Categoria: Tempo ordinario B

Tempo Ordinario B – 10. Domenica

La lotta contro il potere del male

La liturgia di questa domenica, proponendo come prima lettura il brano della Genesi in cui si condanna il serpente tentatore, suggerisce di riflettere sullo scontro tra bene e male che pervade la storia dell’umanità. Le parole di condanna pronunziate da Dio nei confronti del tentatore implicano una promessa: il male non potrà mai prevalere sul bene e la donna che, secondo il racconto, era stata la prima a cedere alle sue lusinghe del tentatore, sarà anche la prima nella lotta contro di lui.

Nel brano del vangelo vengono indicati i rapporti non del tutto sereni tra Gesù e la sua famiglia. Sullo sfondo c’è la guarigione, da parte sua, di un particolare genere di malati, affetti da squilibri mentali che, secondo la cultura dell’epoca, erano posseduti da un potere diabolico. La loro guarigione viene vista quindi come l’espressione simbolica della lotta da lui intrapresa contro ogni genere di discriminazione e di violenza prevalente nella società: era questo il modo da lui scelto per indicare la venuta ormai imminente del regno di Dio. Questa sua attività comporta per Gesù una rottura con la famiglia, come in seguito la stessa rottura avverrà con i suoi compaesani e con tutto Israele. Gesù non conta sull’appoggio della sua famiglia e della sua gente. Intorno a lui ci sono altri fratelli e sorelle, cioè i discepoli che lo ascoltano e sono in sintonia con lui: sono loro la sua nuova famiglia, l’umanità nuova che eredita il regno di Dio. E in essa uomini e donne partecipano alla realizzazione del progetto di Dio su un piano di totale parità.

Nella seconda lettura Paolo mette in luce la vittoria definitiva sulle potenze del male che si rivelerà pienamente solo al termine della storia umana e, per il credente, al termine della sua vita terrena. È chiaro che si tratta di una percezione interiore alla quale si può alludere solo con immagini: l’uomo interiore, la gloria, la risurrezione, una dimora celeste, una vita eterna.

La lotta di Gesù contro le potenze del male si inserisce in un grande progetto di rinnovamento che egli ha definito con l’espressione «regno di Dio». Il suo impegno fino alla morte mostra in concreto che è possibile sperare in un mondo nuovo, per il quale vale la pena spendere la propria vita. È un percorso che si concretizza nella formazione di comunità vive che si battono per un mondo più giusto e solidale.

Tempo Ordinario B – 9. Domenica

Un riposo a favore dell’uomo

Il tema di questa domenica viene segnalato nella prima letture in cui si parla del comandamento riguardante il riposo in giorno di sabato. Nella versione che ne dà il Deuteronomio appare chiaro che questo comandamento ha uno scopo umanitario, quello cioè di dare un respiro di sollievo a quelle categorie di persone che sono sottoposte ai lavori più pesanti dell’agricultura. Questa esigenza viene fondata sul fatto che gli israeliti sanno che cosa voleva dire essere schiavi in Egitto: quindi non devono imporre agli altri quello che non desiderano per se stessi.

Nel brano del vangelo si narra che Gesù ha preso posizione nei confronti del comandamento che prescrive il riposo in giorno di sabato. Egli lo ha fatto guarendo un malato in giorno di sabato e giustificando i suoi discepoli che, sempre in giorno di sabato, si sfamavano raccogliendo alcune spighe di grano. Secondo i farisei queste due azioni erano proibite in giorno di sabato. Gesù non contesta la legge in se stessa, ma mostra che il suo vero scopo è quello di promuovere il bene e la dignità di qualsiasi essere umano. Il sabato infatti è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Interpretando la legge in funzione dell’uomo, Gesù la sottrae alle mani degli interpreti, scribi e farisei, i quali se ne servivano per porre sulle spalle della gente pesi che neppure essi erano stati capaci di portare (cfr. Mt 23,4). Quello che conta non è la lettera ma lo spirito della legge e spetta a ciascuno applicarla alle diverse circostanze della sua vita senza venir meno alle esigenze di giustizia e di solidarietà verso il prossimo.

