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Tempo Ordinario A – 33. Domenica

L’impegno delle buone opere

Il tema di questa liturgia domenicale è quello segnalato nella prima lettura in cui si presenta l’esempio di una donna saggia e laboriosa, che non si stanca di provvedere al bene della sua famiglia e si preoccupa anche degli estranei e dei poveri. Questa donna non ha impegni sociali o politici, come oggi ci si aspetterebbe, ma riveste un ruolo fondamentale all’interno della famiglia. Con la sua vita laboriosa, che non concede nulla all’inerzia e al disimpegno, ella contribuisce al benessere di tutti. 

Nella parabola dei talenti, riportata nel vangelo, l’accento è posto sulla diversità tra il comportamento dei primi due servi e quello del terzo il quale, per paura, non traffica il talento ricevuto. Sulla bocca di Gesù quest’ultimo rappresenta simbolicamente i devoti del suo tempo i quali, preoccupati di osservare i minimi dettagli della legge, non accettano il suo messaggio di salvezza. Per Matteo, che riporta la parabola in funzione dei suoi lettori, quando ormai il ritorno di Gesù non appare più come imminente, Dio dà a ciascuno i suoi doni in base alle sue capacità e si aspetta che faccia del suo meglio in rapporto con ciò che ha avuto; però il premio è uguale per tutti. Il servo fannullone rappresenta quei cristiani che dominati dalla paura del castigo divino sono preoccupati di osservare dei comandamenti ma non si impegnano in un servizio di amore per il bene comune. Quindi la parabola punta da una parte al superamento di una visione legalistica del rapporto con Dio e, dall’altra, all’esigenza di una vita cristiana all’insegna della fedeltà al vangelo. 

Nella seconda lettura l’impegno cristiano, nell’attesa del regno di Dio, viene sintetizzato in due parole: vigilanza e sobrietà. Queste due parole indicano non tanto una pratica religiosa, quanto piuttosto l’impegno per creare una società più fraterna e solidale. 

Spesso i cristiani si sono accontentati di riti, preghiere stereotipate, devozioni, con l’intento di farsi dei meriti e così sfuggire al pericolo dell’inferno. Per Gesù non è importante l’osservanza dei comandamenti, ma la disponibilità ad accogliere i doni di Dio e a farli fruttificare. E questo non per avere una ricompensa o evitare un castigo, ma per entrare nella gioia di Dio, cioè per vivere in sintonia con lui e attuare quei valori da cui dipende la felicità, in questa e nell’altra vita. È squalificato non chi produce meno, ma chi non si fida della misericordia di Dio.

Tempo Ordinario A – 32. Domenica

La ricerca della sapienza

Il tema di questa liturgia domenicale è quello della sapienza di cui si parla nella prima lettura. La sapienza rappresenta Dio stesso in quanto è presente nelle sue creature come energia vitale che ne garantisce l’ordine e l’armonia. In questo senso la sapienza precede l’iniziativa di ogni essere umano che però deve ricercarla mediante l’esercizio della ragione e la riflessione su se stesso e sulle realtà di questo mondo: solo così ciascuno impara a rapportarsi in modo corretto con l’ambiente e con le persone che lo abitano. È una ricerca che non è mai finita, perché il mondo è estremamente complesso e mutevole.

Nel vangelo viene riportata la parabola delle vergini sagge e di quelle stolte. Non dobbiamo fermarci in superficie, chiedendoci perché si parla di vergini e non di semplici ragazze o perché le stolte non hanno portato l’olio e le sagge hanno rifiutato di condividere con loro quello che avevano. Bisogna andare al centro della parabola che pone l’accento sulla sapienza di vita che coincide con la vigilanza. Gesù indica il regno di Dio, cioè un mondo migliore, verso il quale dobbiamo tendere in tutte le nostre scelte. Per fare ciò non bastano i sacramenti, la messa domenicale o la fede nei dogmi della Chiesa. Quello che si richiede è aderire alla persona di Gesù, trovando nel suo insegnamento non verità preconfezionate ma lo stimolo a ricercare, con la nostra ragione, quella sapienza che deve animare tutte le nostre scelte. L’incontro con lui non deve essere rimandato alla fine dei tempi o al momento della nostra morte, ma deve essere un’esperienza quotidiana che trasforma la nostra vita. Se si abbassa la guardia le conseguenze saranno negative non solo per chi sbaglia ma anche per tutta la società e per le generazioni future.

