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Tempo Ordinario A – 28. Domenica

La convivialità

Il tema di questa liturgia è quello della convivialità come base dei rapporti nella chiesa e nella società. Nella prima lettura la convivialità viene presentata come lo scopo per cui Dio opera nel mondo. Alla fine dei tempi Dio imbandirà un grande banchetto su un’alta montagna. Esso è offerto a tutte le genti, senza alcuna discriminazione, e comporta la pace universale, a cui tutti sono chiamati. E con la pace viene attuato il benessere più grande: persino la morte è eliminata per sempre. Ma il punto centrale è la rimozione del velo che copriva la faccia di tutti i popoli. Questo velo significa l’incapacità di vedere e di capire il progetto di Dio in base al quale tutti gli esseri umani sono un’unica cosa, tutti sono chiamati alla salvezza, cioè a un rapporto d’amore vicendevole. 

Nel brano del vangelo viene riportata la parabola del banchetto nuziale. Anzitutto bisogna notare il paradosso: i ricchi che avevano il privilegio di essere invitati, contrariamente a ogni aspettativa, non sono interessati;. Secondo Matteo il banchetto è preparato da Dio per suo figlio, cioè Gesù, il Messia atteso dai giudei; i primi invitati che hanno rifiutato violentemente di partecipare alle nozze sono i giudei che non hanno riconosciuto Gesù come Messia; perciò sono puniti con la distruzione di Gerusalemme, la città santa, da parte dei romani (70 d.C.) e al loro posto vengono invitati tutti, buoni e cattivi, senza alcuna discriminazione, e il loro privilegio di popolo eletto passa ad altri, cioè ai discepoli di Gesù. Infine Matteo riporta il caso dell’invitato privo dell’abito nuziale, che è cacciato via dalla sala: con esso l’evangelista vuole far capire che al dono di Dio deve corrispondere la collaborazione umana. Più a monte, però, con questa parabola Gesù voleva esprimere l’amore universale di Dio che sta ormai attuando il suo regno nel mondo. In questo regno non ci sono privilegiati ma tutti partecipano ugualmente alla felicità che Dio dona ai suoi fedeli. Per tutti è arrivato il tempo della gioia e dell’abbondanza.

Nella seconda lettura viene riportato un esempio di solidarietà evangelica. Paolo ringrazia i filippesi per gli aiuti materiali che gli hanno inviato in un momento di particolare sofferenza. Ma per lui non era questa la cosa più importante: «So vivere nella povertà come so vivere nell’abbondanza, sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza. Tutto posso in colui che mi dà forza». Ciò che egli apprezza è soprattutto la loro disponibilità a collaborare con lui nell’annunzio del Vangelo.

La visione del regno di Dio come un banchetto fraterno ha un forte impatto sul modo di concepire la Chiesa. Essa non è un popolo eletto ma solo una comunità di fratelli e sorelle che accolgono il messaggio di Gesù e si riuniscono a mensa con lui. E mangiare insieme significa dialogare, ricordare, scambiarsi esperienze, esprimere desideri e aspirazioni comuni. Da ciò deriva l’impegno per la fraternità nei diversi campi della vita comunitaria e sociale,in stretta collaborazione con tutti coloro che, pur non aderendo alla Chiesa o appartenendo ad altre religioni, sono orientati verso i valori annunziati da Gesù.

Tempo Ordinario A – 18. Domenica

Il cibo della salvezza

La liturgia di questa domenica affronta il tema del cibo come espressione simbolica della salvezza. Nella prima lettura il profeta, a nome di yhwh, invita gli israeliti, che si preparano a ritornare dall’esilio, a mangiare e a bere gratuitamente. Immaginiamo una grande tavolata in cui i commensali hanno cibo a sufficienza e fanno l’esperienza della condivisione in un clima di solidarietà e di fraternità. Mentre si condivide il pane del corpo si attinge così ai grandi valori della vita. È questa l’immagine simbolica della salvezza che Dio dona al suo popolo.

Nel vangelo è significativo il fatto che Gesù, prima di distribuire i cinque pani e i due pesci, fa alcuni gesti: eleva gli occhi al cielo, recita una preghiera di benedizione e di ringraziamento, spezza i pani e li dà ai discepoli perché li distribuiscano alla folla. Sono i gesti tipici del padre che riunisce la sua famiglia intorno alla mensa. La condivisione del cibo diventa così un gesto che non riguarda solo l’apparato digerente, ma tocca anche il cuore, i sentimenti, i rapporti tra persone. I gesti di Gesù sono gli stessi che egli farà nell’ultima Cena. I primi cristiani non potevano non fare questo accostamento. Ne deriva un’importante conseguenza: mediante la sua morte in croce, rappresentata simbolicamente nel pane spezzato e nel vino versato, Gesù non solo dà un nutrimento spirituale, ma mette a disposizione dei suoi discepoli anche il pane materiale. Non per nulla i primi cristiani celebravano l’eucaristia nel contesto di un banchetto in cui ricchi e poveri condividevano lo stesso cibo messo a disposizione da ciascuno secondo le proprie possibilità.

Nella seconda lettura Paolo si chiede: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?». E risponde che nessuna potenza di questo mondo può farci perdere il rapporto con lui. L’unione con Cristo che si attua nell’eucaristia rappresenta un rapporto indissolubile che si rifrange in tanti altri rapporti che si moltiplicano a macchia d’olio e creano sempre nuove iniziative di collaborazione e di solidarietà.

Oggi l’umanità si trova in una tremenda crisi economica. Andiamo tutti incontro a un impoverimento, al quale corrisponderà inevitabilmente l’arricchimento di pochi privilegiati. Se vogliamo evitare tragedie ancora più grandi,  qualche cosa deve cambiare nelle regole che riguardano l’economia. Ma ciò sarà possibile solo in chiave di solidarietà. È questo il segnale chi i cristiani devono dare a tutta la società. Ma perché ciò avvenga è necessario che i loro incontri settimanali cambino radicalmente, diventando un vero momento di condivisione a tutti i livelli. Se ciò non avviene, l’essere cristiani perderà ogni significato.

Beneficenza e/o solidarietà

La Germania in questo dopoguerra è stata all’avanguardia nell’aiuto alle popolazioni più povere del pianeta. L’ho visto personalmente dall’osservatorio dei paesi in via di sviluppo. Ora la pandemia del Coronavirus sta facendo un miracolo: la Germania è costretta a passare dalla beneficenza alla solidarietà. E questo significa non semplicemente dare ma condividere. Per esempio accettando di far emettere dalla BCE i famosi Euro-bonds. E lo stesso discorso riguarda anche noi in diversi campi. E la Chiesa? Nessuna organizzazione ha fatto tanta beneficenza come la Chiesa. Ma in campo di condivisione a che punto siamo? Come giustificare le grandi disparità tra clero e laici, uomini e donne, ricchi e poveri, chi fa la beneficenza e chi la riceve? Oggi la pandemia ci insegna che solo la solidarietà ci può salvare. Continuo a chiedermi perché quello che dovremo fare per forza non lo facciamo per amore.