Tag: Messia

Battesimo del Signore B

La sfida del battesimo

La liturgia ricorda il battesimo di Gesù come una seconda epifania, cioè un momento speciale in cui egli si è manifestato al mondo. Con questa festa terminano le celebrazioni natalizie e inizia il tempo ordinario, in cui la liturgia propone la lettura del vangelo di Marco (anno B). È questa un’occasione preziosa in cui siamo invitati a riflettere sul nostro battesimo in quanto modellato sul battesimo di Gesù.

La prima lettura è rivolta ai giudei esuli a Babilonia che ormai intravedevano la liberazione e il ritorno nella terra promessa. Il profeta, i cui oracoli sono riportati nella seconda parte del libro di Isaia, intende dare loro un’ulteriore garanzia circa la realizzazione del progetto di Dio. Egli sta per fare con il popolo rinnovato un’alleanza eterna perché sia il testimone di una salvezza che dovrà estendersi a tutti i popoli. Ma il profeta sottolinea anche che essi devono collaborare con l’azione divina. Ciò significa nutrirsi metaforicamente del cibo che egli dà loro: in altre parole, essi devono cercare il Signore, fidarsi di lui e abbandonare i propri interessi personali per adottare i pensieri del Signore.

Nel brano del vangelo si narra il battesimo di Gesù ad opera di Giovanni il Battista. Questi invitava i peccatori alla conversione e amministrava loro il battesimo come segno del perdono di Dio. È comprensibile perciò che i primi cristiani sentissero un certo imbarazzo per il fatto che Gesù aveva ricevuto il battesimo di Giovanni insieme a una folla di persone che confessavano i loro peccati. Secondo Marco, il vangelo più antico, che è la fonte principale degli altri due, il significato del battesimo di Gesù si capisce a partire da ciò che è avvenuto subito dopo. Appena ha ricevuto il battesimo, Gesù ha visto i cieli aperti e lo Spirito di Dio, in forma di colomba, discendere su di lui mentre una voce dal cielo diceva: Tu sei il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Questa visione non deve essere letta come un evento accaduto oggettivamente ma come un racconto composto dall’evangelista per esprimere il significato del battesimo di Gesù. La visione da lui ricevuta mostra chiaramente che la presenza di Gesù tra i peccatori non è stata la risposta a un suo bisogno di purificazione, ma l’occasione in cui ha iniziato a compiere la missione che il Padre gli aveva assegnato. In quel momento Gesù si è impegnato a raccogliere un popolo rinnovato e purificato, disposto ad accettare su di sé la regalità di Dio. Immergendosi nell’acqua con i peccatori, Gesù non ha compiuto qualcosa di disdicevole per il figlio di Dio, ma piuttosto ha mostrato come il vero «figlio di Dio», il Messia, si riveli non in un tempio o una reggia ma condividendo le sofferenze e i limiti propri di ogni essere umano. Si spiega così la scandalosa amicizia con i peccatori che ha contrassegnato il ministero pubblico di Gesù (cfr. Mc 2,15). 

Nella seconda lettura si dice che chi è stato generato da Dio non può non amarlo. Ma se veramente ama Dio come suo Padre, egli deve amare anche tutti coloro che Dio ha generato. Infatti l’amore per Dio si manifesta nell’osservanza dei suoi comandamenti che hanno come oggetto fondamentale l’amore del prossimo. È proprio amando Dio e il prossimo che il credente vince il mondo, cioè sconfigge il peccato che si annida nelle strutture ingiuste che corrompono i rapporti tra le persone.

L’uso di amministrare il battesimo ai bambini ha fatto perdere lungo i secoli il significato del battesimo cristiano. In un periodo come il nostro, nel quale molti genitori rinunziano a far battezzare i loro figli, è importante riscoprire il significato del battesimo, che implica, come dice la prima lettura, un vero cambiamento di mentalità. Esso significa diventare discepoli di Gesù ed entrare così nell’ottica di Dio, impegnandosi con lui in una lotta senza quartiere contro il male che pervade la società. Ciò si attua entrando a far parte di una comunità in cui si anticipa nell’oggi, come richiede la seconda lettura, quel regno di giustizia e di pace che Gesù è venuto ad annunziare

Avvento B – 4. Domenica

La dignità messianica di Gesù

La liturgia di questa domenica, che precede immediatamente il Natale, presenta alla considerazione della comunità il tema della dignità messianica di Gesù. Il termine messia, in italiano «unto» e in greco christos, indica il re di Giuda, discendente di Davide, in quanto consacrato con il rito dell’unzione. La prima lettura parla di una promessa fatta al re Davide, in forza della quale Dio si impegna a far sì che sul suo trono vi sia sempre uno dei suoi discendenti; inoltre gli promette di stringere con ciascuno di loro un rapporto specialissimo, analogo a quello di un padre con il suo unico figlio. Da questa profezia nasce, dopo la caduta del regno di Giuda, l’attesa di un re discendente di Davide che alla fine dei tempi sarà unto da Dio come re (Messia) con il compito di instaurare il suo regno in Israele e in tutto il mondo; egli perciò riceverà in modo speciale la dignità di Figlio di Dio. Al tempo di Gesù questa figura era interpretata in vari modi, ma sempre con una forte connotazione politica e militare.

