Tempo Ordinario C – 23. Domenica
Gesù Maestro di sapienza
Il tema di questa liturgia è quello della vera sapienza che viene comunicata da Gesù. Nella prima lettura, in sintonia con tutta la riflessione sapienziale, si afferma che noi, in quanto esseri umani, non possiamo conoscere la volontà di Dio o capire le cose che lo riguardano. Come motivo viene riportato il fatto Dio è immensamente al di sopra delle nostre possibilità umane, ma soprattutto perché l’anima è appesantita da un corpo corruttibile. Secondo un certo modo di concepire l’essere umano, ispirato dal pensiero filosofico, il corpo è sede dei desideri egoistici che oscurano la mente. Ma proprio per questo Dio ci ha dato la sua sapienza per poter discernere il bene dal male nelle diverse situazioni in cui ci troviamo. Dio non dà dei precetti da osservare ma indica dei valori in base ai quali ognuno deve fare le sue scelte personali.
È questo anche l’insegnamento di Gesù, il quale nel brano del vangelo si presenta come un Maestro che indica il cammino della Sapienza. In questa veste egli avanza una richiesta a prima vista esorbitante: chi vuole seguirlo deve amare lui prima del padre, della madre, dei fratelli e delle sorelle, addirittura di se stesso; chi vuol essere suo discepolo deve prendere la sua croce e seguirlo. E aggiunge che chiunque non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere suo discepolo. Chi non accetta questa condizione è uno sconsiderato, come chi si mette a costruire una torre senza averne i mezzi o chi parte per la guerra senza avere un numero sufficiente di soldati per vincerla. La vita è fatta di discernimento e di scelte a volte difficili. Tutto quello che abbiamo, su cui fondiamo le nostre sicurezze, è precario e prima o poi lo perdiamo. Ma ci sono delle realtà a cui non dobbiamo mai rinunziare e che ci accompagnano per tutta la vita: i rapporti, i valori in cui crediamo, il mistero supremo di Dio che illumina le nostre tenebre. Gesù è il Maestro che ci guida nella ricerca di ciò che non perisce. Il suo messaggio sembra utopistico. Ma non dimentichiamo qual è l’altra faccia della medaglia: la schiavitù.
Questo tema è affrontato nella seconda lettura, dove si parla di uno schiavo fuggito, che Paolo rimanda al suo padrone, al quale ordina di trattarlo come un fratello. La schiavitù è un male terribile, che sussiste ancora oggi ed è più diffuso di quanto siamo abituati a pensare. Per eliminarla ci vogliono leggi adeguate, ma soprattutto quel distacco dai beni materiali che ci apre alla fraternità e alla solidarietà.
Non credo che Dio ci abbia rivelato la sua volontà, né in generale né nel nostro caso individuale. Perciò è inutile tentare di indovinare. Dio si è limitato a donarci la sapienza come guida nelle nostre scelte e noi non dobbiamo mai rinunziare a servircene. La sapienza corrisponde a quella che noi chiamiamo ragione, buon senso, coscienza ecc. Noi abbiamo la facoltà di conoscere quello che è bene e quello che è male. Difficilmente ci sbagliamo se abbiamo il coraggio di rientrare in noi stessi e fare i conti con la realtà che ci circonda. E se sbagliamo valutazione le conseguenze delle nostre scelti ci richiamano alla realtà. Tutto ciò è umano e ciascuno ha la dotazione necessaria e sufficiente per giudicare la realtà e fare le sue scelte. Ma purtroppo nulla avviene automaticamente. Ciascuno di noi ha bisogno, come un atleta che si prepara alle Olimpiadi, di un buon istruttore e di tanto allenamento. I semplici talenti non sono sufficienti. Per noi il ruolo di allenatore è svolto da Gesù. Lui non ci dice semplicemente di prendere la nostra croce, ma dice di seguirlo perché lui per primo ha preso la sua croce ed è andato verso il calvario. La croce vuole dir tutto: lotte, sofferenze, disgrazie, insuccessi. Tutte esperienze delle quali abbiamo bisogno per ottenere la vera sapienza. Per affrontarle correttamente bisogna unirsi saldamente a lui, amarlo più di se stessi, ed essere pronti a rinunziare a tutti i nostri avere. È chiaro che si tratta di un’iperbole. Noi non saremo mai capaci di rinunziare a tutti i nostri beni. Ma si tratta di un orientamento di vita in cui la ricerca del bene prende il primo posto rispetto al nostro egoismo personale. È questo anche il messaggio di Paolo: la liberazione dalla schiavitù è una meta importante per tutti quelli che ne sono soggetti. Ma la vera liberazione dalla schiavitù consiste non nell’essere liberi cittadini ma nell’essere impegnati per il bene comune. Forse nelle nostre società democratiche molti hanno ancora bisogno di questa liberazione. Presto ce ne renderemo conto nelle elezioni politiche.
Oggi, dal Madagascar, Paese della già tanto martoriata Africa dove il grado di povertà è altissimo e il popolo particolarmente sfruttato, Papa Francesco ci invita a superare i nostri egoismi personali: “ Vivere per sé stessi la peggiore delle schiavitù” e, sempre in sintonia con questa liturgia, sottolineava : “Voi sapete bene che camminare al seguito di Gesù non è molto riposante”.
Di fronte a tanta sofferenza e altrettanta indifferenza, mi chiedo quanti di noi cristiani si sentiranno profondamente interpellati da queste sue parole.