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Tempo Ordinario C – 16. Domenica

Accoglienza, ascolto e servizio

Il tema di questa liturgia è quello dell’accoglienza, vista come simbolo del rapporto con Gesù e, per mezzo suo, con il Padre. Nella prima lettura la liturgia presenta l’ospitalità di Abramo che, senza saperlo, riceve la visita di Dio. Nel suo comportamento si intrecciano l’impegno per rendere gradevole il soggiorno degli ospiti e l’ascolto di un messaggio importante che gli viene rivolto: entro breve tempo si realizzerà la promessa riguardante la nascita di un figlio, progenitore di un intero popolo.

L’esempio di Abramo serve come chiave di interpretazione per il brano del vangelo nel quale si narra l’accoglienza che Marta e Maria riservano a Gesù. Le due sorelle dimostrano ambedue un grande senso di ospitalità nei suoi confronti. Ma il loro atteggiamento è diverso. Marta, la padrona di casa, rispecchia la preoccupazione di Abramo per gli aspetti materiali dell’ospitalità. Con il suo attivismo ella esprime non solo il desiderio di fare bella figura, ma anche e soprattutto la sua devozione nei confronti di Gesù. Maria invece, interpretando un altro aspetto dell’esempio di Abramo, è più interessata al messaggio e di conseguenza si intrattiene con l’ospite, ascoltando quello che egli le dice. Marta si sente abbandonata dalla sorella e fa a Gesù le sue rimostranze. Pur senza squalificare il suo comportamento, Gesù dimostra chiaramente di preferire quello di Maria. La sua risposta è particolarmente significativa dopo che, con la parabola del buon Samaritano, aveva sottolineato l’importanza del fare come espressione dell’amore del prossimo. Ascoltare e agire sono due facce di una stessa medaglia.

Nella seconda lettura si pone l’accento sulla missione dell’apostolo che consiste nell’essere ministro, cioè servitore della comunità per annunziare, mediante la predicazione del Vangelo, un mistero nascosto da secoli. Questo mistero ha come oggetto Cristo, speranza della gloria futura, da cui dipende la salvezza di tutti, giudei e gentili. L’annunzio della parola prende qui il sopravvento su ogni altro tipo di servizio.

Il servizio dei poveri e dei sofferenti, con i quali Gesù si identifica, ha un posto fondamentale nella sua predicazione. Ma il primato spetta alla comunicazione di un messaggio di speranza, che il credente scopre nel suo rapporto con Dio e dal quale è sostenuto e illuminato nel suo servizio caritativo. Perciò l’ascolto deve sempre precedere e accompagnare l’azione. Questo ascolto costituisce un aspetto essenziale della preghiera, che consiste essenzialmente non nel chiedere qualcosa a Dio ma nell’impegno per comprendere la sua volontà. È significativo che Luca indichi come modello di questo atteggiamento di ascolto non un discepolo di Gesù ma una delle donne che lo seguivano.

Una politica migratoria razzista

“Non c’è una umanità di serie A e un’umanità di serie B. Fa bene Colombo a ricordare i lager libici,
dove da anni vengono perpetrati orrendi crimini. Denunciamo ovunque le violenze e non restiamo
indifferenti. Perciò plaudiamo all’accoglienza dei profughi ucraini, ma restiamo esterrefatti di fronte
a una politica migratoria evidentemente razzista che discrimina chi ha la pelle più scura: gli studenti
stranieri o i lavoratori temporanei di altre nazionalità, che erano in territorio ucraino, non sono
compresi nella protezione accordata dall’Europa. Bambini afghani, siriani, curdi restano a morire
fuori dalle nostre frontiere. Il problema è lo Stato nazionale, una forma politica discriminatoria che
ora mostra il suo volto decrepito e violento. Perciò auspichiamo una Unione europea dei popoli in
grado di superare il criterio della nazione. Chi è di sinistra, anziché prendere le parti di una nazione
contro l’altra, dovrebbe assumere il punto di vista che un tempo si diceva inter-nazionalista e che
oggi potremmo dire al di là delle nazioni”.

(da Donatella Di Cesare, Caro Colombo, pure io sto coi bimbi (tutti). Infatti dico “No armi”, in “Il fatto quotidiano” del 4/4/2022)

Tempo Ordinario A – 13. Domenica

Una comunità profetica

Il tema della liturgia di questa domenica è suggerito dalla prima lettura in cui si parla del profeta e dell’accoglienza che gli è dovuta. Il profeta è l’uomo di Dio che esorta, incoraggia e illumina le menti e i cuori alla ricerca di Dio. Egli tiene desta la speranza in un mondo migliore e aiuta ad anticiparlo nella propria vita e in quella di tutto il popolo. Se denunzia gli errori di chi sbaglia, lo fa non per condannarlo ma per aiutarlo a superare gli ostacoli e a riprendere il cammino. La donna che accoglie Eliseo condivide con lui i valori e gli ideali che egli porta con sé: perciò è piena di devozione nei suoi confronti. Ma non ha figli, è senza futuro. Il profeta, facendole avere un figlio, le apre nuove prospettive, le offre la possibilità di dare un senso alla propria vita.

Nel brano del vangelo sono riportati alcuni detti di Gesù, tratti fuori dal loro contesto originario e qui raccolti come conclusione del «discorso missionario» (Mt 10). Fra essi la liturgia suggerisce di mettere in primo piano quello in cui Gesù afferma che chi accoglie un profeta perché è un profeta avrà la ricompensa del profeta. Alla luce di questo detto si possono interpretare gli altri che fanno parte della raccolta. Il profeta è il discepolo che ama Gesù più di suo padre e di sua madre, che prende la sua croce e lo segue, che è disposto a perdere la propria vita per causa sua. Egli è un giusto proprio perché si fa piccolo, senza pretesa di potere o di onori. Perciò chi accoglie il discepolo di Gesù accoglie lui e con lui il Padre che lo ha mandato; anche solo chi gli darà un bicchiere d’acqua non perderà la sua ricompensa. Ne consegue che chi accoglie un profeta/discepolo di Gesù perché è un profeta avrà la ricompensa del profeta. Ciò significa che una comunità che si rifà a Gesù è tale solo se sa accogliere coloro che hanno il carisma profetico. Se una comunità non accoglie i profeti non può diventare essa stessa profetica e quindi non può essere missionaria, perché la missione consiste nell’aprire gli occhi al futuro di Dio e nell’interpretare i segni dei tempi che egli ha messo sul cammino dell’umanità. 

Nella seconda lettura l’apostolo Paolo afferma che, con il battesimo, siamo morti e risuscitati con Cristo. E poi specifica che Cristo è morto al peccato una volta per sempre e ora vive per Dio. Solo diventando un’unica cosa con Gesù possiamo anche noi morire al peccato, cioè combattere contro ogni tipo di ingiustizia e di prevaricazione. Ciò è possibile solo se formiamo una comunità profetica, che annunzia, come ha fatto Gesù, la venuta del regno di Dio.

Una comunità che «uccide» i profeti si appiattisce sul culto, sulle regole morali, sulle gerarchie e sui dogmi fissati una volta per sempre. Così facendo essa non è missionaria e quindi non può pretendere di essere il corpo di Gesù. Solo i profeti infatti danno a una comunità la possibilità di guardare in avanti, di interpretare i segni dei tempi e di annunziare un mondo migliore, basato sulla giustizia e sulla solidarietà.