Nel vangelo si presenta nuovamente il racconto della visita dell’angelo a Maria. Per capire questo testo, a cui non corrisponde nulla di simile in Marco, il vangelo più antico, bisogna ricordare che, secondo gli strati più antichi della tradizione evangelica, Gesù non ha mai preteso di essere il Messia ma si è limitato a non smentire, in qualche occasione, coloro che gli attribuivano questa dignità. Dopo la sua morte i primi cristiani si sono convinti, in forza della sua risurrezione, che lui era veramente il Messia atteso dai loro connazionali; al tempo stesso però hanno sottolineato come egli abbia inaugurato il regno di Dio non con le armi ma morendo in croce per i nostri peccati. Solo alla fine dei tempi sarebbe ritornato come re glorioso e giudice dei vivi e dei morti. Con il racconto simbolico dell’annunzio a Maria, Luca vuole mostrare come a Gesù competano, fin dalla nascita, i grandi titoli che in Israele si attribuivano al futuro Messia. Tutto il vangelo, di cui questa scena rappresenta il prologo, doveva spiegare in che modo egli intendeva la sua regalità.

Nel piccolo brano scelto come seconda lettura, si afferma che nel Vangelo di Gesù viene rivelato il piano misterioso di Dio che vuole la salvezza di tutte le nazioni.

L’affermazione della messianicità di Gesù per i primi cristiani aveva lo scopo di sottolineare lo speciale rapporto che lo univa a Dio. Purtroppo essa ha aperto la strada al culto di Gesù, facendo a volte dimenticare che egli non ha mai preteso l’adorazione della sua persona ma piuttosto ha invitato i suoi discepoli a seguirlo e a praticare il suo insegnamento.

Cristo Re A

Il giudizio finale

Il tema di questa celebrazione liturgica è quello del giudizio finale. Nella prima lettura Dio è presentato come giudice in quanto pastore del gregge. Questa immagine contiene una forte protesta contro i capi di Israele, immaginati come pastori che hanno portato il gregge alla rovina. Perciò Dio interviene mettendosi lui stesso a capo del gregge. Egli svolge il compito di giudice perché è il pastore del gregge ed è interessato unicamente al bene delle sue pecore.

Nella parabola del vangelo viene presentata l’immagine del giudizio, nel quale è Gesù che svolge il ruolo di pastore e di giudice.La scena riguarda gli ultimi tempi. Allora Gesù separerà i buoni dai cattivi. I buoni sono coloro che, a qualunque nazione o religione appartengano, hanno avuto misericordia per gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i poveri, i malati, i prigionieri. In tutti costoro essi, pur senza conoscerlo, l’hanno incontrato. La fine dei tempi, come la fine di ciascuno, è un buon punto di osservazione per valutare la situazione presente. Quando ormai tutto sta per essere perso, si capisce che l’unica cosa importante è la misericordia e l’amore fraterno verso i poveri e i bisognosi. In questo consiste la salvezza di una persona e di tutta la società. Ma che cosa Gesù si aspettava da quelli che così l’hanno incontrato? La parabola suggerisce alcuni verbi: dar da mangiare, accogliere, vestire, visitare. Indicano opere di misericordia rivolti alla persona in quanto tale. Questo aspetto è molto importante, perché l’amore non si nutre di belle parole ma di rapporti personali che coinvolgono tutta la persona, anima e corpo.

Anche nella seconda lettura Gesù viene immaginato come un re che ha ottenuto il trono, ma deve ancora vincere del tutto le potenze nemiche, prima di consegnare il regno al Padre. Questa immagine mette in luce un aspetto complementare a quello segnalato nel vangelo: l’amore per gli ultimi non è vero e adeguato se non mette in questione i poteri che determinano miseria e sfruttamento di una parte così grande di popolazione.

L’incontro con Gesù è determinante per la salvezza di tutti. Ma questo incontro non avviene semplicemente all’interno di una comunità. Gesù infatti è presente nei poveri e nei diseredati, nei quali ciascuno può incontrarlo, anche senza una specifica vita religiosa. Oggi si sente la necessità di eliminare le cause del disagio sociale: la ineguale distribuzione dei beni, le carceri sovraffollate, la crisi del mondo giovanile, il commercio internazionale, la vendita di armi. Ciò è molto importante, ma il nemico da sconfiggere è prima di tutto dentro di noi e si sconfigge solo condividendo la sorte degli ultimi di questo mondo.