Tempo Ordinario C – 33. Domenica
La liturgia di questa domenica ci richiama a un sano realismo nei confronti del mondo in cui viviamo. Nella prima lettura, di fronte all’ingiustizia che predomina nella società, si prospetta un intervento di Dio che ristabilirà il giusto ordine. I malvagi saranno distrutti mentre per quelli che temono Dio sorgerà un sole di giustizia. È un messaggio di speranza che aiuta i buoni a non cedere alla disperazione e a operare per il bene, nonostante tutti gli ostacoli.
Nel brano del vangelo si rispecchia la situazione delle prime comunità cristiane, immerse in un mondo profondamente ingiusto e violento. In esse molti cristiani, influenzati dai discorsi dei predicatori apocalittici (i falsi profeti), pensavano che i mali della società in cui vivevano fossero il segno dell’imminente ritorno di Gesù e della fine del mondo. Attribuendo a Gesù lo stesso linguaggio apocalittico, l’evangelista li mette in guardia nei confronti di uno sterile catastrofismo. La fine del mondo verrà, ma questo non è ancora il momento stabilito da Dio. È vero che stanno capitando terribili cataclismi, guerra e rivoluzioni, unitamente alla venuta di falsi profeti e alla persecuzione dei cristiani. Ma tutto ciò fa parte della storia umana. È in questo mondo, così com’è, che i cristiani devono testimoniare i valori del Vangelo. Non serve evadere dalla realtà e rifugiarsi in un futuro meraviglioso quanto imprevedibile. Bisogna assumersi le proprie responsabilità e operare in questo mondo cercando di renderlo più umano e solidale.
Nella seconda lettura si dice in che modo possiamo migliorare questo mondo. Lo strumento a nostra disposizione è il lavoro. Ciascuno è invitato a lavorare con le proprie mani. Chi non lavora non mangi. In un momento in cui il lavoro sembra mancare e la disoccupazione aumenta, le parole attribuite a Paolo rappresentano un invito a non darsi per vinti e ad accettare anche i lavori più umili ma necessari per il bene della società. Al tempo stesso queste parole sono un appello agli imprenditori e al governo perché creino posti di lavoro anche quando non si intravede un profitto personale adeguato.
La fede ci dà un supplemento di coraggio e di lungimiranza per affrontare i problemi di questo mondo, con la disponibilità a pagare di persona perché il sole di giustizia, di cui parla la prima lettura, cominci a spendere già da oggi.
Se vogliamo “cambiare il mondo” il primo impegno è cercare di cambiare noi stessi e capire che, per cambiare, la prima regola è uscire da noi stessi, guardare l’altro, ascoltarlo, rispondergli, uscire dalla propria pigrizia, dalla convinzione di “non aver mai tempo”, di “non aver nulla da dire” … così il mondo certo non lo cambiamo … il mondo oggi non è più il nostro orticello, anche se grande e impegnativo, ci è chiesto di più. Oggi comunione, collaborazione, dialogo, “essere insieme”, sono termini imprescindibili per qualsiasi cambiamento: personale, sociale, storico, culturale. Aiutiamoci a leggere i segni dei tempi, la storia che stiamo vivendo e distribuiamoci calore e speranza … credo che questa sia la vera preghiera. Dobbiamo sostenerci l’un l’altro per non cadere di fronte ai tanti ostacoli, violenze, ingiustizie di cui il nostro paese e tutto il mondo è pieno. Valorizziamo quello che di bello possediamo: la possibilità di pensare insieme, di lavorare insieme, di comunicare per davvero … solo così saremo capaci di proseguire con coraggio e con quella serenità di fondo giusta e necessaria, che non evade i problemi, che non assume stonati atteggiamenti ottimistici , ma li affronta con responsabilità.