Natale – 1) Messa della notte ABC
La gioia di una nascita
Nella messa della notte di Natale la liturgia mette in luce la gioia che accompagna la nascita di Gesù. La prima lettura mette in primo piano un’esperienza di gioia che può essere paragonata a quella di una vittoria sul nemico, di una liberazione da un potere oppressore e dalla tragedia della guerra. Tanta gioia è causata dalla nascita di un discendente di Davide il quale sarà dotato di un grande potere e avrà il compito di consolidare il trono del suo predecessore con il diritto e la giustizia. In questa profezia è molto forte il contrasto tra la grandezza di questo personaggio e al tempo stesso la sua piccolezza.
Nel brano del vangelo si narra la nascita di Gesù. L’evangelista descrive la cornice storica in cui questo evento ha avuto luogo. Ma sul fatto in se stesso non ha nulla da dire se non che Maria ha dato alla luce il suo figlio primogenito, lo ha avvolto in fasce e lo ha posto in una mangiatoia. Non si tratta dunque di un grande personaggio secondo i criteri umani, ma di un poveretto, figlio di una coppia di emarginati, che non hanno non dico una reggia ma neppure una casa decorosa in cui far nascere il loro figlio. In contrasto con questa situazione così miserevole l’evangelista racconta quanto è avvenuto al di fuori del posto in cui ha avuto luogo quella nascita. Si tratta di un angelo che appare a dei pastori, anch’essi emarginati, e annunzia loro una grande gioia perché è nato per loro un salvatore. Forse i pastori non pensavano neppure di aver bisogno di un salvatore. Ma secondo l’evangelista, essi hanno cominciato a rendersi conto che qualcosa sarebbe cambiato nella loro vita. E questo non poteva non essere causa di una grande gioia.
Nella seconda lettura è riportato un testo attribuito a Paolo nel quale si dice che la grazia di Dio si è manifestata in Gesù il quale porta una salvezza che consiste nel rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, giustizia e pietà nell’attesa del suo ritorno. Egli è il salvatore perché ha dato se stesso per liberarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro.
La gioia provocata dalla nascita di Gesù non è determinata da uno sfoggio di grandezza e di potere ma proprio dalla sua piccolezza. Dio ha fatto nascere il suo Figlio come un comune bambino e per di più povero ed emarginato. Dio non si trova nei palazzi dei re, nelle stanze del potere politico ed economico, nei laboratori della tecnologia. Al contrario si rende visibile nei poveri, nei diseredati, negli ultimi. Non siamo noi che dobbiamo salvare i poveri dalla loro miseria ma è Dio che ci salva per mezzo loro perché solo loro possono mettere in crisi il nostro egoismo, dal quale dipende la loro povertà.
La nascita di un Salvatore, annunziata dagli angeli ai pastori, era senz’altro un bella notizia, specialmente in tempi grami, come quello in cui lui è nato. Ma quale salvatore? Quale salvezza? I connazionali di Gesù si aspettavano qualcuno che li liberasse dal giogo dei romani e desse loro la dignità di nazione libera e indipendente. Ma questa salvezza lui non l’ha portata. Ha annunziato invece la venuta del regno di Dio, un regno di giustizia e di pace e, per illustrare il suo progetto, ha curato i malati, ha scacciato i demoni, ha perdonato i peccatori.
Ma il suo progetto di salvezza non ha dato i risultati che molti si aspettavano. Anzi i romani, che vedevano ribelli e sobillatori da ogni parte, l’hanno preso per un pericoloso arruffapopolo e l’hanno messo in croce. I suoi discepoli non si sono rassegnati e hanno creduto alla notizia di alcuni che lo avevano rivisto vivo e si sono convinti che presto sarebbe ritornato per instaurare questo meraviglioso regno di Dio. Ma sono passati alcuni decenni e lui non è ritornato. Allora hanno pensato che il regno di Dio non è una realtà di questo mondo e hanno affermato che egli regna con il Padre lassù in cielo dove, dopo la morte, lo avrebbero incontrato: per ora dovevano accontentarsi di vivere nella Chiesa, figura terrestre di questo regno.
