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Assunzione di Maria

Maria, figura e madre della Chiesa

Nel Nuovo Testamento non si parla dell’assunzione di Maria in cielo. È questa una pia credenza che si è fatta strada per esprimere la piena solidarietà di Maria con il suo figlio Gesù. Il tema delle letture è quello di Maria, madre di Gesù, figura e madre della Chiesa. Nella prima lettura si presenta una grandiosa scena simbolica. In essa la donna che genera il figlio è Maria, ma è anche la Chiesa che è il corpo di Gesù e continua a generarlo in questo mondo.

Nel vangelo è Maria stessa che, nella preghiera a lei attribuita, esprime la sua fede. Maria crede in un Dio che ha fatto delle promesse che consistono nella venuta di quello che Gesù ha chiamato Regno di Dio, cioè un mondo di pace e di giustizia. Per questo afferma che Dio ha disperso i ricchi e i superbi e ha esaltato gli umili. Maria ne parla come di un progetto che si sta realizzando già ora, con la prossima nascita del suo figlio, e indica in se stessa la testimone di quanto sta avvenendo. Certamente Maria non pensa a un cambio di ruoli, alla sostituzione cioè degli attuali ricchi con quelli che ora sono poveri e viceversa. Cambierebbero i protagonisti, ma la situazione sarebbe la stessa. Maria invece dice che beati non sono i ricchi ma neppure i poveri, bensì quelli che hanno fede in un mondo migliore e sanno impegnarsi perché esso si realizzi.

Nella seconda lettura si parla di Cristo che un giorno, dopo aver sottomesso tutte le potenze del male, vincerà anche la morte e così potrà consegnare il regno al suo Padre celeste. Per la sua fede Maria già durante la vita ha vinto la morte ed è l’esempio di quanti, lottando per la vita degli altri, sono già loro stessi dei risuscitati.

Maria è la madre di Gesù e al tempo stesso la madre e l’immagine della Chiesa. Per Chiesa non intendo in primo luogo la gerarchia, con i suoi riti, i suoi dogmi, le sue strutture, ma la comunità dei credenti. È solo la comunità che fa nascere e crescere il Cristo nel cuore delle persone. In essa si esprime la certezza che il male non avrà il sopravvento. Maria non cerca persone devote che la preghino, magari aspettandosi favori, ma è vicina a quanti, come lei, si impegnano per un mondo migliore.

Tempo Ordinario B – 12. Domenica

La difesa dell’ambiente

Le letture di questa domenica ci offrono lo spunto per riflettere su un tema molto attuale, quello della difesa dell’ambiente. Nella prima lettura è Dio stesso che, parlando in mezzo all’uragano, dice a Giobbe: Sono io che ho dominato le acque del mare e ho fissato loro un limite. Queste parole si capiscono ricordando che gli abissi del mare sono visti nella Bibbia come la sede dei grandi animali, dei draghi mostruosi che sono considerati come simbolo dei poteri avversi a Dio. Nei loro confronti Dio ingaggia dunque uno scontro nel quale risulta vincitore. In termini mitologici si afferma che Dio è il creatore e il garante dell’armonia del cosmo.

Il brano del vangelo riprende a modo suo questo tema. Gesù sta attraversando il lago di Tiberiade per entrare in una regione abitata da gentili che, secondo la mentalità giudaica, sono facile preda delle potenze del male. Gesù sta per entrare nel loro territorio, il loro potere è in pericolo. In chiave nuovamente mitologica l’evangelista vuole dire che le potenze del male sconquassano non solo il mare ma anche tutto l’universo, in contrasto con un potere opposto, quello del bene comune di tutta l’umanità, rappresentata da Gesù. Questo scontro si verifica prima che nel cosmo nel cuore degli uomini. I discepoli sono terrorizzati e chiedono a Gesù di intervenire. Gesù lo fa rivolgendosi al mare come prima si era rivolto agli indemoniati. Anche alle potenze diaboliche che risiedono nei mari Gesù dice: «Taci, calmati!». E poi rimprovera i discepoli perché hanno avuto paura: a loro manca ancora la fede. Solo con la fede nei valori supremi della vita, che Gesù ha predicato fino alla morte, si vince il potere del male.

