Battesimo del Signore C
Una vocazione maturata nella preghiera
Il tema di questa prima domenica dopo l’Epifania è quello del battesimo di Gesù, presentato come modello del nostro battesimo. Nella prima lettura è riportato l’inizio del libro della Consolazione, nel quale il profeta annunzia agli israeliti esuli in Mesopotamia che il loro peccato è perdonato ed ora si apre per loro una nuova prospettiva, che ha come oggetto il ritorno nella loro terra. È una svolta esaltante e impegnativa perché implica una vocazione, quella di formare un popolo giusto e solidale, segno e strumento di un mondo migliore.
I primi cristiani, ricordando che Giovanni era il precursore di Gesù, non potevano ignorare che Gesù aveva ricevuto da lui il battesimo. Ma questo ricordo, più che esaltare la persona di Gesù, rischiava di metterla in cattiva luce: come era possibile associare il Messia a una folla di peccatori che chiedevano perdono? Per evitare ogni equivoco il vangelo di Giovanni omette un episodio tanto imbarazzante. I tre vangeli sinottici invece lo raccontano ma cercano di prevenire lo scandalo del pio cristiano ponendo l’accento soprattutto sulla visione che solo Gesù, secondo Marco, oppure tutta la folla, secondo gli altri due, ha avuto. Per loro ciò che conta è il fatto che Dio, in quella occasione, ha dichiarato solennemente che Gesù è il suo figlio prediletto e ha infuso in lui il suo Spirito che lo guiderà nella sua missione di annunziare l’imminente venuta del regno di Dio. Nella versione di Luca, riportata quest’anno nella liturgia, è importante non solo la voce dal cielo che proclama il ruolo messianico di Gesù ma anche il fatto che essa si è fatta sentire non mentre veniva battezzato ma mentre era immerso in preghiera. Per questo evangelista è nella preghiera che l’uomo scopre la sua vocazione e l’accoglie senza cedere alla tentazione del potere insita in ogni ruolo al servizio della società.
Nella seconda lettura, ripresa dalla lettera a Tito, si presenta il nostro battesimo non come risultato di una scelta umana ma come la risposta a una chiamata ad accogliere il dono gratuito dello Spirito, che rende possibile una vita santa, ricca di opere buone. Queste non sono quindi una condizione ma una conseguenza del dono di Dio.
Gesù coglie il senso della sua vocazione mentre, dopo essersi immerso nel mondo di un’umanità misera e peccatrice, si rivolge al Padre per comprendere che cosa si attende da lui. È in questo contesto di preghiera che egli comprende che Dio non fa discriminazioni ma ama tutti gli uomini, a cominciare da coloro che sono i più miseri ed emarginati. Questa esperienza di fede lo spingerà ad annunziare la venuta del regno di Dio e a mostrare, con le sue parole e coi suoi gesti, che questo mondo nuovo, più giusto e solidale, è già presente e disponibile a quanti lo accolgono con fede. Se questo è il significato del battesimo di Gesù, non diversamente dovrà essere quello del nostro battesimo.
Uno strano personaggio, Giovanni il Battista, il cui nome è rimasto legato a quel battesimo che amministrava alle folle nei pressi del fiume Giordano. Per lui era chiaro che la società israelitica era profondamente corrotta e che presto sarebbe stata colpita dal castigo divino, dal quale sarebbero stati risparmiati solo coloro che si fossero convertiti e si fossero sottoposti a un bagno purificatore. Nel suo messaggio si mescolavano dunque minaccia e promessa. Ma proprio il suo successo aveva impensierito il re Erode Antipa il quale, a parte il fatto di essere stato anche lui bersaglio delle minacce di Giovanni, temeva che il movimento da lui suscitato provocasse una rivolta. E così ha pensato bene di eliminare l’incomodo predicatore.
Ma Gesù che cosa ci faceva in mezzo a quella folla di peccatori? Per i primi cristiani non c’era dubbio che Gesù avesse cominciato la sua predicazione al seguito di Giovanni. Ma facevano fatica a immaginare che anch’egli avesse ricevuto da lui il battesimo. Come poteva il Messia avere dei peccati da farsi perdonare? L’evangelista Marco ha dissipato l’imbarazzo spiegando che il battesimo è stato per Gesù solo l’occasione in cui ha avuto personalmente una visione: i cieli si sono aperti e lo Spirito è disceso su di lui, mentre Dio lo proclamava come il suo Figlio prediletto, nel quale si è compiaciuto: Figlio dunque perché questo era un titolo che competeva al re di Giuda, e quindi in modo speciale al Messia, mentre la compiacenza divina nei suoi riguardi ricordava quella riservata al Servo del Signore. Questi era un personaggio che, al ritorno dall’esilio, si era prodigato per la rinascita del suo popolo e per questo era stato vittima di un ingiusto processo che ne aveva causato la morte dolorosa. Anche Gesù dunque, in quanto Messia, inviterà i peccatori alla conversione, non però con le minacce ma mescolandosi con essi e annunziando loro la misercordia divina, fino alla conclusione dolorosa della sua vita.
Al seguito di Gesù anche i primi cristiani hanno adottato il battesimo come segno di una purificazione che aveva come scopo l’aggregazione alla comunità dei discepoli di Gesù, inviati come lui e con lui non a condannare ma a essere sale della terra e luce del mondo. Purtroppo la pratica di amministrare il battesimo ai bambini, che non avevano peccati da farsi perdonare, ne ha oscurato il vero significato.