Oggi la mentalità è cambiata e neppure questa soluzione appare convincente. Eppure lui è il Salvatore: su questo non ci piove. E allora forse la sua salvezza è un’altra cosa, sta a monte di tutte le salvezze che noi desideriamo. È la liberazione da noi stessi, dall’angoscia che ci assilla, ci chiude in noi stessi, ci impedisce di comunicare, di avere rapporti, di amare. Per darci questa salvezza è entrato lui stesso in rapporto con gli ultimi, i malati, i peccatori. Non ha avuto paura, neppure quando si è accorto di aver preso una strada pericolosa. E così facendo ha dato origine a un movimento di persone libere, capaci di rischiare la vita per i loro fratelli.
Purtroppo l’umanità spesso si dimentica di lui e cerca altri tipi di salvezza, anche quando a parole lo esalta. Ma la strada da lui indicata è l’unica che può dare un senso alla nostra vita. Quello che a molti può sembrare un fallimento è l’unica ancora di salvezza per un’umanità che rischia ogni giorno di soccombere ai giochi di potere degli imperi di questo mondo.
Sono convinto che l’aumento del benessere e dei consumi sia qualcosa di postivo. L’aspetto negativo è l’accumulo dei beni nelle mani di pochi a detrimento di tutti gli altri: la famosa forbice che non è solo tra Nord e Sud del pianeta, ma anche (e sempre più) tra cittadini di uno stesso paese. Non penso chiaramente all’accumulo di capitale che è necessario per la ricerca e per lo sviluppo tecnologico, ma al profitto del lavoro e della tecnologia che va a concentrarsi nelle mani di pochi, i quali poi se ne servono per ulteriori profitti in campo finanziario. Questo divario è una tragedia, non solo per quelli che sono privati dei necessari beni di consumo, ma anche per l’economia in genere che, secondo voci che sento in modo sempre più insistente, è rallentata proprio dalle disparità sociali ed economiche. Per questo io penso che si stia profilando per il nostro sistema economico una crisi, che io non auspico ma che vedo all’orizzonte. Sono perfettamente convinto che in se stessa una crisi, con tutte le sofferenze che comporta, non risolve nulla. Però credo che sia un ambito in cui un certo numero di persone (i cristiani o più in genere i credenti) trovino lo stimolo a impegnarsi per un mondo più fraterno e solidale.
Per fortuna in questo periodo liturgico Gesù torna tra noi, in terra, e di domenica in domenica possiamo meglio approfondire il suo messaggio. Messaggio che viene delineandoci che cosa dobbiamo intendere per regno di Dio: “un sogno”, certamente, cui possiamo solo tendere perché si avveri il più possibile. La strada l’abbiamo ormai più volte meditata, ma non bisogna stancarsi mai perché c’è sempre qualcosa che ci è sfuggito e che abbiamo lasciato nel sogno senza interpretarlo.
Il regno di Dio che dobbiamo realizzare, qui, tra noi, nella famiglia, nell’ascolto delle persone e delle vicende umane cambia anche con l’avanzare dei nostri anni. E così ogni Natale è diverso da quello precedente e ci chiede impegni nuovi. La consapevolezza ad esempio di essere entrati in una fase nuova della vita.
Adriano nell’incipit delle sue Memorie :” comincio a scorgere il profilo della mia morte” e allora vivere pienamente quello che ci è dato oggi: il silenzio che tanto scava dentro di noi, non disgiunto però dalla partecipazione di quanto accade intorno a noi nella famiglia, nel sociale, nel mondo e raccogliere tutto – ogni gioia, ogni dolore – perchè trovi in noi unità di pensiero e di comunicazione. Ogni Natale viene comunque a dirci che la vita è bella, che si può sempre ricominciare: si tratta solo di saper ogni volta scegliere la strada in cui ci è possibile camminare.