Triduo Pasquale ABC – Venerdì Santo

La gloria del Crocifisso

La morte di Gesù in croce è stata un banco di prova terribile per i suoi discepoli e per tutti coloro che avevano creduto in lui. Per loro era dunque necessario farsene una ragione, dimostrando a sé e agli altri che comunque il suo messaggio restava valido e credibile. A questo scopo era importante la fede nella sua risurrezione che apriva la porta alla speranza di un suo imminente ritorno in occasione del quale, dopo aver vinto la morte, avrebbe attuato il regno di Dio di cui aveva annunziato la venuta. Questa soluzione rischiava però di ridurre la morte di Gesù a un incidente di percorso a cui la risurrezione aveva posto rimedio. E soprattutto il ritardo del ritorno di Gesù poteva far pensare che la sua morte negasse valore a tutte le promesse da lui fatte. In questo contesto era quindi necessario ricercare il senso della sua morte in quanto Messia, cioè come un evento strettamente collegato con la venuta del regno di Dio da lui annunziato.

La liturgia del venerdì santo indica la strada che i primi cristiani hanno percorso per dare un senso alla morte di Gesù, facendo tesoro delle concezioni religiose contenute nella Bibbia. In questo senso era significativa la vicenda del Servo di yhwh, di cui parla la prima lettura: egli infatti aveva preso su di sé tutto il dolore dei suoi connazionali, divisi e oppressi in terra straniera, per ricostituire la loro unità come popolo mediante il ritorno alla fede in Dio su cui si basava la loro identità; questa scelta aveva suscitato violente reazioni che avevano provocato la sua morte, ma aveva reso possibile il ritorno degli esuli nella terra dei padri e la rinascita del popolo. Alla luce di questo esempio i primi cristiani hanno considerato la morte di Gesù come la conseguenza della sua scelta a favore dell’umanità, specialmente degli ultimi, dei diseredati, degli scarti della società. Proprio questa scelta, in aperto contrasto con gli interessi dei detentori del potere in campo religioso e politico, gli ha provocato antipatie e rancori che alla fine hanno causato la sua morte violenta.

Questa concezione è stata elaborata successivamente soprattutto dall’autore della lettera agli Ebrei, il quale immagina Gesù metaforicamente come il sommo sacerdote che offre se stesso come vittima a Dio e così fa il grande passo con cui instaura un nuovo rapporto dell’umanità con Dio. Nel mondo giudaico questa spiegazione era molto significativa proprio perché l’offerta del sacrificio era considerata come un rinnovamento del rapporto con Dio, sul quale si basa la realtà di Israele come popolo libero e solidale. Chiaramente con questa concezione non ha nulla a che vedere l’idea, elaborata successivamente, secondo cui con la sua morte Gesù avrebbe pagato il debito che l’umanità aveva contratto con Dio a causa del peccato originale. Al contrario, la morte di Gesù in croce rappresentava per i primi cristiani il più grande atto di amore di Dio per l’umanità, che poteva essere salvata solo se messa di fronte all’esempio di un amore portato fino alle estreme conseguenze. In questa prospettiva la risurrezione era la manifestazione di una vita nuova, messa fin d’ora a disposizione dei credenti per il bene e il progresso vero di tutta l’umanità.

Il significato salvifico della morte di Gesù è messo in luce nei racconti evangelici della sua passione. Specialmente Giovanni vede in essa la manifestazione sfolgorante della gloria di Dio in quanto proprio mentre veniva condannato Gesù ha dato una testimonianza suprema alla verità, cioè alla fedeltà di Dio, ed è stato intronizzato come il Messia che attua la regalità di Dio in questo mondo. Perciò è proprio sulla croce che lui viene innalzato, cioè si protende verso Dio, manda lo Spirito e dà origine alla comunità dei credenti, che con lui godono fin d’ora la vita nuova da lui sperimentata.

La celebrazione del Venerdì santo deve dunque essere l’occasione per riflettere sul significato che ha per noi la morte di Cristo come punto di riferimento per un autentico cammino di fede. A tal fine però bisogna considerare questo evento alla luce dell’esempio di quanti, cristiani e non, hanno saputo dare la vita per un bene che riguarda tutti, al di là dei muri elevati dall’egoismo umano.