Tempo di Pasqua C – 4. Domenica
La liturgia di questa domenica suggerisce una riflessione sul tema di Gesù buon Pastore. Nella prima lettura è significativo il brano di Isaia che Paolo e Barnaba citano quando, di fronte alle ostilità dei giudei, si rivolgono ai gentili: «Io ti ho posto per essere luce delle genti, perché tu porti la salvezza sino all’estremità della terra» (Is 49,6). Secondo Luca, Paolo e Barnaba, si sentono portatori di un messaggio di salvezza che è stato promulgato da Dio stesso per mezzo di Gesù Cristo e che è valido per tutta l’umanità.
Secondo il brano del vangelo essere salvi significa riconoscere Gesù come pastore, ascoltare la sua voce, essere conosciuti da lui e seguirlo. Per il credente il rapporto con Cristo non è frutto di uno slancio mistico che lo separa dal mondo circostante, ma piuttosto implica l’inserimento in una realtà sociale composta da persone che, proprio perché si rapportano a un unico pastore, sono profondamente unite fra loro. Sullo sfondo si percepisce il concetto di comunità che stava alla base della vita dei primi cristiani. Il rapporto con Gesù all’interno di una forte esperienza comunitaria è salvifico perché libera dall’egoismo, in forza del quale ciascuno è portato a isolarsi e a mettere se stesso al centro di tutto. Riconoscere Gesù come pastore comporta quindi un rapporto vero e profondo fra persone. Questa è la salvezza che i credenti annunziano a una società in cui spesso prevale la violenza.
Nella seconda lettura il rapporto con Gesù viene espresso mediante l’immagine del lavare le proprie vesti nel sangue dell’Agnello, al quale viene attribuito il ruolo di pastore. Con essa si indica non tanto il martirio, quanto piuttosto quello che lo precede, e cioè l’entrare nella logica di Gesù e adottare come metodo di vita la non violenza, rappresentata nella metafora dell’agnello.
La salvezza consiste non nell’accumulare beni materiali o strumenti tecnologici, ma nell’incontrare l’altro, chiunque egli sia, come un amico e un fratello con il quale impegnarci nella ricerca di un mondo migliore. Gesù è salvatore in quanto è capace di rinnovare radicalmente i rapporti fra persone. Nella Bibbia questo tema ha una forte carica polemica in quanto, annunziando la venuta di Dio come pastore unico del popolo, mette in discussione il ruolo di una classe dirigente che non è all’altezza dei suoi compiti.
Sí, ma non dobbiamo neppure sottovalutare il rischio, secondo me ben più grave, che la comunità si esaurisca in un esercizio autoreferenziale di “belle e buone parole”, senza mai sporcarsi le mani nel tentativo di concretizzarle nella realtà in cui vive.
Ma! Non sono completamente d’accordo. È vero che il senso di una comunità non può esaurirsi nell’organizzare servizi sociali, ma non può neanche, secondo me, limitarsi alle parole, senza coinvolgersi come comunità nella realtà concreta che la circonda. Proprio nell’azione comune dovrebbe cercare di mettere in pratica quei principi che il Vangelo ci propone, senza naturalmente chiudersi nell’isolamento ma anzi nell’apertura ad apporti diversi ed esterni. Se poi ci chiediamo quale può essere il tratto caratteristico di questa comunità rispetto ad altre di diverso segno, io penso che questo dovrebbe stare nella reale attenzione e disponibilità degli uni verso gli altri, in modo che davvero ognuno possa sentirsi “a casa”all’interno di quella comunità.
Hai ragione, Rita, ma io questo coinvolgimento della comunità nella realtà concreta, a livello di azione coordinata, lo vedo soprattutto come frutto dell’iniziativa dei membri della comunità, individualmete o come gruppo, magari con il sostegno degli altri. Per me la comunità deve restare l’ambito del confronto sui grandi temi della vita, certo con una sensibilità nei confronti delle situazioni concrete, ma sempre sul piano dei valori. Altrimenti c’è il rischio che una comunità diventi un centro di potere e di pressione politica, con tutte le conseguenze che ben conosciamo.
L’allegoria del pastore e delle pecore mette in luce il rapporto tra Gesù e la comunità dei suoi discepoli. È chiaro che un’aggregazione umana per formarsi e sussistere ha bisogno di un riferimento autorevole riconosciuto da tutti. Questo ruolo è svolto da Gesù, l’unico Pastore, nel cui insegnamento la comunità dei cristiani riconosce il suo principio di aggregazione. Ma è anche vero che Gesù stesso ha bisogno della comunità per svolgere il suo ruolo di Maestro e di guida. Circa il rapporto tra Gesù e la comunità dei suoi discepoli l’allegoria del pastore mette in luce soprattutto la conoscenza reciproca, che significa scambio, ascolto, proposta. Il pastore non ha un complesso di insegnamenti definiti una volta per tutte da comunicare ai suoi, ma indica una direzione di marcia che deve venire costantemente attualizzata, compresa, rielaborata. La comunità dei discepoli di Gesù non ha lo scopo di organizzare servizi sociali, ma si caratterizza per la ricerca dei valori spirituali che danno senso alla vita umana. Questa ricerca non si esaurisce mai: essa richiede riflessione, scambio di esperienze, affetti e aiuto reciproco nei momenti di difficoltà e di prova. Il suo unico strumento è la comunicazione, fatta di parole e di segni. Proprio perché si basa sulla ricerca, la comunità dei discepoli non si identifica «contro» qualcuno ma è aperta agli stimoli che vengono da chiunque, anche da fuori di essa. Da questa ricerca sgorgano poi decisioni pratiche che ciascuno cercherà di attuare non necessariamente con gli altri membri della comunità ma in collaborazione con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Nel vangelo di Giovanni lo stimolo a questa continua ricerca di senso viene attribuita allo Spirito santo, che è lo spirito, la mentalità, il modo di vedere e di pensare che è proprio di Gesù. Resta aperto l’interrogativo circa le modalità con cui devono agire coloro che interpretano e attualizzano il ruolo del Pastore. Il loro compito non è quello di dare consigli, direttive, soluzioni o comandi, ma piuttosto quello di partecipare alla comune ricerca di senso richiamando il riferimento costante al vangelo di Gesù senza del quale la comunità perde il suo significato.