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Tempo Ordinario B – 29. Domenica

Autorità e potere

La liturgia di questa domenica propone alla riflessione il tema dell’uso corretto del potere. Nella prima lettura si riporta un passo dei famosi carmi del Servo del Signore. Per capire queste frasi, tirate fuori dal loro contesto, bisogna ricordare che questo Servo era un personaggio importante, che aveva avuto il compito di preparare i giudei esuli in Babilonia al ritorno nella terra promessa. Per fare ciò egli ha dovuto affrontare una situazione di lacerazione interna per creare fra gli esuli un rapporto di comunione. Ci è riuscito, in quanto ha visto una discendenza, cioè ha potuto rendere giusti coloro a cui si rivolgeva. Ma ha dovuto pagare un prezzo molto alto, subendo incomprensioni e violenze che lo hanno portato alla morte. Egli è l’esempio di un governo ispirato alla non violenza e al servizio.

È proprio questa modalità di governo quella a cui Gesù si è ispirato e ha proposto ai suoi discepoli. Anche fra loro c’erano ambizioni e desiderio di potere. Due di loro vorrebbero occupare i primi posti accanto a lui. Lo immaginano come a un re che sconfigge i suoi nemici. Cedono quindi alla tentazione di carrierismo. Ma Gesù mette in luce che il destino che lo attende non è la gloria terrena ma la sofferenza e la morte e propone loro di seguirlo in questo cammino, lasciando da parte ogni ambizione umana. Poi mette in guardia sia i discepoli che tutti coloro che saranno investiti di compiti di governo nella Chiesa dalla tentazione di imitare i potenti di questo mondo. Costoro «dominano» sui loro sudditi, cioè impongono il loro volere e li sfruttano. Gesù invece propone ai suoi discepoli il suo esempio, che consiste nel servire la comunità e tutti i suoi membri perché raggiungano la salvezza. Questo significa sostanzialmente creare rapporti nuovi, ispirati alla solidarietà e all’amore.

Nella seconda lettura Gesù viene proclamato simbolicamente come sommo sacerdote in quanto è dotato di una caratteristica specifica: non solo è dalla parte di Dio ma anche da quella del popolo. E lo dimostra assumendo la nostre debolezze, cioè facendosi solidale con noi. Il vero governo della Chiesa si basa su questa solidarietà con i poveri e gli umili, non su manifestazioni di potere o imposizione di verità astratte.

Viviamo in un mondo in cui, pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell’amministrazione della cosa pubblica, si consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come credenti noi dobbiamo riscoprire nella Chiesa l’esercizio dell’autorità come mezzo per affermare la dignità e la libertà di tutti i suoi membri. Solo così potremo aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell’uomo.

Tempo Ordinario B – 28. Domenica

Povertà e ricchezza

La liturgia di questa domenica richiama l’attenzione sull’uso corretto dei beni di questo mondo. La prima lettura suggerisce anzitutto il ricorso alla saggezza, una virtù che, in senso biblico, consiste nel guardare le persone, le cose e le vicende della vita da un punto di vista superiore, che è quello dei grandi valori della giustizia, della solidarietà, dell’amore.

Nel brano del vangelo si racconta di un uomo che chiede a Gesù che cosa deve fare per ottenere la vita eterna. Gesù gli indica come percorso imprescindibile l’osservanza dei comandamenti. Essi proibiscono alcune scelte sbagliate, che ciascuno deve evitare. È la legge di Dio ma anche la legge della coscienza. L’uomo che si è rivolto a Gesù afferma di averli osservati fin dalla sua giovinezza. Gesù riconosce e apprezza il suo comportamento. Ma mostra che ciò non è sufficiente. Ci vuole qualcosa di più, cioè una meta, un ideale da perseguire, che Gesù indica con il nome di regno di Dio. Perciò gli propone di seguirlo, di mettersi alla sua scuola. Ma come gesto previo gli chiede la rinunzia a tutti i suoi beni. Preso alla lettera, quello che Gesù esige è impraticabile. Gesù si esprime in modo iperbolico: per seguirlo bisogna da una parte rinunziare all’ingordigia nei confronti dei beni materiali e, dall’altra, impegnarsi perché tutti abbiano ciò che a loro compete in un contesto di vera fraternità. L’uomo non si sente di seguire Gesù su questa strada e si allontana triste. Gesù allora afferma che il ricco non può entrare nel regno di Dio. Ma anche al ricco offre una chance, che consiste nella capacità di condividere quello che ha. E infine mostra che rinunziando ai propri beni uno riceve il centuplo già in questa vita, cioè ottiene qualcosa di molto più grande, che consiste nella gioia della vera fraternità.

