Tempo ordinario C – 25 Domenica
La prima lettura indica il tema della liturgia riportando un brano del profeta Amos, che contiene una condanna durissima nei confronti di coloro che sfruttano e opprimono i poveri e si arricchiscono alle loro spalle. Questo testo significa che l’accumulo di denaro è per se stesso disonesto perché è frutto dello sfruttamento dei poveri, i quali vengono così privati non solo di ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere ma anche della loro libertà e dignità.
Nel brano del vangelo viene riportata una parabola in cui si narra apparentemente un fatto di disonestà: un fattore, in vista di un suo imminente licenziamento, riduce il debito contratto dai clienti del suo padrone, in modo da crearsi degli amici che lo aiuteranno quando sarà senza lavoro. Ciò che stupisce è il fatto che il suo padrone lo loda per la sua scaltrezza. Furbizia o saggezza? Gli ascoltatori di Gesù non potevano ignorare che il padrone era un ricco proprietario terriero il quale certamente aveva fatto i soldi sfruttando lavoratori e clienti. Il fattore perciò non ha fatto altro che restituire il mal tolto, privando il suo padrone non di quanto gli apparteneva ma di una parte di quanto aveva estorto ai suoi clienti. Quindi apparentemente è disonesto ma in realtà è saggio.
Per chiarire il senso della parabola l’evangelista aggiunge alcuni detti che Gesù aveva pronunziato magari in altri contesti, con il rischio di distorcerne il senso. Anzitutto, prendendo lo spunto dal tema della scaltrezza, osserva che i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce: essi perciò, con la loro negligenza, rischiano di rendersi corresponsabili delle ingiustizie che capitano in questo mondo. Più appropriato è l’invito a farsi amici con la ricchezza disonesta per essere da loro accolti nelle dimore eterne: i beni materiali, concentrati nelle mani di pochi, non possono dunque essere che il frutto di un comportamento disonesto e quindi devono essere restituiti a coloro ai quali in realtà appartengono. Infine Gesù afferma che non si può servire Dio e mammona: un ricco che detiene per sé grosse somme di denaro e non le investe per il bene di tutti dimostra di servire non Dio ma mammona, cioè i beni materiali.
Nella seconda lettura l’autore chiede che si facciano preghiere per tutti, specialmente per i governanti perché garantiscano alla popolazione una vita serena e tranquilla. Le autorità dello stato devono garantire il benessere di tutti e non i privilegi di pochi.
Il desiderio di far soldi, tanti e presto, è una droga che uccide chi dipende da essa e provoca la rovina della società.
La legge del mercato
Temo che neppure l’evangelista Luca abbia capito che cosa voleva dire la parabola del fattore infedele. Solo lui l’ha raccolta dalla tradizione, certo perché la riteneva importante. Ma l’ha tolta dal contesto in cui si trovava e poi, per renderla più comprensibile, vi ha aggiunto alcune frasi che dovrebbero indicarne il significato. Per me la più indicativa è la prima che probabilmente è la più arcaica ma non per questo meno problematica: «Il padrone lodò quell’amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza». Questo padrone è designato come kyrios, il Signore. Quale signore? Il latifondista, o Dio stesso da lui simboleggiato?
La liturgia ha voluto aiutarci a capire la parabola riportando come prima lettura un testo di Amos in cui si condannano i ricchi corrotti e sfruttatori dei poveri. Alla luce di questo testo la parabola significa che il vero disonesto non è l’amministratore ma il padrone. È lui che aveva il monopolio dei prodotti agricoli di quella regione e si arricchiva perché, non avendo concorrenza, stabiliva i prezzi a suo piacimento. Allora l’amministratore meritava una lode perché, nella sua disonestà, era stato più onesto del suo padrone. Infatti, a modo suo, aveva ristabilito la giustizia calpestata da un latifondista strozzino.
Interessante! Gesù allora contesta la legge di mercato, in forza della quale si verifica un accumulo di denaro nelle mani dei proprietari di grosse aziende mentre milioni di persone precipitano nella miseria. Che cosa direbbe Gesù per esempio delle ditte farmaceutiche che si sono arricchite a spese della salute di intere popolazioni? E dei produttori agricoli di casa nostra, che fanno soldi sfruttando una mano d’opera spesso priva dei più elementari diritti?
No, Gesù non ritiene che sia giusto l’enorme divario tra ricchi e poveri di cui è responsabile oggi il libero mercato. L’enorme accumulo di ricchezza nelle mani di pochi è sempre la conseguenza di un furto istituzionalizzato perché si sottrae a gran parte della popolazione ciò che dovrebbe servire al benessere di tutti. Perché ciò non avvenga bisognerrebbe cambiare le regole del gioco. Ed è questo che ci aspettiamo dai nostri governanti quando, obbedendo all’invito della seconda lettura, preghiamo Dio per loro.
Davvero sconcertanti le parole di Gesù che loda l’amministratore infedele, addirittura additandocelo ad esempio!
Se non lo si attualizza, questo vangelo addirittura scandalizza. Epoi, come non rimanere confusi dall’accostamento di questa liturgia che al “grido” di Amos accosta oltre a questo vangelo, anche le esortazioni di Paolo di pregare per i ‘potenti’?
Però poi se si considera che a quei tempi – ma anche quelli più vicini a noi, se ricordiamo il Fattore/Amministratore nel film l’Albero degli zoccoli – il padrone si serviva dell’amministratore, per ottenere sempre maggiori guadagni, maggiore ricchezza, i quali amministratori avevano dal padrone la cosi detta immunità… e non si peritavano certo di adire a tale scopo per vie …legali, oneste, non si si facevano scrupolo pervenirci attraverso il massimo sfruttamento dei loro sottoposti, i più poveri e indifesi facendone degli schiavi. Oggi diremo i raccoglitori di pomodori e simili?
Questo Amministratore, sentendosi ormai licenziato e privo di ogni risorsa per il suo futuro tenta il tutto per tutto; e del resto non fa che restituire al povero il maltolto dimezzando i debiti a suo tempo sovracaricati, sperando inoltre di ottenere così in loro un aiuto per il domani.
Sovente mi è difficile seguire le esortazioni di Paolo di pregare per i potenti che sono alla guida del nostro Paese, però la mia Fede in Dio e nell’Uomo mi dicono che tutti possiamo cambiare. E questo è il miracolo che con la preghiera chiediamo.