Tempo Ordinario A – 05 Domenica
In queste letture si affronta il tema della luce in funzione della testimonianza, cioè dell’impatto che il messaggio cristiano deve avere sulla società. Nella prima lettura il profeta prende lo spunto da una pratica rituale molto diffusa al suo tempo, il digiuno. In un contesto di grave ingiustizia sociale egli si domanda in che cosa consista il vero digiuno, quello cioè che piace a Dio. E risponde dicendo che esso consiste nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri e i senza tetto, nel vestire chi è nudo. E aggiunge che, per praticare il digiuno, i credenti dovranno non solo togliere di mezzo l’ingiustizia, ma anche stabilire un rapporto di solidarietà con chi soffre. Solo così diventeranno portatori di una luce capace di trasformare le strutture della vita sociale.
Nel vangelo lo stesso discorso viene ripreso mediante le metafore del sale della terra, della città sul monte e della lampada sul candelabro. Con queste immagini, Gesù non intende lanciare i suoi discepoli in un’opera di proselitismo a tappeto, come spesso si è pensato, ma vuole richiamarli alle loro responsabilità. L’essere discepoli di Gesù non significa chiudersi in se stessi, formando una società alternativa con le sue regole e le sue sicurezze, ma piuttosto implica la capacità di influire sulla vita di tutta la società. Il Vangelo è l’annunzio della buona notizia che riguarda la venuta del regno di Dio e in questa prospettiva propone dei valori che riguardano tutta la società. Si tratta sostanzialmente di valori umani dalla cui pratica dipende il benessere di tutti. Essi non possono venire imposti dall’esterno, ma devono essere scoperti e capiti da tutti. L’unico modo per farli apprezzare è dunque quello di praticarli, mostrandone così l’efficacia.
È quanto ha fatto Paolo a Corinto: in quella città egli non ha cercato di fare colpo con la sua dottrina o con miracoli, ma si è presentato semplicemente come discepolo del Crocifisso, con grande povertà e umiltà. Solo così ha potuto rendersi credibile e fondare una comunità di discepoli che non impongono ma propongono un nuovo modo di vita.
Una vera vita di fede non consiste primariamente nella difesa di una struttura ecclesiale, con tutti i suoi riti e le sue dottrine e neppure nella ricerca della salvezza della propria anima. Essa invece significa prendere a cuore il bene di questa umanità, in tutti i suoi aspetti. Impegnandosi per il bene comune si difende la Chiesa e si salva la propria anima.
Bellissime e stimolanti le letture di oggi che ci mettono di fronte alla nostra responsabilità di “discepoli” di Gesù, di annunciatori del Suo Regno, di portatori nel mondo della “luce” vera, del “sale” che dà sapore, vita e spalanca orizzonti, porte, nuove prospettive.
Ognuno nel suo ambito, nella sua situazione concreta, nella porzione di società in cui si trova a vivere è chiamato a questa “missione”: annunciare la Buona Novella di Gesù, portare la Sua Parola che libera, salva, guarisce, toglie inciampi e paure, rinnova e ricrea…..Giorno dopo giorno, con sapienza e perseveranza, rialzandoci, guardando con benevolenza le nostre fragilità e trovando nel nostro essere le risonanze che lo Spirito anima e ci dona senza riserve…..
Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere sulla nostra presenza nel mondo. Non solo come ci comportiamo con il vicino della porta accanto, ma in un continuo confronto con quanto si verifica nel mondo intero che sta cambiando, per capire che risposte sappiamo e possiamo dare per collaborare a una “buona politica”. Una politica tesa a un’economia di giustizia, a una teologia dell’accoglienza, a una più profonda e creativa qualità della partecipazione, a un desiderio mai sopito di relazione.
Uno dei passaggi più noti di Lettera a una professoressa di don Milani, dice:” Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia”. Spiega molto bene che cosa è l’indifferenza e che cosa è la compassione. Termine quest’ultimo che vorrei sostituire a testimonianza perché non dobbiamo tanto fare proseliti, ma condividere problemi e tendere al bene comune. Questo atteggiamento e orientamento del nostro pensiero non è un optional, ma un dovere morale.
Come possiamo aiutarci per divenire responsabili verso il nostro tempo? Capaci di ospitarlo nel nostro pensare e agire?
Cominciamo a confrontarci e arricchirci tra noi utilizzando gli strumenti che già abbiamo. Non c’è persona così impegnata da non poter elaborare una piccola riflessione nel corso di una settimana, e non c’è persona che con quella semplicità dello stare insieme – significato delle nostre messe – non abbia da comunicare un breve pensiero, emozione, interrogativo su quello che è il filo del pensiero che ci deve tenere uniti … io credo che tutte le parole non dette sono omissioni che compromettono la crescita dell’insieme, cioè la crescita di questo sito e quella di chi questo sito segue anche da lontano … un sito che come dice Matteo 5,15 può essere “una luce per tutti quelli che sono nella casa”.
Pensate che vivacità ci sarebbe in questa pagina se tutti ce ne sentissimo un po’ più responsabili e che testimonianza di fede nel bene comune, in un vivere democratico e partecipato. con presente ancora la speranza che insieme si può. Ho seguito con più intensità degli altri anni la settimana della memoria, e l’ho sofferta e di fronte al risorgere di tanto razzismo, antisemitismo, violenza ho capito ancora una volta che solo l’essere e il pensare insieme può risultare un’arma vincente.
“Non consiste forse [il digiuno che voglio] nel dividere il pane con l’affamato, <<<<<<<<<<<<<
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto “ ?
Queste parole di Isaia mi interpellano dal profondo del cuore.
Ieri, le testimonianze pervenute sulla giornata mondiale del volontariato ci confermano come solo l’ immensa ricchezza del cuore umano sia capace di ‘ricostruire’, salvare, proporre per un mondo nuovo. Il regno dei cieli cui tutti noi tendiamo.
Mentre ascoltavo, mi dicevo, ma cosa posso mai fare ormai io, con i miei limiti di età e oltre che di conoscenze. So bene di non sapere. Eppure, anche questa consapevolezza potrebbe essere un passo avanti; non fermarsi qui, non stancarsi di conoscere , di informarsi. E oggi fonti di informazioni anche a portata di mano non mancano davvero, proprio attraverso i media che questo mondo tanto stravolto come appare a noi più che anziani, sa proporci nei suoi vertiginosi cambiamenti: nel bene e nel male. Cogliere ogni possibilità dei cambiamenti in bene per crescere insieme e non lasciarsi prendere dalla paura distruttiva che chiude a ogni speranza. Vivere con responsabilità e consapevolezza, con l’attenzione al vero bene comune. Strada impegnativa e vivificante insieme che ci addita la Speranza?
Ne possiamo delegare e tanto meno confidare nelle leggi dello Stato, perché lo sappiamo, che pure se esisterebbero provvedimenti efficaci, in politica non vengono considerati. Non portano voti.
Come già don Milani, sempre in Lettera a una professoressa ( 1967), diceva: “NON C’E’ NULLA DI PIU’ INGIUSTO DI FAR PARTI UGUALI FRA DISUGUALI “
Solo noi – insieme – possiamo condividere in ogni occasione la nostra disposizione interiore, inclinazione al “bene comune”. Un modo di essere sale della terra?