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Pentecoste B

La ricerca spirituale

La festa di Pentecoste mette in luce un tema spesso trascurato dai cristiani: la spiritualità. Luca ne parla negli Atti degli apostoli dove descrive in modo narrativo la venuta dello Spirito sui discepoli di Gesù proprio nel giorno in cui gli ebrei celebrano la festa di Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua. Per comporre il suo racconto egli si serve delle metafore che nell’ambiente giudaico erano tradizionalmente collegate alla festa di Pentecoste, cioè la manifestazione di Dio (teofania) sul Sinai e il dono della sua Legge. Anche Luca immagina il terremoto, il fragore del tuono, il fuoco, ma dà a tutta la scena un nuovo significato: ciò che è comunicato però non è più una legge che impone un certo comportamento, ma lo Spirito, che agisce nei cuori e fa comprendere e vivere sempre più in profondità il messaggio di Gesù. Ricevendo lo Spirito i discepoli parlano lingue diverse, rendendo così comprensibile il messaggio di Gesù a gente di lingua e cultura diverse. Gesù è per tutti un Maestro di spiritualità. La ricerca spirituale è l’unica capace di abbattere i muri che separano gli umani. 

Nel suo Vangelo Giovanni riferisce che Gesù, durante l’ultima cena, ha detto ai suoi discepoli di non poter comunicare a loro tutto quanto avrebbe voluto dire perché essi non erano ancora in grado di capire; ma lo Spirito avrebbe fatto comprendere loro tutta la verità. Questa verità, da scoprire sotto la guida dello Spirito, non consiste in concetti astratti o in norme morali, ma nella percezione personale del suo insegnamento nelle situazioni di vita in cui ciascuno si trova. Secondo Giovanni Gesù non ha aspettato la Pentecoste per conferire lo Spirito ai suoi discepoli ma lo ha fatto nel momento stesso in cui è apparso loro dopo la sua risurrezione. Naturalmente si tratta di immagini diverse per esprimere la stessa esigenza di un’esperienza spirituale a cui deve condurre l’insegnamento di Gesù. Tutta la Chiesa dovrà dunque portare avanti questa ricerca, l’unica che le permetterà di comprendere sempre più in profondità e di comunicare alle nuove generazioni il messaggio di Gesù.

Nella seconda lettura Paolo mette il dito sulla piaga di un mondo corrotto e violento e fa una constatazione che ancora oggi non abbiamo del tutto assimilato: non è la legge che può trasformare questa società ma lo Spirito. Solo una esperienza spirituale vissuta dà a ciascuno la possibilità di correggere gli aspetti negativi della propria personalità per rendere possibile un’esperienza di amore nel servizio degli altri.

Spesso ciò che la gente percepisce nelle funzioni religiose non è una ricerca spirituale ma concetti e comandamenti da accettare per fede e soprattutto l’immagine di un Dio che bisogna pregare per ottenere determinati benefici. Questo è il motivo che spinge molte persone di buona volontà ad abbandonare la pratica religiosa. Solo riproponendo il Vangelo di Gesù come chiamata a una ricerca spirituale personale e comunitaria la Chiesa potrà aiutare le persone a scoprire il senso della propria vita e a operare efficacemente per il bene di tutta la società.

Tempo Ordinario A – 14. Domenica

La scelta della non violenza

La liturgia di questa domenica mette in luce il tema della mitezza, intesa come non violenza. Nella prima lettura il profeta Zaccaria parla del futuro Messia, cioè del re che, secondo le attese dei giudei, sarà inviato da Dio negli ultimi tempi per instaurare il suo regno. Egli è presentato come un re giusto e umile, cioè mite, non violento. In quanto tale, egli è anche vittorioso nei confronti dei poteri che dominano questo mondo. Entra nella sua città cavalcando un umile asinello. Egli farà scomparire la guerra e instaurerà un’epoca di pace. Il futuro Messia annunzierà un Dio che, secondo il Salmo responsoriale, è misericordioso e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore, buono verso tutti, dotato di una tenerezza che si espande su tutte le creature. Solo in forza di questi attributi di Dio l’attesa del suo regno è fonte di speranza.

