Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Corpo e Sangue del Signore C

Una memoria sovversiva

Per milioni di persone il pane, inteso come cibo necessario per la sopravvivenza, è un problema quotidiano di difficile soluzione. Questo tema è segnalato dalla prima lettura dove si racconta un fatto di cui è protagonista Abramo. Egli aveva saputo che suo nipote Lot era stato sequestrato da alcuni re che avevano invaso il territorio in cui abitava; egli allora, con l’aiuto di altri uomini, era corso a liberarlo. Di ritorno da questa spedizione gli va incontro Melkisedek, re di una piccola città-stato, quella che sarà in seguito Gerusalemme, il quale offre pane e vino a lui e ai suoi uomini. È un gesto di grande umanità. Non per nulla il suo nome significa: «il mio re è giustizia». Siccome era anche sacerdote di una divinità chiamata «dio altissimo», egli benedice Abramo in nome della sua divinità. Fede e solidarietà vanno di pari passo.

Nel brano del vangelo si riporta il racconto della moltiplicazione dei pani, così come lo ha trasmesso l’evangelista Luca. Anche in esso si fondono due temi, quello umanitario e quello spirituale. Infatti da una parte Gesù è preoccupato per il bene fisico di una folla affamata, dall’altra fa un gesto che richiama l’ultima Cena, nel corso della quale ha istituito l’eucaristia. Ciò che unisce questi due momenti è l’annunzio della venuta imminente del regno di Dio. Sfamando la folla, Gesù ha voluto dimostrare che il regno di Dio è un mondo ispirato all’amore e alla giustizia, nel quale non ci sarà più chi dispone di miliardi e chi muore di fame. Nell’ultima Cena, donando il suo corpo come cibo ai suoi discepoli, Gesù ha dimostrato che la giustizia del regno di Dio non si attua semplicemente aumentando la produttività ma soprattutto creando rapporti nuovi di solidarietà e di fraternità.

Nella seconda lettura viene ripreso il tema del rapporto che intercorre tra esigenza umanitaria e rapporto personale con Gesù. In essa infatti Paolo si riferisce a quanto capitava a Corinto in occasione del pasto comune che accompagnava la celebrazione eucaristica: i cristiani più benestanti, che avevano portato gran parte del cibo, banchettavano allegramente mentre i poveri facevano la fame. A loro Paolo racconta quello che Gesù ha fatto nell’ultima cena non perché i cristiani di Corinto non ne fossero al corrente, ma per ricordare che non si può fare la memoria di Gesù e poi discriminare i più poveri.

Quando celebriamo l’eucaristia dobbiamo essere consapevoli che stiamo facendo un gesto di grande portata non solo spirituale ma anche sociale e politico. Non tanto perché magari, in certi casi, facciamo delle collette per scopi umanitari, ma perché la memoria di Gesù ci insegna a impegnarci in tutti i campi per trasformare la società in cui viviamo in una famiglia in cui regna una vera giustizia ispirata dall’amore.

Tempo Ordinario B – 10. Domenica

La lotta contro il potere del male

La liturgia di questa domenica, proponendo come prima lettura il brano della Genesi in cui si condanna il serpente tentatore, suggerisce di riflettere sullo scontro tra bene e male che pervade la storia dell’umanità. Le parole di condanna pronunziate da Dio nei confronti del tentatore implicano una promessa: il male non potrà mai prevalere sul bene e la donna che, secondo il racconto, era stata la prima a cedere alle sue lusinghe del tentatore, sarà anche la prima nella lotta contro di lui.

