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Tempo Ordinario C – 08. Domenica

La parola a servizio della comunità

La prima lettura indica come tema di questa liturgia l’importanza della parola nella vita di una comunità. In questa lettura infatti è riportata in una piccola raccolta di detti che mettono in luce come solo la parola sia capace di dar vita a rapporti comunitari saldi. Per essere efficace, però, la parola deve essere vera, cioè autentica e sincera. Se uno pensa di nascondersi dietro parole false non costruisce nulla perché, anche a prescindere dalla sua volontà, le sue parole rivelano il suo vero essere.

Anche nel brano del vangelo è riportata una piccola raccolta di detti di Gesù dai quali Luca ricava alcune direttive pratiche riguardanti i rapporti all’interno della comunità cristiana. Il collegamento con il tema della parola avviene solo alla fine della raccolta: la bocca dell’uomo, senza neppure che lui se ne accorga, manifesta senza possibilità di equivoco quello che veramente c’è nel suo cuore. Perciò se uno è spiritualmente cieco non può pretendere di fare da guida a un altro che è cieco come lui, perché in questo caso ambedue andrebbero a finire in un burrone; chi vuole fare da maestro deve prima di tutto mettersi personalmente in ascolto del suo Maestro, senza ritenersi superiore a lui. Prima di correggere gli altri, pretendendo di togliere la pagliuzza dal loro occhio, ciascuno deve togliere la trave dal proprio occhio, cioè verificare se il proprio comportamento è veramente in sintonia con l’insegnamento di Gesù. Dietro l’angolo c’è sempre il pericolo dell’ipocrisia che consiste nel voler apparire quello che invece non si è. In questo campo non bisogna illudersi perché quello che uno è veramente si manifesta dalle opere che egli compie come il frutto manifesta la qualità dell’albero.

Nella seconda lettura Paolo mette in luce come Gesù, con la sua risurrezione, abbia riportato la vittoria sul peccato e sulla morte. Egli infatti, con la sua morte accettata liberamente come conseguenza del suo impegno per la giustizia e per una fraternità vera, manifesta un nuovo modo di essere e di vivere nel quale coinvolge coloro che credono in lui. Così facendo egli ha indicato la strada per eliminare il peccato, cioè la violenza che condiziona tutta l’esperienza umana.

Le direttive di Gesù, raccolte da Luca, riguardano tutti i membri della comunità, ciascuno dei quali deve contribuire alla formazione degli altri, comunicando loro con parole vere il proprio cammino di fede. Queste direttive riguardano però in modo speciale quelli che ricoprono incarichi di servizio all’interno della comunità. Le loro parole devono partire dal cuore, cioè da una autentica esperienza interiore, che presuppone l’ascolto del Maestro comune e degli altri membri della comunità.

Tempo Ordinario A – 15. Domenica

Una parola di speranza

Il tema di questa domenica è quello della fede nella parola di Dio da cui deriva la speranza in un mondo nuovo. Il brano del Deutero-Isaia riportato nella prima lettura richiama l’esigenza di questa fede. Il profeta fa dire a Dio che la sua parola si attuerà con la stessa sicurezza con cui si ripetono i fenomeni della natura. Nel contesto dell’esilio ciò significa che gli israeliti devono attendere senza tentennamenti il momento della liberazione che Dio aveva promesso loro per mezzo dei profeti.

Nel brano del vangelo, pronunziando la parabola del seminatore, Gesù invita i suoi discepoli ad accogliere con fiducia la sua parola con cui annunzia la venuta del regno di Dio. Nonostante gli ostacoli che sembrano impedirne la riuscita, l’attuazione di questo regno è già iniziata e nulla potrà fermarla. Non bisogna dunque accettare lo scetticismo di coloro che non sanno guardare in avanti ma sono arroccati nella difesa dei loro schemi e dei loro privilegi. Solo chi accoglie questa parola di speranza è capace di vedere i segni che attestano il costante operare di Dio nelle vicende di questo mondo. La spiegazione della parabola, frutto della riflessione di una comunità credente, ci riporta a noi stessi. Ciò che ostacola la realizzazione del piano di Dio non è tanto l’opposizione dei non credenti quanto piuttosto il disimpegno dei credenti. Essi devono superare la loro mancanza di comprensione, l’incostanza, lo scoraggiamento di fronte alle difficoltà della vita, la preoccupazione del mondo e la seduzione delle ricchezze. Dio farà certamente la sua parte, ma anche i credenti devono fare la loro. E quello che si richiede da loro è soprattutto un impegno costante per capire il piano di Dio che si attua nella storia e per porsi in sintonia con esso nonostante tutte le difficoltà e i fallimenti a cui vanno incontro.