Il brano del vangelo mostra come l’annunzio profetico sia stato interpretato da Gesù. Egli dice anzitutto che Dio si rivela ai piccoli, cioè ai poveri, agli emarginati, cioè a coloro che non hanno meriti da presentare. Gesù si presenta come colui che rivela questo Dio perché è in un rapporto profondo e personale con lui. Perciò lui solo è capace di dare ristoro a tutti coloro che sono affaticati e oppressi. E invita tutti a imparare da lui, che è mite e umile di cuore: solo così troveranno ristoro per le loro anime. Con queste parole Gesù trasforma radicalmente la nostra immagine di Dio. Dio non è più quello che dà ordini e punisce i trasgressori, ma colui che accoglie tutti e li trasforma con il suo amore.

Nella seconda lettura Paolo afferma che Dio non ci fa violenza esigendo da noi prestazioni che, come creature limitate, non saremo mai capaci di dargli. Dio ci ha dato il suo Spirito in forza del quale non siamo più sotto il dominio della carne. Ciò significa che non tocca a noi diventare buoni e santi. È Dio che ci trasforma nel nostro intimo per mezzo del suo Spirito, che è anche lo Spirito di Gesù.

Queste letture possono dare un grande conforto a chi si trova in situazioni difficili e dolorose. Ma possono generare anche un senso di rifiuto nei confronti di un Dio che non interviene per liberare proprio quei piccoli, poveri e oppressi che sono oggetto del suo amore. Se invece partiamo dalla premessa che Dio è un mistero insondabile, allora si comprende che le letture non ci parlano di Dio ma di noi stessi e ci dicono che la non violenza è l’unico mezzo efficace per attuare un mondo migliore. È un’indicazione di rotta che ci riguarda come individui e come società. Solo mettendoci su questa lunghezza d’onda possiamo incontrare il vero Dio e non il dio che ci siamo creati a nostra immagine e somiglianza. 

Santissima Trinità A

L’incontro con il Dio inconoscibile

Nel primo concilio di Nicea, che ha avuto luogo nel 325, è stata formulata la dottrina secondo cui Dio è unico quanto a natura ma in lui ci sono due persone, il Padre, il Figlio; successivamente è stata aggiunta una terza persona, lo Spirito santo. Questa dottrina ha consentito il superamento delle divergenze allora presenti nel movimento cristiano. Con il tempo però è diventato una formula che, proprio perché è continuamente ripetuta, non suggerisce più nulla ai cristiani ordinari. È dunque importante riscoprire l’origine biblica di questa dottrina e i riflessi che ha nella vita spirituale dei credenti.

Nella prima lettura è riportato il nucleo centrale del messaggio biblico, secondo il quale il mondo trae origine da una Realtà superiore, chiamata YHWH, che l’ha voluto e l’ha realizzato attraverso un’evoluzione che è durata miliardi di anni. Questo Dio è misericordioso, non tanto perché perdona il peccato di chi si pente, ma perché accetta tutte le creature che da lui hanno origine, nonostante tutti i loro limiti e le loro miserie, e dà loro armonia e finalità. È per questa sua misericordia che Dio ha ricevuto l’appellativo di Padre.

Nel brano del vangelo la paternità di Dio viene espressa come un immenso amore che si manifesta in massimo grado nella persona umana di Gesù. In quanto atto supremo di amore, il suo essere innalzato sulla croce appare come una gloria e non come un’umiliazione. Egli diventa così Maestro e ispiratore di chi si apre al suo messaggio. Ogni essere umano è equipaggiato per fare l’esperienza di Dio. Senza questa possibilità non potremmo vivere. Esistono però uomini che hanno percepito il divino in un modo speciale e sono diventati le guide spirituali dell’umanità. Gesù è uno di questi. Per i suoi discepoli è lui in sommo grado il Rivelatore del Padre. In lui essi hanno visto un riflesso speciale del Dio nascosto, il volto umano di Dio.

Nella seconda lettura, Paolo invita i cristiani a praticare l’amore vicendevole. Poi esprime i suoi saluti mediante una formula trinitaria in cui il Padre viene visto come fonte dell’amore e il Figlio come colui che ci ha donato la grazia di Dio; al terzo posto viene evocato lo Spirito come garante della comunione, cioè del legame profondo che unisce i credenti fra loro e con Dio. In altre parole il Dio nascosto si è manifestata in Gesù di Nazaret e agisce mediante lo Spirito da lui elargito nel cuore di chi crede in lui.

La Trinità è una formula che è stata imposta spesso con metodi violenti e intolleranti. Oggi è importante che non sia più ripetuta mnemonicamente ma aiuti a comprendere il mistero di un Dio nascosto che si rivela come Padre mediante il suo Figlio Gesù Cristo e muove come soffio vitale persone e cose perché evolvano verso quella pienezza che egli ha assegnato loro come scopo della sua creazione.