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Tempo di Pasqua B – 5. Domenica

Per una vera comunità

Le letture di questa domenica richiamano ancora una volta l’attenzione su un tema oggi diventato cruciale, quello della comunità. Nella prima lettura Luca racconta l’incontro di Paolo (allora ancora Saulo), reduce dall’esperienza di Damasco, con la comunità di Gerusalemme. Egli vuol sottolineare come l’incontro con Gesù porta necessariamente a inserirsi in una comunità. Per Saulo non è stato facile perché i membri di quella comunità avevano tutte le ragioni per dubitare di lui. Uno di loro, però, di nome Barnaba, vede le cose in modo diverso, coglie le potenzialità del neo convertito, lo accoglie e lo introduce nella comunità. È così che Paolo diventa l’apostolo che conosciamo. 

Il vangelo parla di comunità a partire dall’immagine della vite e dei tralci. Nell’AT la vite simboleggiava il popolo di Israele, spesso infedele al suo Dio. Nel contesto giovanneo la vite invece rappresenta Cristo, il Figlio prediletto, nel suo rapporto unico con il Padre. I tralci sono i suoi discepoli che da lui ricevono la linfa vitale. Ma in una vite i tralci hanno anche un profondo rapporto fra loro. L’immagine si comprende correttamente solo a partire dall’esperienza di una comunità riunita nel ricordo di Cristo. È proprio condividendo i suoi valori, il suo orientamento di vita, la sua mentalità che persone diverse si trovano unite. Chiunque può essere un credente in Cristo o comunque una brava persona anche se non fa parte di una comunità. Ma normalmente è in una comunità che si viene a contatto con la persona di Gesù. Questo incontro non è qualcosa di astratto, ma viene mediato dagli esempi dei suoi membri, vivi e defunti, dalle loro riflessioni, esperienze e preghiere. È nella comunità che la linfa vitale scaturita da Gesù raggiunge tutti i suoi membri. Questa linfa può essere identificata con lo Spirito santo, che è lo spirito stesso di Gesù che si comunica ai suoi discepoli. Il rapporto comunitario si attua in vari modi e con intensità diversa. Esso non è quindi superficiale, ma viene dal profondo del cuore. Non elimina le diversità di cultura e di talenti ma aiuta a superare tutti gli ostacoli che possono dividere e impedire una vera solidarietà. 

Alla luce dell’immagine della vite e dei tralci si comprende il tema dell’amore di cui si parla nella seconda lettura. In essa si dice che il comandamento di Dio è che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri…». L’amore non è un semplice sentimento ma l’espressione di una scelta di vita che si basa sulla fede e si esprime nell’impegno comune per realizzare un mondo migliore, più giusto e fraterno.

Nella nostra società si rendono necessarie nuove forme di aggregazione fondate sulla solidarietà e sull’impegno per il bene comune. Ne va della qualità della vita e del funzionamento stesso della democrazia. Per essere comunità in senso proprio non basta trovarsi nello stesso luogo, fare gesti comuni, ascoltare l’esperto di turno. Ciò che è più importante è lo scambio verbale, in cui ciascuno esprime la sua visione della vita e del mondo. Il cristianesimo fornisce a questo scopo uno strumento particolarmente efficace che consiste nella fede in un progetto comune che riguarda il bene dell’individuo e di tutta la società. Questa esperienza dovrebbe esprimersi nell’assemblea domenicale; se essa non avviene, anzi se viene esclusa di proposito, vuol dire che strutturalmente qualcosa non funziona. Per recuperar questa dimsnsione è necessario creare nuovi tipi di aggregazione nei quali sia centrale il rapporto interpersonale. Solo così i cristiani potranno diventare quel lievito nella massa di cui parlava Gesù con i suoi discepoli.

Battesimo del Signore B

La sfida del battesimo

La liturgia ricorda il battesimo di Gesù come una seconda epifania, cioè un momento speciale in cui egli si è manifestato al mondo. Con questa festa terminano le celebrazioni natalizie e inizia il tempo ordinario, in cui la liturgia propone la lettura del vangelo di Marco (anno B). È questa un’occasione preziosa in cui siamo invitati a riflettere sul nostro battesimo in quanto modellato sul battesimo di Gesù.

La prima lettura è rivolta ai giudei esuli a Babilonia che ormai intravedevano la liberazione e il ritorno nella terra promessa. Il profeta, i cui oracoli sono riportati nella seconda parte del libro di Isaia, intende dare loro un’ulteriore garanzia circa la realizzazione del progetto di Dio. Egli sta per fare con il popolo rinnovato un’alleanza eterna perché sia il testimone di una salvezza che dovrà estendersi a tutti i popoli. Ma il profeta sottolinea anche che essi devono collaborare con l’azione divina. Ciò significa nutrirsi metaforicamente del cibo che egli dà loro: in altre parole, essi devono cercare il Signore, fidarsi di lui e abbandonare i propri interessi personali per adottare i pensieri del Signore.

