Tempo Ordinario A – 07 Domenica
Nel brano del vangelo viene riportato un brano del Discorso della montagna che corrisponde alla seconda parte del discorso delle antitesi, quella in cui Gesù propone la non violenza e l’amore dei nemici. Come sfondo di questo insegnamento, viene proposto il testo biblico nel quale si esorta il popolo a imitare la santità di Dio, cioè l’attributo in forza della quale egli è al di là di tutti i limiti, fisici e morali, di ogni creatura. Subito dopo l’autore riporta alcuni comandamenti che ricalcano in parte il decalogo: è chiaro dunque che gli israeliti conseguono la santità non con particolari purificazioni rituali, ma osservando i comandamenti di Dio. Al termine di questa lista viene riportato il comandamento che prescrive l’amore del prossimo, il quale appare quindi come il culmine e il riassunto di tutti gli altri. Il prossimo è qui il vicino, il fratello, colui che appartiene allo stesso popolo. L’amore viene esteso espressamente anche al nemico personale, verso il quale deve essere evitato l’odio e il rancore. Nello stesso testo, un po’ più avanti, lo stesso amore è richiesto nei confronti del forestiero, cioè dello straniero che si è stabilito in Israele, che fa parte anch’egli del prossimo. Ma il comandamento non si estende allo straniero in senso proprio, cioè a chi non appartiene al proprio gruppo sociale, politico e religioso. Questo tipo di straniero era considerato come un nemico da cui guardarsi, in quanto rappresentava un pericolo per la vita sociale e religiosa.
Su questo sfondo devono essere lette le parole di Gesù riportate nel vangelo.Egli anzitutto non accetta la legge biblica del taglione (occhio per occhio dente per dente), con la quale si voleva porre un limite alla violenza: per Gesù infatti la violenza non deve essere semplicemente contenuta ma eliminata del tutto. Certo bisogna lottare contro il male, ma superando la tentazione della violenza, anche quando ciò comporta pesanti conseguenze. Gesù inoltre critica il comandamento biblico che inculca l’amore del prossimo nella misura in cui spesso era interpretato in modo limitativo. Per Gesù l’amore, per essere vero, deve estendersi anche ai nemici: gli stranieri, i non giudei, gli oppressori politici e i persecutori. Per Gesù questa è l’immediata conseguenza della fede in Dio. Se Dio è padre di tutti, ama tutti, distribuisce a tutti suoi doni, allora non si può più odiare nessun essere umano, chiunque egli sia. Solo così si imita la perfezione (santità) di Dio, per quanto ciò è possibile a una creatura.
Nella seconda lettura Paolo contesta la sapienza di questo mondo, che porta al culto della personalità e alla divisione e pone al primo posto la comunità, che è il tempio nel quale Dio ha posto la sua dimora. Ma una comunità è autentica nella misura in cui si apre a tutti e dialoga con tutti, anche con gli estranei e i nemici.
Non violenza e amore dei nemici rappresentano il culmine dell’insegnamento di Gesù, al quale egli stesso ha ispirato tutta la sua vita. Si tratta di una scelta difficile, che va contro corrente e a volte cozza contro quello che sembra il dovere di difendere i propri beni, le persone care, la patria, da ingiuste aggressioni. Naturalmente si tratta di un ideale verso cui tendere, non di una regola da applicare rigidamente. Spesso i cristiani non sono stati fedeli a questo insegnamento in quanto hanno preteso di avere uno statuto speciale nel piano di Dio a scapito degli altri, spesso visti come infedeli da convertire o da distruggere. Se vogliono essere fedeli al vangelo, i cristiani devono abbandonare ogni esclusivismo e affermare con decisione che tutti sono uguali davanti a Dio e si salvano nella misura in cui collaborano alla realizzazione di un mondo migliore.
Una non violenza attiva
Certo, nessuno di noi sarebbe disposto a contestare il comandamento di Gesù che esige di amare non solo il prossimo ma anche i nemici. Il problema è un altro: che cosa significa amare? Gesù non fa dei discorsi teorici ma porta degli esempi, molto semplici, improntati al principio della non violenza: volgere l’altra guancia, accordarsi con chi ha delle pretese anche se eccessive, essere disposti ad aiutare chi ha bisogno. Tutti consigli basati sull’esperienza, ai quali non possiamo negare il nostro assenso.
