Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Un gesto di coraggio

Ho ricevuto questo messaggio:
“Dopo aver letto attentamente tutto il suo intervento (La morte del Messia,ndr) ho trovato un punto gravemente debole, riguardante la figura di Gesù di Nazaret: non è un personaggio, una stella fra tante, ma la PRIMA STELLA  (l’UOMO DIO, vero UOMO da poter morire come noi e vero DIO da poter donare all’uomo la risurrezione) in forza della quale anche noi possiamo diventare stella. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. GESù CRISTO però è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine, di persone che donano luce traendola dalla SUA LUCE ed offrono così orientamento per la nostra traversata.Con questo ritocco il suo è un lavoro super. Senza questo ritocco è da buttare come spazzatura. Ne abbia il coraggio: ci vorrà grande coraggio ma il suo lavoro sarà allora GRANDE. Auguri (messaggio firmato).

Ed ecco la mia risposta:
Caro*, grazie per il tuo scritto (scusami se ti do del tu, ma è quello che mi aspetto anche da te. Sai, tra fratelli…). Vedi, io ho cominciato la mia vita in un altro mondo (ho 84 anni), nel quale quanto tu dici era fuori discussione, e anch’io non l’ho mai discusso. Poi le cose sono cambiate, non perché io non ami più Gesù di Nazaret, ma perché ho studiato meglio il suo pensiero e le origini cristiane. L’ho potuto fare perché il mondo è cambiato e mi ha insegnato a studiare in modo critico, a capire le cose nel loro evolversi, a dialogare con chi la pensa diversamente, a cercare i valori essenziali e a distinguerli dalle loro interpretazioni contingenti. Oggi, nell’ultimo tratto della mia vita, mi sento cristiano più che mai, mi aggrappo a Gesù come mio maestro, ma cerco di andare avanti con le mie gambe, sapendo che anche Gesù era un uomo del suo tempo, come erano del loro tempo tutti coloro che hanno parlato di lui. Un saluto cordiale e fraterno. Sandro

Tempo di Quaresima B – 2. Domenica

Il dono del figlio

Le tre letture di oggi sono unite da un filo comune: quello del figlio che è donato dal padre. Nella prima lettura si racconta appunto di un padre, Abramo, che aveva ottenuto da Dio, dopo anni di preghiere e di tentativi andati a vuoto, di avere un figlio, dal quale sarebbe sorto un grande popolo. E ora Dio gli chiede di sacrificarlo a lui. Il lettore viene avvertito che si tratta non di una richiesta vera ma di una prova. Abramo non lo sa ma obbedisce senza fiatare. Il lettore moderno avrebbe molto da obiettare, ma il messaggio del racconto è chiaro: nessun figlio appartiene ai genitori, in quanto riceve un compito che va al di là dei loro sogni e desideri.

Nel vangelo si parla di un altro figlio, Gesù, che è donato da Dio, suo Padre. Di lui si parla in un racconto inusuale, nel quale Gesù appare circondato da una luce divina, simbolo del suo rapporto speciale con Dio. Il racconto assume un significato particolare se si ricorda che Gesù è diretto verso Gerusalemme e ha appena annunziato la sua imminente morte e risurrezione. Accanto a lui appaiono Elia e Mosè, che rappresentano due grandi esperienze di Israele: il profetismo e la legge. Ciò significa che in Gesù si compiono le Scritture, con tutto ciò che esse significano per il popolo ebraico. Pietro vorrebbe rimanere sul monte con Gesù e con i due personaggi che sono con lui. Ma la voce di Dio lo richiama alla realtà: Gesù è il suo figlio amato, per questo deve essere ascoltato, non sulla cima di un monte, ma nel groviglio della vita quotidiana. Gesù è un maestro che indica la via verso il Padre.

Nella seconda lettura si dice che Dio non ha risparmiato il suo figlio ma lo ha dato per noi. Dobbiamo scartare l’interpretazione, suggerita implicitamente dall’abbinamento con la prima lettura, secondo cui Gesù è morto in sostituzione dei peccatori, per offrire a Dio al loro posto una degna ammenda. Non è così: Dio ha dato il suo figlio come guida nel cammino verso di Lui, un cammino che non è facile perché passa attraverso la croce.

Non è facile rinunziare al proprio figlio. Ogni genitore vorrebbe tenerlo sempre per sé. Ma il figlio deve andare, deve fare la sua vita. Neppure Dio ha voluto tenere per sé il suo figlio ma lo ha dato per noi. A noi spetta il compito non di adorarlo, ma di ascoltarlo e seguirlo. Con il rischio di pagare un prezzo molto alto, ma con un vantaggio ineguagliabile: dare un senso alla nostra vita.

Il dono dell’annunzio

Non ho letto il libro di Roberto Repole, “Il dono dell’annuncio. Ripensare la Chiesa e la sua missione” (Edizioni San Paolo, pp. 206, € 22) ma semplicemente la recensione di Maria Teresa Pontara Pederiva. Strano! Non trovo nessuna accenno al fatto che noi ancora oggi proponiamo alla gente un Vangelo che è sovraccarico di dottrine, dogmi, strutture, riti, norme morali che cozzano contro la mentalità non dico di quanti hanno fatto una scelta di vita diversa, ma di persone normali, che pensano, si fanno domande e vogliono vivere il Vangelo secondo i dettami della propria coscienza. La nostra gente non è affetta da una sorta di “analfabetismo religioso”, ma piuttosto ha rimosso tutto un complesso di interpretazioni dogmatiche che non solo non interessano più ma che molte volte provocano un rifiuto, sono sentite come una sfida al buon senso. Una nuova evangelizzazione può venire solo da un cambiamento dottrinale, che metta al primo posto il Vangelo e la sua forza provocatoria e non le successive interpretazioni. Se si farà tutto ciò, le folle non ritorneranno certo a frequentare le nostre chiese, ma avremo comunità che saranno sale della terra e luce del mondo. Altrimenti il Vangelo seguirà altre vie che già oggi tanti “fuorusciti” stanno cercando con alterne vicende.