Nel brano del vangelo si narra il battesimo di Gesù ad opera di Giovanni il Battista. Questi invitava i peccatori alla conversione e amministrava loro il battesimo come segno del perdono di Dio. È comprensibile perciò che i primi cristiani sentissero un certo imbarazzo per il fatto che Gesù aveva ricevuto il battesimo di Giovanni insieme a una folla di persone che confessavano i loro peccati. Secondo Marco, il vangelo più antico, che è la fonte principale degli altri due, il significato del battesimo di Gesù si capisce a partire da ciò che è avvenuto subito dopo. Appena ha ricevuto il battesimo, Gesù ha visto i cieli aperti e lo Spirito di Dio, in forma di colomba, discendere su di lui mentre una voce dal cielo diceva: Tu sei il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. Questa visione non deve essere letta come un evento accaduto oggettivamente ma come un racconto composto dall’evangelista per esprimere il significato del battesimo di Gesù. La visione da lui ricevuta mostra chiaramente che la presenza di Gesù tra i peccatori non è stata la risposta a un suo bisogno di purificazione, ma l’occasione in cui ha iniziato a compiere la missione che il Padre gli aveva assegnato. In quel momento Gesù si è impegnato a raccogliere un popolo rinnovato e purificato, disposto ad accettare su di sé la regalità di Dio. Immergendosi nell’acqua con i peccatori, Gesù non ha compiuto qualcosa di disdicevole per il figlio di Dio, ma piuttosto ha mostrato come il vero «figlio di Dio», il Messia, si riveli non in un tempio o una reggia ma condividendo le sofferenze e i limiti propri di ogni essere umano. Si spiega così la scandalosa amicizia con i peccatori che ha contrassegnato il ministero pubblico di Gesù (cfr. Mc 2,15). 

Nella seconda lettura si dice che chi è stato generato da Dio non può non amarlo. Ma se veramente ama Dio come suo Padre, egli deve amare anche tutti coloro che Dio ha generato. Infatti l’amore per Dio si manifesta nell’osservanza dei suoi comandamenti che hanno come oggetto fondamentale l’amore del prossimo. È proprio amando Dio e il prossimo che il credente vince il mondo, cioè sconfigge il peccato che si annida nelle strutture ingiuste che corrompono i rapporti tra le persone.

L’uso di amministrare il battesimo ai bambini ha fatto perdere lungo i secoli il significato del battesimo cristiano. In un periodo come il nostro, nel quale molti genitori rinunziano a far battezzare i loro figli, è importante riscoprire il significato del battesimo, che implica, come dice la prima lettura, un vero cambiamento di mentalità. Esso significa diventare discepoli di Gesù ed entrare così nell’ottica di Dio, impegnandosi con lui in una lotta senza quartiere contro il male che pervade la società. Ciò si attua entrando a far parte di una comunità in cui si anticipa nell’oggi, come richiede la seconda lettura, quel regno di giustizia e di pace che Gesù è venuto ad annunziare

Tempo Ordinario A – 30. Domenica

Il vero amore di Dio

La liturgia di questa domenica ha come tema l’amore di Dio e del prossimo. Nella prima lettura vengono riportate alcune prescrizione del cosiddetto Codice dell’alleanza, una raccolta di precetti che forse è la più antica di tutta la Bibbia. Esse puntano sulla giustizia. Non si deve molestare né opprimere il forestiero. Non bisogna maltrattare la vedova e l’orfano. È proibito il prestito a interesse. E infine bisogna restituire a sera il mantello del povero preso come pegno per un prestito. Si tratta solo di alcuni esempi. L’esigenza fondamentale è quella di far sì che i diritti di ogni persona siano riconosciuti e difesi.

Nel vangelo Gesù affronta il tema dei rapporti del credente con Dio e con il prossimo. Secondo Matteo, lo scriba che pone a Gesù la domanda circa il comandamento più grande vuole metterlo in difficoltà; in realtà nelle sue parole si riflette la preoccupazione, tipica del giudaismo, di trovare un punto di unità fra le diverse prescrizioni della legge. Mentre la domanda verteva su un solo comandamento, la risposta di Gesù è più articolata. Prima cita il comandamento, contenuto nel libro del Deuteronomio, che prescrive di amare Dio con tutto il cuore, sottolineando che «questo è il più grande e primo comandamento»; poi aggiunge un altro comandamento preso dal libro del Levitico: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». E commenta: «Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti». Con queste parole Gesù vuol dire che per piacere a Dio non è sufficiente praticare la legge, che prescrive la giustizia sociale, ma ci vuole l’amore, la cui importanza e sottolineata dai profeti. Inoltre Gesù vuol far capire che non si può amare Dio se non si ama il prossimo e viceversa. L’amore non è un semplice sentimento ma implica un impegno nei confronti dell’altro che, a partire dal Creatore, si estende a tutte le sue creature.

Nella seconda lettura Paolo loda i tessalonicesi perché hanno partecipato con lui alla diffusione del vangelo. L’Apostolo parla di una comunità che è tutta missionaria, e lo è soprattutto perché rifiuta un modello di vita basato sull’egoismo e si impegna affinché il valore supremo dell’amore pervada tutta la società. 

L’amore verso Dio esige dunque che sia riconosciuto a ognuno i diritti che gli competono come persona umana; questo scopo però non si consegue solo emanando leggi giuste ma praticando l’amore e la fraternità. La pratica dell’amore così inteso è una missione che ha come scopo la creazione di un mondo migliore. Più che convertire gli altri al cristianesimo, è necessario lottare con tutti gli uomini di buona volontà perché questo ideale di fraternità si realizzi.