Tempo Ordinario B – 02. Domenica
Nella prima lettura si racconta la chiamata di un personaggio che ha assunto un ruolo molto importante nella storia di Israele. L’episodio è sintomatico. Samuele era stato offerto a Dio dalla madre per ringraziarlo di averle dato un figlio. Egli era ancora un ragazzino quando ha ricevuto l’incarico di custodire l’arca dell’alleanza. Quando nella notte sente qualcuno che lo chiama, per due volte pensa che sia il sommo sacerdote Eli. Alla terza, dietro suggerimento di Eli stesso, si rende conto che è Dio a chiamarlo e risponde con queste parole: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Ciò che colpisce è la prontezza con cui Samuele accetta l’invito del Signore il quale gli affiderà un compito molto importante a favore di tutto il popolo.
Anche nel vangelo si parla di una chiamata. Questa volta non è un sacerdote che fa da intermediario ma Giovanni Battista. Egli designa Gesù come «Agnello di Dio». Questo appellativo ha radici profonde nell’ebraismo e rappresenta, secondo l’evangelista, la designazione più adatta per esprimere la missione di Gesù. È un invito implicito che Giovanni il Battista fa a due suoi discepoli perché lo accolgano come il loro nuovo Maestro. Essi si mettono allora a seguire Gesù e gli chiedono dove abita. Ma quello che provoca la loro decisione di seguirlo sono le parole con cui Gesù li invita ad andare con lui e a vedere. L’evangelista non riferisce che cosa si siano detti in tutto il tempo che sono rimasti insieme, ma vuol far capire che è stata l’esperienza personale a convincerli che Gesù è veramente il Messia. Uno dei due, Andrea, incontra poi suo fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia» e lo conduce da Gesù. Questi si limita a guardarlo intensamente gli assegna un nuovo nome: Pietro. È questo il segno della missione che gli è conferita.
Nella seconda lettura si mette in luce il rapporto strettissimo che intercorre tra il discepolo e Gesù: il suo corpo è membro di Cristo e perciò anche tempio dello Spirito Santo. Formare un solo corpo con Gesù significa lasciarsi coinvolgere nella sua persona e nei suoi valori, nel suo modo di essere e di pensare. Ogni cristiano ha una vocazione che lo unisce intimamente a Gesù e al tempo stesso lo mette al servizio del suo corpo che è la chiesa, cioè la comunità dei credenti.
Ogni essere umano, anche se non ne è cosciente, porta con se una chiamata alla vita e all’amore. L’incontro con Gesù, se è autentico, rivela e approfondisce questa chiamata in forza della quale il discepolo si mette al suo seguito e al servizio dei fratelli. La chiamata può assumere diverse forme, ma in ogni caso porta ad assumere responsabilità specifiche al servizio della comunità. La scoperta della propria vocazione è un passo decisivo nella crescita di una persona, in quanto comporta la possibilità di dare un senso alla propria vita
Chiamati a una scelta personale
Sarebbe strano che Qualcuno, dandoci la vita, avesse un progetto per ciascuno di noi, lasciandoci poi il compito arduo e rischioso di scoprirlo e di attuarlo: in effetti nessuno di noi ha avuto come Samuele il privilegio di sentire una voce che lo chiamava. In realtà questo modo di concepire la vocazione si ispira a una visione chiaramente mitologica, in forza della quale in un passato non così remoto un bambino di undici anni, nel quale venivano riscontrati «segni di vocazione», era indirizzato al seminario e al sacerdozio, con rispettivi oneri e onori.
Per fortuna la società è cambiata e tutto ciò non è più che un ricordo del passato. Ma uscendo dalle strette dei seminari o delle case religiose, il concetto di vocazione ha assunto oggi un’importante dimensione psicologica e sociale. Infatti per ogni essere umano il marchio della maturità consiste nell’aver scoperto di essere al mondo non per caso ma per dare un contributo alla crescita di questa umanità. In quale campo ciò possa realizzarsi è tutto da scoprire, in base alle proprie attitudini, capacità, ambiente di ciascuno. Si tratta di una decisione non facile, dalla quale dipendono poi amicizie, collaborazioni, sentimenti e soprattutto la scelta di un/a compagno/a con cui condividere la propria vita.
Purtroppo l’elaborazione di un tale progetto non è facile. Fortunato chi trova nel suo ambiente, fra parenti o educatori, qualcuno che gli metta la pulce nell’orecchio: la felicità, per quanto è possibile in questo mondo, non consiste nei soldi, nel potere, nella carriera, ma nell’impegno per realizzare un mondo migliore.
Questa fortuna è toccata ai primi discepoli di Gesù, i quali hanno scoperto in lui l’agnello di Dio, cioè il combattente non violento per un mondo più giusto e solidale. Unendosi a lui e formando con lui un solo corpo, cioè una comunità di fratelli e sorelle, hanno sperimentato la bellezza dell’amore e del servizio. Per questo ancora oggi, negli scritti che ci hanno lasciato, ci indicano il ruolo insostituibile di questo straordinario Maestro.
1,35“Giovanni stava ancora lì… fissando lo sguardo su Gesù che passava”
Si può forse distogliere lo sguardo da Gesù, da quest’Uomo, definito “L’Agnello di Dio” con tutto quello che comporta questo appellativo(!), quando lo incontriamo passare nella nostra vita?