Nella seconda lettura Paolo afferma che Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Il peccato consiste nel «vivere per se stessi», cioè nel mettere al primo posto i propri interessi a scapito del bene comune. Gesù vince il peccato accettando con coraggio la sua morte in favore di tutti.

L’ingordigia umana ha messo in atto uno sfruttamento diffuso dell’ambiene e con esso anche di quelli che lo abitano. Cosmo e persone si integrano a vicenda. Di fronte a tanti soprusi noi taciamo perché abbiamo paura di perdere i nostri privilegi, il nostro benessere. Oggi l’esigenza di tutelare la casa comune si fa sempre più forte e imprescindibile. Gesù ci insegna che solo con la fede nella vita , nell’umanità e in ultima analisi in Dio Padre e nel suo regno, si vincono le potenze del male che dominano in questo mondo e provocano violenze e disastri. È una lotta cosmica che però inizia nei nostri cuori.

Tempo Ordinario B – 11. Domenica

La speranza cristiana

Il tema di questa domenica è quello della speranza. Ciò appare subito dalla prima lettura. Il ramoscello che è prelevato dal grande albero ed è piantato sul monte di Israele rappresenta gli esuli che si trovano in Babilonia: il profeta annunzia loro che un giorno ritorneranno e si ricostituiranno come popolo nella loro terra. L’oracolo contiene anche la speranza in una figura di re fedele mediante il quale Dio farà rivivere il suo popolo. Gli uccelli del cielo che si riparano all’ombra dei suoi rami sono le nazioni che un giorno si uniranno a Israele per costituire insieme un’umanità nuova. Tutto ciò è attribuito alla potenza di Dio «che umilia l’albero alto e innalza l’albero basso».

Anche le due parabole di Gesù riportate da Marco sono un richiamo alla speranza. Il seme viene gettato nel terreno e sembra che scompaia, che muoia o magari che sia mangiato dagli uccelli. L’impressione è quella di uno spreco, mentre la gente ha un bisogno immediato di alimentazione. Per di più il contadino non può farci nulla, non può garantire che il seme cresca e dia il raccolto sperato. Non può far altro che attendere e sperare. Ma nel frattempo il seme cresce e produce spighe piene di chicchi che egli raccoglie con soddisfazione. La stessa cosa capita per il granello di senape che, nonostante la sua piccolezza, produce un grande albero, unicamente per la forza che ha in sé. Ciò avviene perché così operano le leggi della natura. Il contadino sa come andranno le cose. Non si lascia condizionare dalle apparenze. Con queste due parabole Gesù vuole dire che il regno di Dio fa la sua strada, anche se non con le modalità che vorremmo noi.

Nella seconda lettura la speranza è proiettata verso un’altra vita che ci sarà data dopo la morte. Ma questa nuova vita comincia già quaggiù, se noi ci sforziamo di essere graditi al Signore, cioè di vivere secondo gli ideali da lui proposti nel vangelo.

La fede in un Dio che è padre di tutti porta con sé la speranza in un mondo migliore, verso il quale tende la storia umana. I segni di questo mondo nuovo ci sono, ma spesso non li sappiamo vedere perché ci aspettiamo solo un progresso materiale a nostro vantaggio, non importa se gli altri ne sono esclusi. Invece ciò di cui abbiamo bisogno per essere felici è un mondo più giusto e solidale, in cui tutti sono fratelli. Se siamo disposti, come il contadino che getta il seme nel terreno, a sacrificare qualche cosa perché questo mondo nuovo si realizzi, allora ci renderemo conto che le cose cambiano per il meglio, anche se non con i ritmi che ci aspetteremmo.