Tempo Ordinario B – 22. Domenica
La liturgia di questa domenica mette in luce l’esigenza di un rapporto con Dio che parte dal cuore e non dall’esigenza di compiere particolari riti o osservanze esterne. Nella prima lettura, ripresa dal Deuteronomio, si fa consistere la sapienza del popolo di Israele nel fatto di avere vicino a sé il vero Dio e di conoscere la sua legge. Questa nel Deuteronomio abbraccia tante prescrizioni che sono chiaramente di origine umana; ma subito dopo, nello stesso libro, si afferma che alla base di tutta la legge c’è il Decalogo, che a sua volta viene riassunto nel comandamento che prescrive di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Quindi nessun precetto è valido se la sua pratica non è al servizio dell’amore di Dio che esige la ricerca della giustizia e della solidarietà nei confronti di tutti.
Se questo è l’insegnamento del Deuteronomio, è chiaro che non era gradito a Dio il comportamento degli scribi e dei farisei: essi infatti davano importanza alla pratica delle singole prescrizioni, a prescindere dagli effetti che esse avevano nei rapporti interpersonali. Per Gesù invece la volontà di Dio consiste esclusivamente nell’esigenza di impegnarsi perché ogni persona umana abbia ciò che le compete: perciò la vera impurità è quella che viene dal cuore, non dalla trasgressione di norme che riguardano solo l’esterno della persona.
Secondo la lettera di Giacomo, da cui è ripresa la seconda lettura, la legge di Dio consiste in una parola seminata nel cuore dei credenti che deve trasformare prima di tutto le loro disposizioni interiori. I gesti esterni hanno valore solo nella misura in cui sono posti al servizio del rapporto con l’altro. La vera religione infatti consiste nel visitare le vedove e gli orfani.
Anche noi siamo spesso condizionati dalla mentalità farisaica, in base alla quale si ritiene che la fede in Dio consista nel compimento di riti e nell’adesione a dottrine che sono di origine umana, senza prestare attenzione a quello che è il loro vero scopo. Ciò che Dio si attende da noi è un atteggiamento del cuore che si manifesta nella solidarietà verso qualunque categorie di bisognosi: i poveri, i senza tetto, i rom e in modo speciale oggi i migranti che bussano alla nostra porta alla ricerca di un futuro migliore per sé e per i propri cari. E in questo dobbiamo lasciarci guidare dalla sapienza del cuore, cioè da una coscienza formata alla luce del Vangelo.
Vera e falsa purezza
Chi potrebbe criticare l’uso di lavarsi le mani prima dei pasti? Prima che una norma di galateo, è questa una giusta prescrizione d’igiene, valida soprattutto là dove non era ancora entrato l’uso di posate. E allora perché Gesù non la promuove almeno tra i suoi discepoli? Ma subito sorge un’altra domanda: quanto erano note le nostre norme d’igiene in quei tempi lontani?
Se facciamo un balzo all’indietro nel tempo, ci rendiamo conto che allora il problema era un altro: il mangiare insieme aveva un significato religioso, quello cioè di un gruppo che si unisce come un frammento del popolo santo di Dio. Il mercato indicava invece tutto quello che era fuori, il luogo dove tutti erano possibili portatori di una sporcizia determinata dal non essere in regola, cioè dal non praticare le prescrizioni minuziose stabilite dai farisei per preservare la loro superiorità sul «popolo della terra»: su quelli cioè che dovevano sporcarsi le mani per fare lavori umili e disprezzati e vivevano spesso ai limiti della sopravvivenza.
Beh, se è così si capisce come mai Gesù non abbia sostenuto la necessità di lavarsi le mani prima dei pasti. Anzi quel gesto era per lui un segno di ipocrisia: fare finta di essere puri e poi cedere ai vizi più riprovevoli. Secondo lui la vera purezza viene dal cuore e consiste nell’assimilare le norme di vita contenute nella legge di Dio, che prescrive la giustizia e la fraternità. Una legge in cui è concentrata, come si dice nella prima lettura, una sapienza di vita, che si identifica con quella parola innestata nel cuore di cui parla Giacomo nella seconda lettura: per lui la vera purezza si acquista impegnandosi per le categorie più povere ed emarginate della società.
Un semplice gesto, quello di lavarsi le mani prima dei pasti, che oggi suscita per noi tristi ricordi di segregazione razziale, apartheid, pulizia etnica: semplici errori del passato o pericolosi fantasmi che si aggirano ancora oggi non solo nei palazzi del potere ma anche nelle case di tante persone per bene? Quelle cioè che ritengono giusto che gli stranieri stiano a casa loro e non considerano come una catastrofe l’enorme abisso che separa i ricchi dai poveri.