gesù è venuto proprio per combattere contro questo peccato che pervade il mondo. E ha fatto ciò non provocando una rivoluzione violenta ma mettendosi dalla parte degli ultimi e condividendo le loro sofferenze.Così facendo però ha suscitato l’odio dei potenti che l’hanno eliminato.

Nella seconda lettura Paolo si rivolge ai cristiani di Corinto chiamandoli «santi» e sottolineando che essi sono tali in quanto hanno creduto in Gesù e sono in sintonia con tutti coloro che in ogni luogo lo invocano. Come discepoli di Gesù i cristiani devono essere uniti non solo fra loro ma anche con tutti i credenti che appartengono ad altre religioni e con tutti gli uomini e donne di buona volontà, per lottare contro ogni ingiustizie e violenza. 

Il perdono del peccato è qualcosa che ci riguarda da vicino non solo come individui ma anche come membri di una comunità che lotta, con mezzi non violenti, contro le strutture ingiuste di questo mondo. Ma questo comporta la necessità di puntare su un rapporto vero fra persone, prima che sul culto e sulle devozioni, accettando le sofferenze e le prove che ne conseguono.

Battesimo del Signore A

Il giusto fra i peccatori

Il fatto che Gesù abbia ricevuto il battesimo da Giovanni è importante non solo perché segna l’inizio del suo ministero pubblico, ma anche perché rappresenta una scelta che caratterizzerà la sua futura attività. Nella prima lettura si presenta la vocazione di un anonimo profeta, chiamato Servo di yhwh, nel quale Dio si compiace. Su di lui scende lo Spirito del Signore che gli dà forza per riaggregare la massa dei giudei dispersa nell’esilio e riportarli nella loro terra. A tale scopo egli non dovrà provocare un movimento di rivolta ma rinnovare il loro rapporto con yhwh, il Dio che li aveva liberati dalla schiavitù egiziana. Il Servo infatti è stato chiamato «per la giustizia», cioè per manifestare la fedeltà di Dio al suo popolo. Egli porta a termine questo compito rifiutando ogni tipo di violenza e di costrizione. Ciò significa immergersi personalmente in una massa di gente frustrata, logorata da anni di esilio, preda di tensioni ed egoismi: un metodo certamente rischioso che l’ha portato alla morte. Ma che si è dimostrato vincente. 

Nel brano del vangelo si racconta il battesimo di Gesù. I primi cristiani hanno situato in questo contesto la sua manifestazione come Messia e Figlio di Dio, mettendo in secondo piano il fatto che egli è stato battezzato in mezzo a una folla di persone che andavano al Giordano per confessare i loro peccati. Ma è proprio immergendosi in questa moltitudine composta prevalentemente da persone emarginate e sofferenti, esseri umani considerati come peccatori dai rappresentanti della religione ufficiale, che Gesù dimostra di essere il Messia annunziato dalle Scritture. Egli ha assunto il ruolo non di un re potente ma quello del Servo che ha liberato i giudei dall’esilio: solo così infatti poteva «adempiere ogni giustizia», cioè manifestare al popolo la misericordia di Dio, come egli stesso dice a Giovanni. Immergendosi nell’acqua con i peccatori Gesù non ha compiuto dunque qualcosa di disdicevole per un giusto, ma piuttosto ha dimostrato come il vero «giusto», il «Figlio di Dio», il Messia, si riveli non appartandosi in un luogo sacro ma condividendo le sofferenze e i limiti propri di ogni essere umano.

Nella lettura degli Atti degli apostoli è Pietro stesso che illustra questa scelta di Gesù spiegando che egli, dopo e come effetto del battesimo, passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo. A ciò tendeva la sua scandalosa amicizia con i peccatori. Per questo ha accettato fin dall’inizio la prospettiva di una morte violenta.

Per i cristiani ricevere il battesimo significa fare proprie le scelte di Gesù: come lui, anch’essi accettano di non separarsi da questo mondo ma di essere solidali con i poveri, gli emarginati e quelli che hanno fatto nella vita scelte sbagliate: solo così possono fare anch’essi l’esperienza consolante di essere figli di Dio.