La seconda lettura mette in primo piano l’efficacia della parola di Dio. È solo mediante il riferimento al lieto annunzio del vangelo che impariamo a comprendere la relatività di tutte le cose di questo mondo e a mettere al primo posto i valori fondamentali della giustizia e dell’amore.

Anche se non siamo ricchi secondo i parametri della nostra società, noi non siamo fra coloro che hanno venduto i propri beni e hanno distribuito il ricavato ai poveri. Gesù non ci condanna per questo, ma indica anche a noi una strada più esigente. Ciò che è necessario anzitutto è riconoscerlo come nostro maestro e mettersi alla sua scuola. E poi iniziare un cammino di austerità e di condivisione. Dobbiamo comprendere che c’è una povertà che deve essere combattuta e una povertà che deve essere abbracciata perché tutti abbiano ciò che compete loro. In fondo un passo indietro ci viene richiesto anche dalla situazione attuale, caratterizzata da povertà, pandemie, cambiamenti climatici. Ci sono tanti modi per liberarsi dei beni inutili: pagare le tasse, lasciare i propri beni ai figli, andare ad abitare in una casa più piccola, accogliere una famiglia di immigrati, magari nella nostra seconda casa, aderire a qualche associazione di volontariato, aiutare economicamente iniziative caritatevoli. Ma soprattutto dobbiamo batterci per un mondo migliore, in cui tutti siano riconosciuti come persone, abbiano un lavoro e godano di una vera solidarietà. Così facendo possiamo ottenere anche noi il centuplo già in questa vita.

Tempo Ordinario B – 27. Domenica

La coppia di fronte al Vangelo

Le letture di questa domenica propongono il tema del matrimonio e della famiglia. Nella prima lettura viene riportato il racconto della creazione della donna. Contrariamente a quanto può sembrare, il testo non insegna l’inferiorità della donna rispetto all’uomo, ma piuttosto la «specularità», cioè la sua complementarietà nei confronti dell’uomo. Ambedue derivano da un essere primordiale, Adamo, che viene come sdoppiato: la donna non è tratta da una sua costola ma dal suo fianco. Perciò uomo e donna tendono a ritrovare, mediante la loro unione, l’unità originaria.

Per quanto riguarda il brano del vangelo, bisogna evitare di interpretarlo come se Gesù promulgasse una legge più severa di quella sostenuta dai farisei. Gesù non si presenta mai come un legislatore, ma come colui che inaugura il regno di Dio, guarendo i mali dell’umanità e invitando tutti seguirlo in questo progetto di salvezza. In questa prospettiva egli rifiuta la consuetudine del ripudio, che umiliava la donna e la rendeva succube dell’uomo. Per contestarla Gesù si rifà al piano di Dio enunziato nella Genesi e prospetta il grande ideale di un’unione tra i coniugi che è basata sull’amore ed è causa di felicità. Per lui l’indissolubilità di questo legame non è una legge catenaccio ma un ideale a cui tendere e per la quale investire tempo, affetti, dialogo, partecipazione. Dal contesto in cui l’evangelista pone l’insegnamento di Gesù risulta che il successo della coppia deriva dal fatto che i due partner si incontrano in un progetto comune, quello cioè di operare insieme in vista del regno di Dio, cioè per un mondo migliore in cui predomina l’amore e la solidarietà.

La seconda lettura può essere letta facilmente nel contesto delle altre due. In essa Gesù viene presentato come colui che è diventato, per mezzo della sua sofferenza, l’uomo perfetto che guida i suoi fratelli alla perfezione. La sofferenza di cui si parla in questo brano non è imposta e neppure voluta da Dio ma è una conseguenza necessaria dell’impegno per il regno di Dio.

Da queste letture risulta che l’indissolubilità della coppia non è una legge ma una possibilità che è offerta ai credenti. Essi la possono ottenere solo se fanno proprio il progetto di Gesù: questo significa cercare insieme la propria felicità come parte di un bene più grande, che riguarda tutta l’umanità. A tale scopo i coniugi devono mettere nel conto non solo gioie e soddisfazioni, ma anche tante sofferenze che provengono dall’impegno comune per gli altri. La comunità cristiana dovrebbe dare un sostegno alle coppie attraverso la comunione fraterna, senza imporre regole che derivano non dal vangelo ma da consuetudini del passato.