Tempo Ordinario A – 06 Domenica
La liturgia di questa domenica richiama l’attenzione sul modo in cui Gesù ha interpretato la legge che Dio ha dato a Israele. Come premessa, la prima lettura attesta la convinzione dei saggi secondo cui Dio ha dato all’uomo la libertà di decidere se fare il bene o il male. Forse l’autore del testo è troppo ottimista circa la libertà di ogni essere umano. Tuttavia è vero che non ha senso promulgare una legge se coloro a cui è diretta non hanno la libertà di fare delle scelte personali.
Il brano del vangelo, ricavato dal discorso della montagna, mette in luce l’insegnamento di Gesù circa la legge. Per i giudei del suo tempo questa abbracciava numerosi precetti che, secondo i rabbini, ammontavano al numero di 613. Secondo Matteo Gesù dice di essere venuto non per abolire ma per dare pieno compimento alla legge e ai profeti: ciò significa che la legge deve essere osservata, non però in modo meccanico, ma nella prospettiva della predicazione dei profeti, i quali hanno insegnato che la giustizia e la solidarietà verso i propri simili stanno alla base del rapporto con Dio. Su questa linea Gesù porta l’esempio di quattro comandamenti presi dal decalogo, quelli cioè che proibiscono l’omicidio, l’adulterio, il ripudio e il giuramento. Per ciascuno di essi egli richiama la necessità di non fermarsi alla semplice formulazione, ma di andare al loro significato profondo. Circa l’omicidio Gesù sottolinea che ci sono diversi modi di uccidere una persona, come l’insulto, la denigrazione, l’emarginazione. Per quanto riguarda l’adulterio, Gesù mette in guardia dal desiderio incontrollato della donna, che porta a servirsi di una persona per il proprio piacere, e si oppone al ripudio perché espone la donna alla povertà e allo sfruttamento anche sessuale. Infine rifiuta non solo il giuramento falso ma anche il giuramento in quanto tale, perché al primo posto bisogna mettere la sincerità. All’origine di ogni comandamento vi è dunque l’esigenza dell’amore, che va oltre quanto è comandato e quindi rende inutile la legge.
Nella seconda lettura si riprende il tema della sapienza. Paolo osserva che essa non appartiene ai dominatori di questo mondo, cioè a coloro che detengono il potere politico e religioso. Essi infatti hanno crocifisso il Signore. Il vero saggio non è chi si limita a praticare dei comandamenti ma colui che imita l’esempio di Cristo.
Per il credente la legge non è abolita ma resta solo come direttrice di marcia; però la motivazione che lo spinge ad agire non è l’autorità del legislatore e neppure la sanzione prevista per i trasgressori ma la ricerca del bene comune.
Oltre la legge
Dio sa che cosa vuol dire avere una legge giusta, che regoli in modo saggio tutti gli aspetti della vita sociale e religiosa. Gli ebrei, al tempo di Gesù come d’altronde anche oggi, ritenevano di avere questa fortuna: chi poteva vantare, come loro, di avere ottenuto la loro legge direttamente da Dio?
Da buon ebreo, Gesù condivideva questa convinzione: mai si sarebbe permesso di contraddire quello che era stato detto (da Dio) agli antichi, cioè a Mosè e ai suoi collaboratori. Secondo lui però sarebbe stato fare un torto allo stesso legislatore divino considerare la sua legge come una raccolta di regolette da praticare nelle diverse circostanze. Troppo facile! Ma anche troppo rischioso, perché i furbetti possono sempre trovare il modo per far dire alla legge quello che fa comodo a loro. Perciò Gesù afferma di essere venuto non ad abrogare ma a dare pieno compimento alla legge e (aggiunge) ai profeti, cioè a una legge che, per essere efficace, deve essere interpretata alla luce del messaggio profetico. Che cosa ciò significasse, Matteo lo spiega quando ricorda che, per Gesù, la legge e i profeti si riassumono in un unico comandamento che può essere formulato in due modi: fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te; oppure: amerai Dio con tutto il tuo cuore e il prossimo tuo come te stesso. Allora è chiaro: neppure la volontà di Dio può giustificare la pratica di qualunque legge, ma solo la ricerca di un bene che riguarda il prossimo e tutta la società, compresi i nemici. Gli esempi che Gesù porta sono eloquenti in se stessi.
Ma il vero problema è un altro: dove trovare il coraggio e la forza per mantenere sempre alta la guardia nella ricerca di un bene che va al di là del proprio interesse personale? Gesù ha risposto a questa domanda annunziando una «buona notizia»: il regno di Dio è vicino. Certo, se Dio interviene di persona, tutto cambia. Ma come interviene Dio in questo mondo? I discepoli lo avrebbero capito in seguito, quando il mite annunciatore del regno di Dio è stato messo in croce. Con il suo amore spinto fino alla fine, egli riscatta l’umanità dalla sua viltà ed egoismo e apre una strada in cui coinvolge tutti coloro che credono in lui.
Due brevi riflessioni.
“16Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi tendi la tua mano”
Libertà di essere, di professare, di decidere, di scegliere fra il bene e il male.
A volte diventa eroismo saper scegliere il bene, quello che è giusto contro l’ingiustizia, scegliere di difendere i diritti umani… anche se questa scelta può comportare gravi conseguenze che si ripercuotono sulla propria vita, v. Giulio Regeni e ora anche Patrik Zaky
Conosciamo molti di questi eroi, e anche quanto empiamente si è detto…”se la sono andata a cercare”
20“Io vi dico, infatti se la nostra giustizia – quella di Dio (non la giustizia umana) – non supererà quella degli scribi e dei farisei…”
Beati quelli che hanno ‘fame e sete di giustizia..
E’ la fame di quella giustizia che non è di questo mondo, ma quella che viene da Dio che sempre tende la mano al povero, all’orfano e alla vedova, a chi cerca salvezza , che non lascia certo affogare, che non fa parti uguali fra disuguali. Quella cui conformare il senso della nostra vita.
Considerando la legge, Gesù sembra aver detto: “non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.”
La legge giudaica è formalista e i giudei ritenevano importante e sufficiente essere fedeli osservanti. Gesù, pur operando all’interno della religione ebraica, vuole renderla più rispondente alla libertà dell’uomo che non può restare bloccato da una serie di norme da eseguire meccanicamente.
L’uomo non è chiamato tanto a “vivere” -obbedisco alla legge, mi sento a posto – quanto a “esistere”, che è qualcosa di più di vivere, ex-sistere, cioè venir fuori, uscire da un percorso rigido e prestabilito e sperimentare la libertà e una responsabilità creativa.
In un’epoca come la nostra, in cui soffriamo di una drammatica assenza di progettazione del proprio futuro, che ci rende tutti intimoriti di fronte alle tante perdite e ai tanti cambiamenti in atto e prevedibili: non c’è più una religione cui affidarmi né un’ideologia politica … e sempre più parliamo di intelligenza artificiale … abbiamo bisogno di una direzione, di una prospettiva, non calata dall’alto, ma cercata “insieme”. Un’ etica, mi sembra di poter dire, in cui è in gioco l’essere più che il fare, la consapevolezza del legame originario della nostra interiorità con l’universo, gli altri, il bene comune.