Anche la seconda lettura contiene un messaggio di speranza. Paolo afferma che le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. E aggiunge che tutta la creazione geme in attesa della rivelazione dei figli di Dio. Ciò significa che, quando i credenti saranno giunti alla piena comunione con Dio, anche il cosmo sarà trasformato. Ma già fin d’ora i figli di Dio devono prendersi cura anche di tutto il cosmo del quale sono partecipi.

La nostra speranza in un mondo migliore non si basa sulla nostra capacità di trasformare il mondo in cui viviamo ma nella fede in un Dio che in modo invisibile guida l’evoluzione dell’umanità e di tutto il creato. Questa certezza non comporta disimpegno e fatalismo ma al contrario provoca un impegno per la giustizia e la solidarietà che stanno alla base di un mondo rinnovato. In questa prospettiva si impone una nuova concezione dell’ambiente che deve essere rispettato perché serva non agli interessi di qualcuno ma al benessere di tutti. 

Santissima Trinità A

L’incontro con il Dio inconoscibile

Nel primo concilio di Nicea, che ha avuto luogo nel 325, è stata formulata la dottrina secondo cui Dio è unico quanto a natura ma in lui ci sono due persone, il Padre, il Figlio; successivamente è stata aggiunta una terza persona, lo Spirito santo. Questa dottrina ha consentito il superamento delle divergenze allora presenti nel movimento cristiano. Con il tempo però è diventato una formula che, proprio perché è continuamente ripetuta, non suggerisce più nulla ai cristiani ordinari. È dunque importante riscoprire l’origine biblica di questa dottrina e i riflessi che ha nella vita spirituale dei credenti.

Nella prima lettura è riportato il nucleo centrale del messaggio biblico, secondo il quale il mondo trae origine da una Realtà superiore, chiamata YHWH, che l’ha voluto e l’ha realizzato attraverso un’evoluzione che è durata miliardi di anni. Questo Dio è misericordioso, non tanto perché perdona il peccato di chi si pente, ma perché accetta tutte le creature che da lui hanno origine, nonostante tutti i loro limiti e le loro miserie, e dà loro armonia e finalità. È per questa sua misericordia che Dio ha ricevuto l’appellativo di Padre.

Nel brano del vangelo la paternità di Dio viene espressa come un immenso amore che si manifesta in massimo grado nella persona umana di Gesù. In quanto atto supremo di amore, il suo essere innalzato sulla croce appare come una gloria e non come un’umiliazione. Egli diventa così Maestro e ispiratore di chi si apre al suo messaggio. Ogni essere umano è equipaggiato per fare l’esperienza di Dio. Senza questa possibilità non potremmo vivere. Esistono però uomini che hanno percepito il divino in un modo speciale e sono diventati le guide spirituali dell’umanità. Gesù è uno di questi. Per i suoi discepoli è lui in sommo grado il Rivelatore del Padre. In lui essi hanno visto un riflesso speciale del Dio nascosto, il volto umano di Dio.

Nella seconda lettura, Paolo invita i cristiani a praticare l’amore vicendevole. Poi esprime i suoi saluti mediante una formula trinitaria in cui il Padre viene visto come fonte dell’amore e il Figlio come colui che ci ha donato la grazia di Dio; al terzo posto viene evocato lo Spirito come garante della comunione, cioè del legame profondo che unisce i credenti fra loro e con Dio. In altre parole il Dio nascosto si è manifestata in Gesù di Nazaret e agisce mediante lo Spirito da lui elargito nel cuore di chi crede in lui.

La Trinità è una formula che è stata imposta spesso con metodi violenti e intolleranti. Oggi è importante che non sia più ripetuta mnemonicamente ma aiuti a comprendere il mistero di un Dio nascosto che si rivela come Padre mediante il suo Figlio Gesù Cristo e muove come soffio vitale persone e cose perché evolvano verso quella pienezza che egli ha assegnato loro come scopo della sua creazione.