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Tempo Ordinario B – 27. Domenica

La coppia di fronte al Vangelo

Le letture di questa domenica propongono il tema del matrimonio e della famiglia. Nella prima lettura viene riportato il racconto della creazione della donna. Contrariamente a quanto può sembrare, il testo non insegna l’inferiorità della donna rispetto all’uomo, ma piuttosto la «specularità», cioè la sua complementarietà nei confronti dell’uomo. Ambedue derivano da un essere primordiale, Adamo, che viene come sdoppiato: la donna non è tratta da una sua costola ma dal suo fianco. Perciò uomo e donna tendono a ritrovare, mediante la loro unione, l’unità originaria.

Per quanto riguarda il brano del vangelo, bisogna evitare di interpretarlo come se Gesù promulgasse una legge più severa di quella sostenuta dai farisei. Gesù non si presenta mai come un legislatore, ma come colui che inaugura il regno di Dio, guarendo i mali dell’umanità e invitando tutti seguirlo in questo progetto di salvezza. In questa prospettiva egli rifiuta la consuetudine del ripudio, che umiliava la donna e la rendeva succube dell’uomo. Per contestarla Gesù si rifà al piano di Dio enunziato nella Genesi e prospetta il grande ideale di un’unione tra i coniugi che è basata sull’amore ed è causa di felicità. Per lui l’indissolubilità di questo legame non è una legge catenaccio ma un ideale a cui tendere e per la quale investire tempo, affetti, dialogo, partecipazione. Dal contesto in cui l’evangelista pone l’insegnamento di Gesù risulta che il successo della coppia deriva dal fatto che i due partner si incontrano in un progetto comune, quello cioè di operare insieme in vista del regno di Dio, cioè per un mondo migliore in cui predomina l’amore e la solidarietà.

La seconda lettura può essere letta facilmente nel contesto delle altre due. In essa Gesù viene presentato come colui che è diventato, per mezzo della sua sofferenza, l’uomo perfetto che guida i suoi fratelli alla perfezione. La sofferenza di cui si parla in questo brano non è imposta e neppure voluta da Dio ma è una conseguenza necessaria dell’impegno per il regno di Dio.

Da queste letture risulta che l’indissolubilità della coppia non è una legge ma una possibilità che è offerta ai credenti. Essi la possono ottenere solo se fanno proprio il progetto di Gesù: questo significa cercare insieme la propria felicità come parte di un bene più grande, che riguarda tutta l’umanità. A tale scopo i coniugi devono mettere nel conto non solo gioie e soddisfazioni, ma anche tante sofferenze che provengono dall’impegno comune per gli altri. La comunità cristiana dovrebbe dare un sostegno alle coppie attraverso la comunione fraterna, senza imporre regole che derivano non dal vangelo ma da consuetudini del passato.

I “matrimoni” omosessuali

Il tema del matrimonio omosessuale è uno di quelli che condizionano in profondità i rapporti tra Chiesa e cultura moderna. Dietro le rispettive posizioni vi sono due modi di concepire la sessualità: per la chiesa il suo esercizio è permesso solo in vista della procreazione; per la cultura moderna invece fa parte del diritto fondamentale della persona alla libertà e alla ricerca della propria felicità, nel rispetto dello stesso diritto che compete a qualsiasi altro essere umano. Le due concezioni della sessualità devono rispettarsi a vicenda e dialogare tra di loro, come è già avvenuto a partire dal Concilio Vaticano II. L’autorità ecclesiastica non ha il diritto di permettere o proibire agli Stati di prendere posizione circa le unioni omosessuali e di usare per esse il termine «matrimonio». I singoli credenti invece possono influenzare le decisioni civili in forza non della propria appartenenza religiosa ma delle proprie convinzioni, usando tutti i mezzi che le moderne democrazie consentono loro. Bisogna però tener conto che anche nella Chiesa si confrontano punti di vista diversi e quindi deve essere permesso un dibattito aperto, sia tra i teologi che tra la gente comune, senza censure o sanzioni, su tutti gli aspetti del problema, ben sapendo quanto la cultura in cui si è sviluppato il cristianesimo abbia influito sulle posizioni ufficiali. Alla fine si dovranno prendere delle decisioni, ma questo deve avvenire all’interno degli organi collegiali della Chiesa (concilio, sinodo) che sono tali solo se in essi sono rappresentati in uguale misura chierici e laici, uomini e donne, scelti in modo democratico.

Tempo Ordinario B – 02. Domenica

La vocazione

Nella prima lettura si racconta la chiamata di un personaggio che ha assunto un ruolo molto importante nella storia di Israele. L’episodio è sintomatico. Samuele era stato offerto a Dio dalla madre per ringraziarlo di averle dato un figlio. Egli era ancora un ragazzino quando ha ricevuto l’incarico di custodire l’arca dell’alleanza. Quando nella notte sente qualcuno che lo chiama, per due volte pensa che sia il sommo sacerdote Eli. Alla terza, dietro suggerimento di Eli stesso, si rende conto che è Dio a chiamarlo e risponde con queste parole: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Ciò che colpisce è la prontezza con cui Samuele accetta l’invito del Signore il quale gli affiderà un compito molto importante a favore di tutto il popolo.

Anche nel vangelo si parla di una chiamata. Questa volta non è un sacerdote che fa da intermediario ma Giovanni Battista. Egli designa Gesù come «Agnello di Dio». Questo appellativo ha radici profonde nell’ebraismo e rappresenta, secondo l’evangelista, la designazione più adatta per esprimere la missione di Gesù. È un invito implicito che Giovanni il Battista fa a due suoi discepoli perché lo accolgano come il loro nuovo Maestro. Essi si mettono allora a seguire Gesù e gli chiedono dove abita. Ma quello che provoca la loro decisione di seguirlo sono le parole con cui Gesù li invita ad andare con lui e a vedere. L’evangelista non riferisce che cosa si siano detti in tutto il tempo che sono rimasti insieme, ma vuol far capire che è stata l’esperienza personale a convincerli che Gesù è veramente il Messia. Uno dei due, Andrea, incontra poi suo fratello Simone e gli dice: «Abbiamo trovato il Messia» e lo conduce da Gesù. Questi si limita a guardarlo intensamente gli assegna un nuovo nome: Pietro. È questo il segno della missione che gli è conferita. 

Nella seconda lettura si mette in luce il rapporto strettissimo che intercorre tra il discepolo e Gesù: il suo corpo è membro di Cristo e perciò anche tempio dello Spirito Santo. Formare un solo corpo con Gesù significa lasciarsi coinvolgere nella sua persona e nei suoi valori, nel suo modo di essere e di pensare. Ogni cristiano ha una vocazione che lo unisce intimamente a Gesù e al tempo stesso lo mette al servizio del suo corpo che è la chiesa, cioè la comunità dei credenti.  

Ogni essere umano, anche se non ne è cosciente, porta con se una chiamata alla vita e all’amore. L’incontro con Gesù, se è autentico, rivela e approfondisce questa chiamata in forza della quale il discepolo si mette al suo seguito e al servizio dei fratelli. La chiamata può assumere diverse forme, ma in ogni caso porta ad assumere responsabilità specifiche al servizio della comunità. La scoperta della propria vocazione è un passo decisivo nella crescita di una persona, in quanto comporta la possibilità di dare un senso alla propria vita