Vi sono però altri casi nei quali è difficile capire che cosa Gesù si aspetta da noi. Se uno entra in casa mia di notte per derubarmi, mi è lecito difendermi anche in modo violento? Se uno uccide una persona a me cara, non dovrò richiedere che resti dietro le sbarre per tutta la vita? Se una nazione invade un’altra nazione, questa non avrà il diritto di difendersi anche a costo di innumerevoli vite umane e incalcolabili danni? In altre parole, il voltare l’altra guancia riguarda solo i rapporti tra persone o anche tra nazioni, classi sociali, gruppi di potere?
A queste domande Gesù ha dato una risposta non a parole, ma con le sue scelte di vita. Di fronte alle pressioni che gli erano rivolte perché si mettesse a capo del movimento anti-romano, egli ha scelto di stare con la gente per insegnare, formare, guarire: ha fatto una scelta di pace, di cui i romani, dotati di buon fiuto, hanno colto il pericolo e non hanno esitato a eliminare l’incauto Maestro. Naturalmente senza rendersi conto che ne proclamavano la vittoria.
La logica di Gesù resta misteriosa, anche per molti dei suoi seguaci. In fondo è radicata in noi la convinzione che l’unica reazione efficace contro la violenza sia la violenza stessa. A parte l’insegnamento di Gesù, è chiaro che l’umanità cresce non dove i sacrosanti diritti della libertà, della democrazia, della pace si difendono non con le armi ma dove prevale il dialogo, il rispetto anche per chi sbaglia, l’educazione delle nuove generazioni, l’impegno per la salute fisica e mentale di tutti, la solidarietà con ogni essere umano e il rispetto dell’ambiente.
La nostra ragione ci dice che Gesù aveva ragione. E allora a noi non resta altro che affrontare tutte le situazioni, personali o sociali, con il suo spirito, accettandone gli eventuali rischi.
…ma io vi dico:…
Gesù ci indica una svolta, una via di salvezza per questa nostra umanità avvitata su sé stessa, impigliata in guerre senza fine, un’umanità dolorante, sempre in fuga da fame e persecuzioni che si dipartono dal cuore stesso dell’uomo.
“Dio non pone Leggi, ma propone Valori”
Per amore di questa umanità dolorante, ha saputo proporci attraverso la testimonianza della sua propria vita e morte in croce, l’unica via di salvezza: la via della non violenza. Quella della forza dell’amore che apre il nostro cuore al dono del Suo Spirito che ci aiuta, cominciando dai piccoli gesti del nostro vissuto quotidiano, a riconoscerci tutti fratelli figli amati dell’unico Padre.
Lottare contro il male senza usare la violenza. Ricevo ancora da don Beppe, un prete operaio, restato unico di una piccola comunità fondata da don Sirio Politi a Viareggio, il giornalino “Lotta come amore” che mi ha fatto riflettere tanto dai lontani tempi dell’università.
Don Sirio compie una scelta di povertà che diventa scelta di classe e lo porta a legare la sua sorte con uguale passione alle lotte operaie e alla ricerca spirituale. Non è possibile ricordare tutte le situazioni e gli avvenimenti che l’hanno visto coinvolto sempre come uomo di pace: le grandi battaglie ecologiche, quelle contro il nucleare, quelle pacifiste. Gli sembrava poco concepibile dire di credere in Dio restando al di fuori di una coscienza della realtà storica, permettendo alle creature di compiere il sacrilegio supremo della distruzione del creato, inteso anche come umanità.
Questo don Sirio. Una fortuna averne conosciuto la profonda spiritualità e capacità di amore.
Non è facile non usare violenza quando non ci si limita a guardare la realtà dall’esterno. Penso ai tempi attuali, alle crudeltà perpetuate contro gli immigrati, al ritorno di tanto odio contro gli ebrei, alle grandi disuguaglianze … non usare violenza non significa certo guardare tutto con sano distacco, ma coinvolgersi nelle situazioni con la mente, con la penna, con i soldi, con il proprio tempo, sempre con gli occhi fissi sull’altro per riconoscere chi, invece che nemico, può diventare compagno di viaggio.
Forse è questo il proselitismo che deve tentare chi si dice cristiano: far emergere l’umano dall’umanità.