Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Tempo Ordinario B – 19. Domenica

Il Maestro interiore

La liturgia di questa domenica propone il tema dell’esperienza di Dio. Al profeta Elia, che fugge perché la regina Gezabele lo vuole far uccidere, Dio gli indica la strada verso la sacra montagna, l’Oreb, dove si manifesterà a lui. Al tempo stesso gli dà un cibo che lo sostiene nel lungo cammino che dovrà percorrere. L’Oreb è un altro nome per indicare il monte Sinai ai piedi del quale Dio ha fatto con il popolo di Israele un’alleanza. Elia deve dunque risalire alle origini dell’esperienza religiosa del suo popolo. E’ un cammino interiore che deve fare da solo. Ma Dio gli è accanto e lo sostiene nei momenti di sconforto e di paura.

Nel brano del vangelo Gesù dice: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre mio». E soggiunge: «Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio». Poi sottolinea nuovamente: «Chiunque ha ascoltato il Padre viene a me». Il piano di Dio è dunque quello di condurre a sé tutta l’umanità. Perciò ha affidato al suo Figlio il compito di dare a tutti un insegnamento interiore che consiste nel saper ascoltare la voce dello Spirito. In altre parole egli conduce a Cristo quelli che lo cercano perché possano ottenere per mezzo suo quella istruzione interiore che è simboleggiata nella metafora del pane di vita. Gesù è il pane di vita in quanto è lui stesso la Parola che si dona e scava nel cuore degli uomini.

Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini, viene proposto un nuovo modo di vivere che è frutto dell’esperienza interiore dello Spirito. Per il credente esiste il rischio di rattristare lo Spirito, mettendo al suo postro dottrine e regole di vita imposte dall’esterno. Lo scopo della vita cristiana è invece quello di fare un’esperienza interiore di Dio in modo tale da diventare suoi imitatori. Ciò significa imparare da Cristo, prendendo come punto di riferimento i suoi pensieri e le sue scelte.

Per noi cristiani c’è sempre il rischio di imporre dottrine e regole di vita prestabilite, presentandole come rivelazione di Dio, raccolte magari in prontuari (catechismi) da memorizzare. Ciò che importa invece è aiutare la persona a rientrare in se stessa e a scoprire in sé i valori a cui ispirarsi. E’ questo il compito che si è assunto Gesù e che ha trasmesso alla sua comunità.

Tempo Ordinario B – 18. Domenica

Il banchetto della vita

La liturgia di questa domenica richiama l’attenzione sulla metafora del banchetto come luogo in cui i credenti si incontrano con Dio. Nella prima lettura si ricorda il dono della manna, il pane disceso dal cielo, segno della misericordia di Dio, che il popolo aveva consumato nel deserto in spirito di obbedienza a lui e di comunione fraterna. Nella Bibbia il banchetto è l’ ambito in cui si è attuata l’alleanza sinaitica e un giorno si concluderà l’alleanza finale. Un significato analogo era attribuito al banchetto pasquale consumato in occasione della liberazione dall’Egitto, Il ricordo di questi banchetti che avevano segnato la storia di Israele era tenuto vivo dalla celebrazione annuale della Pasqua e dai pasti che accompagnavano i sacrifici del tempio.

Su questo sfondo si comprende il discorso che l’evangelista Giovanni attribuisce a Gesù dopo il racconto della moltiplicazione dei pani. Anzitutto Gesù rimprovera i suoi ascoltatori perché sono attratti unicamente dal pane materiale e non sanno scoprire il significato spirituale del pane che Dio conferisce loro. Sotto l’immagine del pane Gesù offre la sua persona, portatrice della salvezza significata nel dono della manna. È lui il vero pane venuto dal cielo, quello che dà la vita eterna, che essi devono mangiare se vogliono ottenere la salvezza. Ma devono essere consapevoli che questo pane si mangia unicamente con la fede, che significa identificarsi con lui e attuare nel mondo il suo messaggio di amore. Su questa linea i vangeli sinottici narreranno l’ultima cena come il momento in cui Gesù si è dato ai suoi discepoli come via dell’incontro con Dio.

Nella seconda lettura si sottolinea, in sintonia con quanto afferma il brano evangelico, che noi abbiamo “imparato Cristo”, cioè gli abbiamo dato ascolto, da lui abbiamo imparato ad abbandonare l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità. In questo passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo si attua un vero cammino di fede.

I giudei di Cafarnao cercano Gesù perché vogliono ottenere da lui il pane di cui hanno bisogno per sopravvivere. Gesù invece vuole condurli dalla preoccupazione per i propri bisogni da soddisfare alla ricerca di un pane vivo, che consiste nell’impegno costante per la giustizia, cioè per il bene vero di tutti. Per questo dà a loro se stesso come guida e sostegno e li fa partecipi della sua fede in un mondo migliore. Egli propone loro una crescita spirituale in forza della quale potranno procurarsi anche il pane materiale, non per se stessi soltanto ma per tutti

Tempo Ordinario B – 17. Domenica

Il banchetto della fraternità

La liturgia di questa domenica propone il tema della solidarietà. Nella prima lettura si racconta che il profeta Eliseo ha ricevuto in dono venti pani d’orzo da un ricco benefattore che aveva voluto onorarlo in quanto uomo di Dio. Il profeta non li tiene per sé. Nelle sue mani il pane si moltiplica e serve a sfamare un gruppo notevole di persone. Il poco pane di cui un ricco si priva senza troppo sacrificio diventa nutrimento per i più poveri.

Anche nel brano del vangelo si narra che Gesù dà da mangiare a una moltitudine. L’evangelista sottolinea però che, diversamente da Eliseo, è stato Gesù a prendere l’iniziativa; inoltre si serve di molto meno per sfamare una quantità ben più grande di persone. Ma è significativo soprattutto che i cinque pani e due pesci vengano messi a disposizione di Gesù non da un ricco benefattore e neppure, come si dice nei sinottici, dai suoi discepoli, ma da un ragazzo che si trovava fra la folla. Non è certamente un ricco che fa un po’ di beneficienza, ma un povero che condivide con gli altri le poche risorse che ha a disposizione. Diventa così più chiaro il riferimento non solo alla manna, un cibo donato da Dio a cui tutti prendevano parte in modo uguale, ma anche al banchetto pasquale in cui tutti condividono quanto hanno a disposizione: solo così il ricordo della liberazione dall’Egitto si concretizza nella vita di un popolo.

Nella seconda lettura si mette in luce la dinamica di una comunità in cui tutti interagiscono tra di loro sulla base di una fede comune, superando gli interessi personali e mettendosi al servizio gli uni degli altri.

Spesso sono i ricchi che giustificano con la beneficenza l’appropriazione di beni che appartengono a tutti, altre volte sono i poveri che si uniscono per far valere i loro diritti. Gesù vuol far capire che non solo i ricchi ma anche i poveri devono saper collaborare al bene di tutti, mettendo in comune le loro risorse, che non sono solo beni materiali, ma anche ideali, lavoro e abilità professionali. Se c’è il vero spirito di collaborazione si possono fare miracoli. Ciò vale non soltanto per una comunità cristiana ma anche per la società intera. Solo un cambiamento di mentalità può garantire un progresso economico veramente condiviso. E i credenti dovrebbero fornire un esempio convincente e suggerire un metodo efficace per raggiungere questa meta.