Nel brano del vangelo vengono indicati i rapporti non del tutto sereni tra Gesù e la sua famiglia. Sullo sfondo c’è la guarigione, da parte sua, di un particolare genere di malati, affetti da squilibri mentali che, secondo la cultura dell’epoca, erano posseduti da un potere diabolico. La loro guarigione viene vista quindi come l’espressione simbolica della lotta da lui intrapresa contro ogni genere di discriminazione e di violenza prevalente nella società: era questo il modo da lui scelto per indicare la venuta ormai imminente del regno di Dio. Questa sua attività comporta per Gesù una rottura con la famiglia, come in seguito la stessa rottura avverrà con i suoi compaesani e con tutto Israele. Gesù non conta sull’appoggio della sua famiglia e della sua gente. Intorno a lui ci sono altri fratelli e sorelle, cioè i discepoli che lo ascoltano e sono in sintonia con lui: sono loro la sua nuova famiglia, l’umanità nuova che eredita il regno di Dio. E in essa uomini e donne partecipano alla realizzazione del progetto di Dio su un piano di totale parità.

Nella seconda lettura Paolo mette in luce la vittoria definitiva sulle potenze del male che si rivelerà pienamente solo al termine della storia umana e, per il credente, al termine della sua vita terrena. È chiaro che si tratta di una percezione interiore alla quale si può alludere solo con immagini: l’uomo interiore, la gloria, la risurrezione, una dimora celeste, una vita eterna.

La lotta di Gesù contro le potenze del male si inserisce in un grande progetto di rinnovamento che egli ha definito con l’espressione «regno di Dio». Il suo impegno fino alla morte mostra in concreto che è possibile sperare in un mondo nuovo, per il quale vale la pena spendere la propria vita. È un percorso che si concretizza nella formazione di comunità vive che si battono per un mondo più giusto e solidale.

Tempo Ordinario B – 9. Domenica

Un riposo a favore dell’uomo

Il tema di questa domenica viene segnalato nella prima letture in cui si parla del comandamento riguardante il riposo in giorno di sabato. Nella versione che ne dà il Deuteronomio appare chiaro che questo comandamento ha uno scopo umanitario, quello cioè di dare un respiro di sollievo a quelle categorie di persone che sono sottoposte ai lavori più pesanti dell’agricultura. Questa esigenza viene fondata sul fatto che gli israeliti sanno che cosa voleva dire essere schiavi in Egitto: quindi non devono imporre agli altri quello che non desiderano per se stessi.

Nel brano del vangelo si narra che Gesù ha preso posizione nei confronti del comandamento che prescrive il riposo in giorno di sabato. Egli lo ha fatto guarendo un malato in giorno di sabato e giustificando i suoi discepoli che, sempre in giorno di sabato, si sfamavano raccogliendo alcune spighe di grano. Secondo i farisei queste due azioni erano proibite in giorno di sabato. Gesù non contesta la legge in se stessa, ma mostra che il suo vero scopo è quello di promuovere il bene e la dignità di qualsiasi essere umano. Il sabato infatti è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Interpretando la legge in funzione dell’uomo, Gesù la sottrae alle mani degli interpreti, scribi e farisei, i quali se ne servivano per porre sulle spalle della gente pesi che neppure essi erano stati capaci di portare (cfr. Mt 23,4). Quello che conta non è la lettera ma lo spirito della legge e spetta a ciascuno applicarla alle diverse circostanze della sua vita senza venir meno alle esigenze di giustizia e di solidarietà verso il prossimo.

Nella seconda lettura Paolo ricorda le tribolazioni che egli affronta nella sua missione di annunciatore del vangelo. Egli non le cerca ma ne mette in luce il significato positivo per il bene della comunità. L’impegno per difendere la dignità della persona umana ha il suo prezzo, che bisogna saper pagare con gioia.

Il vangelo non contesta l’esistenza della legge le cui prescrizioni sono formulate in funzione di un’ordinata vita sociale. Esso esige però che il credente non osservi la legge semplicemente come adempimento di un obbligo ma piuttosto come un mezzo per provvedere al bene comune. Ciò implica la necessità di un senso critico nei confronti di ogni legge in quanto le prescrizioni umane sono spesso in favore delle classi più abbienti. Oltre a ciò il credente non deve mai fermarsi a quanto è prescritto ma deve cercare sempre nuove modalità per procurare il bene di tutta la società e di ogni suo membro.