Nella seconda lettura Paolo ricorda le tribolazioni che egli affronta nella sua missione di annunciatore del vangelo. Egli non le cerca ma ne mette in luce il significato positivo per il bene della comunità. L’impegno per difendere la dignità della persona umana ha il suo prezzo, che bisogna saper pagare con gioia.

Il vangelo non contesta l’esistenza della legge le cui prescrizioni sono formulate in funzione di un’ordinata vita sociale. Esso esige però che il credente non osservi la legge semplicemente come adempimento di un obbligo ma piuttosto come un mezzo per provvedere al bene comune. Ciò implica la necessità di un senso critico nei confronti di ogni legge in quanto le prescrizioni umane sono spesso in favore delle classi più abbienti. Oltre a ciò il credente non deve mai fermarsi a quanto è prescritto ma deve cercare sempre nuove modalità per procurare il bene di tutta la società e di ogni suo membro.

Tempo Ordinario B – 8. Domenica

Digiuno e simbolismo sponsale

Il tema di questa liturgia è indicato nella prima lettura, nella quale il profeta Osea per la prima volta esprime il rapporto di Israele con il suo Dio con l’immagine del matrimonio. Per questo profeta Dio è come uno sposo tradito che va in cerca della sposa infedele, l’accoglie e «parla al suo cuore». Egli rinnova con lei il suo rapporto sponsale e le dà i doni di nozze: giustizia e diritto, benevolenza e amore, fedeltà e conoscenza di Dio. Sono questi i valori che fondano non solo il rapporto di un popolo con Dio ma anche i rapporti tra i suoi membri.

 Nel brano del vangelo viene riportata una controversia di Gesù con i farisei. Il tema è quello del digiuno. Ai farisei che rimproverano i suoi discepoli perché non praticano il digiuno, egli risponde che gli invitati a nozze non possono digiunare quando lo sposo è con loro. Gesù presenta la venuta del regno di Dio mediante il simbolismo delle nozze tra Dio e il suo popolo. D’ora in poi il rapporto con Dio non si baserà più sulla pratica di una legge, con le sue innumerevoli prescrizioni, ma sull’adesione al Regno annunziato da Gesù. Per questo i discepoli non devono più digiunare, ma partecipare con gioia a questo evento. Secondo l’evangelista, Gesù aggiunge che un giorno lo sposo sarà loro tolto, e allora anch’essi dovranno digiunare. Secondo questo detto lo sposo non è più Dio ma lo stesso Gesù che si unisce alla sua Chiesa. Secondo i primi cristiani il regno è stato solo inaugurato, egli è tornato al Padre ma un giorno verrà nella gloria per radunare tutta l’umanità. Nel frattempo il Regno dovrà radicarsi in questo mondo. Ciò implica una svolta decisiva che non ammette compromessi: il vino nuovo del vangelo non deve essere messo nei vecchi otri delle pratiche rituali dei farisei.

A coloro che contestano il suo titolo di apostolo, Paolo risponde che la prova più evidente del suo ruolo è la comunità stessa, da lui fondata, che tutti possono vedere. Essa è come una lettera che Dio ha scritto nei cuori dei corinzi per mezzo di Cristo, del quale Paolo è un semplice ministro. Anche per Paolo, come per Osea, il rapporto tra Dio e la comunità deve radicarsi nel cuore dei suoi membri.

Il regno di Dio è un modello di società basata non su leggi che impongono comportamenti socialmente corretti, ma su rapporti nuovi di solidarietà e di fraternità che scaturiscono dal cuore delle persone. Umanamente parlando, questo modello di società è irrealizzabile perché nell’uomo emerge continuamente la tendenza a prevaricare e a sopraffare l’altro. Per questo il il regno di Dio è una meta a cui si può tendere solo in forza di un dono ricevuto dall’Alto, mediante lo Spirito che Gesù ha effuso sui credenti. Se è vero che il regno di Dio non si potrà realizzare pienamente nella storia umana, resta aperta la possibilità di anticiparne i frutti all’interno di una comunità fondata sulla fede.