Nella seconda lettura Paolo parla della risurrezione finale e dell’incontro con il Signore risorto. È chiaro che egli usa le immagini del suo tempo. Noi non sappiamo che cosa avverrà quando finirà il corso della nostra vita personale o quello dell’umanità e del cosmo intero. L’importante è credere che nulla andrà perduto di quanto noi siamo e facciamo non solo per il bene nostro e degli altri, ma anche per l’ambiente in cui viviamo.

Il mondo è la casa che Dio ha disposto non solo per noi e per le generazioni che ci hanno preceduto, ma anche per quelle che verranno. Per questo dobbiamo comportarci con saggezza nei confronti di tutte le realtà che lo abitano. Per fare ciò noi credenti non riceviamo un supplemento di rivelazione ma uno stimolo a ricercare, alla luce del Vangelo, il bene in tutti i suoi aspetti, in sintonia con la ricerca di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. 

Avvento A – 1. Domenica

La vigilanza

Con questa domenica inizia il tempo di Avvento e con esso un nuovo anno liturgico. Il tema di fondo è quello dell’attesa, della vigilanza. Ma che cosa significa vigilare? Nella prima lettura il profeta racconta di aver avuto una visione: tutte le genti vanno in pellegrinaggio al monte di Dio e trasformano le armi in strumenti di progresso e di pace. È un sogno che non si sa quando si avvererà. Ma è anche una luce che indica la strada da percorrere perché questo sogno si realizzi nella vita personale e nella società.

Il brano del vangelo rielabora in un altro modo il tema della vigilanza. Secondo Matteo Gesù mette in guardia i suoi ascoltatori nei confronti di un comportamento di routine, unicamente preoccupato dell’oggi, incapace di guardare al futuro, di prepararsi ai grandi sconvolgimenti della storia che preludono alla sua venuta, cioè all’inizio di un mondo nuovo. Vigilare vuol dire prendere coscienza di quanto sta per avvenire. Anche ciò che sembra una catastrofe può diventare un’opportunità, se si crede in un futuro migliore. Ma bisogna saper vedere, capire e operare per ricavare un bene anche là dove sembra trionfare il male.

Nella seconda lettura Paolo riprende il tema della luce. Per lui la luce è Cristo che sta per ritornare. Vigilare vuol dire camminare nella luce cioè comportarsi onestamente, evitando orge o ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie. Ma soprattutto significa rivestirsi di Cristo, assumere il suo modo di pensare e di comportarsi. Per noi è urgente superare quel consumismo che ci porta a essere schiavi del mercato, cercando invece un bene più grande che riguarda tutti, cominciando da coloro che sono sfruttati ed emarginati.

La vigilanza dunque non consiste semplicemente nell’evitare comportamenti ingiusti e immorali ma nell’avere una visione che illumini e orienti tutta la nostra vita. Oggi esistono numerosi segni di crisi: il cambiamento climatico, l’inquinamento, i divari economici, le migrazioni e altro ancora. Quali ne saranno gli esiti? Qual è il ruolo che possiamo e dobbiamo svolgere come individui e come comunità? La vigilanza consiste non nel chiudersi nei propri problemi quotidiani (salute, conti in banca, risparmi, lavoro) ma nel guardare in avanti, nell’accettare le prove che ci aspettano, senza cercare scappatoie ma impegnandoci a fondo per il bene di tutti. Vigilare significa prima di tutto non cessare mai di sognare.