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Tempo Ordinario C – 03. Domenica

Un percorso di liberazione

Le letture di questa domenica mettono in luce l’opera di liberazione che Gesù è venuto a compiere nella società umana. Nella prima lettura si descrive una svolta determinante nel processo di ricostituzione del popolo giudaico dopo l’esilio: per la prima volta viene promulgata, con l’autorità di Dio, una legge che stabilisce, con severe sanzioni, la giustizia nei rapporti fra tutti i membri della comunità. In questo modo si pone un limite ai soprusi che si verificavano nei confronti dei più poveri. Una buona legge è una condizione imprescindibile di libertà. Coloro che assistono all’evento piangono di gioia per questo passo in avanti nel loro processo di liberazione.

Agli inizi del ministero di Gesù Luca configura una scena inaugurale con la quale fornisce una descrizione di quella che sarà la sua missione. Mentre Marco si limita a dire che Gesù annunziava la venuta imminente del regno di Dio, Luca mette sulla sua bocca un testo profetico riguardante la vocazione di un profeta del postesilio. Anche qui, come nella prima lettura, abbiamo la proclamazione pubblica di un testo biblico. Ma, mentre nella prima si promulga una legge, Gesù dà lettura di un testo profetico che preannunzia la venuta di una persona che porta un lieto annunzio ai poveri, risana coloro che sono afflitti da malattie del corpo e dello spirito, libera tutti gli oppressi. Soprattutto è importante la guarigione dei ciechi perché, senza istruzione e informazione, non c’è vera libertà. Infine Gesù tronca la lettura del testo dell’AT subito dopo la promessa di liberazione, in modo da escludere la parte successiva, nella quale si tratta della punizione dei malvagi. Non è la vendetta che promuove la vera liberazione ma la riconciliazione. Secondo Luca, durante il periodo della sua predicazione, Gesù non protesterà e non si rivolgerà alle autorità civili per esigere che risolvano i problemi della gente, ma si impegnerà in prima persona per rendere tutti coscienti dei loro diritti e dei loro doveri in un ambito di profonda solidarietà. In tal modo egli ha fatto provocato un grande movimento di liberazione che è continuato dopo la sua morte e si è sviluppato per opera dei suoi discepoli,

Nella seconda lettura il discorso si focalizza sulla comunità cristiana, dove tutti sono chiamati a formare un solo corpo in Cristo, senza più barriere e divisioni. È questo il frutto dell’opera di liberazione iniziata da Gesù. Per lui il rapporto con Dio ha il primato; ma a Dio si può andare solo mediante il servizio vicendevole in vista di un bene che riguarda tutta la società.

Le letture di oggi non escludono l’importanza di una legge giusta e la punizione di quanti la trasgrediscono. Ma mettono in primo piano la necessità di risanare le persone, afflitte da innumerevoli mali, la cui libertà è limitata da tanti condizionamenti psichici e sociali. Gesù ha fatto la sua parte ma ha lasciato a noi la responsabilità di attuare i valori che lui ha annunziato e in cui noi crediamo. Questo è il compito specifico di una comunità cristiana. Questa però non deve essere concepita come un ambito di privilegio, cioè di pochi eletti che sono al di fuori del mondo. Al contrario l’esperienza comunitaria deve contribuire a realizzare un grande progetto di liberazione di tutta la società, sia per mezzo dell’esempio che essa dà, sia mediante l’impegno a favore degli ultimi, dei poveri, dei carcerati, degli esclusi. Solo così il vangelo diventa una buona notizia.

Cristo Re B

A servizio della verità

Le letture di questa domenica hanno come tema la ricerca della verità, come espressione della regalità di Gesù e della sua comunità. Nella prima lettura, la figura di uno «simile a un figlio d’uomo» è introdotta in contrasto con quattro mostri marini che rappresentano gli imperi dell’antichità. L’espressione «figlio d’uomo» non indica altro che un individuo appartenente alla razza umana. Egli è l’uomo mediante il quale Dio sconfigge le potenze del male. Al termine della visione però il figlio d’uomo viene identificato con l’Israele degli ultimi tempi, che riceverà un giorno il potere di cui si erano impossessati i grandi imperi. Il figlio d’uomo è dunque un individuo che rappresenta una comunità a cui viene conferito il regno di Dio.

Nel brano del vangelo come titolare di questo regno viene indicato un individuo, Gesù, il quale, in quanto Messia, riveste la dignità regale. Secondo il quarto vangelo Gesù, di fronte a Ponzio Pilato, lo ha dichiarato in modo esplicito, ma ha precisato che il suo regno non è di questo mondo. Ciò non significa che la sua regalità si attua in un mondo diverso dal nostro ma piuttosto che essa è diversa da quella che si attua in questo mondo. Infatti i regni di questo mondo si qualificano per la violenza con cui impongono l’ordine sociale, il più delle volte in favore di una ristretta minoranza di privilegiati. Per evitare ogni rischio di malinteso, Gesù nel vangelo afferma che il suo regno consiste nel rendere testimonianza alla verità: questa nel linguaggio biblico è l’equivalente della fedeltà con cui Dio si rapporta a questo mondo e a tutta l’umanità. Testimoniare la verità significa dunque manifestare al mondo la fedeltà di Dio. Gesù lo ha fatto non solo a parole, ma praticando lui stesso, fino alla morte, la fedeltà verso Dio e i fratelli.

Nella seconda lettura si parla invece di una regalità conferita a tutta una comunità, quella dei discepoli di Gesù. Essi devono esercitarla, come ha fatto Gesù, non mediante i mezzi del potere (utilizzati spesso anche nelle moderne democrazie), ma mediante la testimonianza della vita. Questa si identifica con il sacerdozio che compete a tutti i fedeli come comunità che dà gloria a Dio non mediante riti o cerimonie religiose, ma praticando la giustizia fra gli uomini.

La regalità di Gesù e dei suoi discepoli è dunque un antico simbolo che indica non un potere ma un servizio che i credenti svolgono in funzione del bene comune. Esso consiste nel dare testimonianza alla verità: è questo lo scopo per cui esiste la comunità dei discepoli di Gesù, i quali, come lui e insieme a lui, accolgono la fedeltà di Dio e la manifestano nel rapporto che instaurano tra di loro al servizio di tutta la società.