Autore: Alessandro Sacchi

nato ad Alessandria classe 1937 laureato in scienze bibliche

Santa famiglia C

La famiglia

La festa di oggi ci dà l’occasione di riflettere sulla famiglia, una realtà nella quale bene o male tutti siamo nati e cresciuti. Nella storia dell’umanità la famiglia ha assunto le modalità più disparate, come la liturgia stessa ci segnala. Nella prima lettura viene alla luce un tipo di famiglia poligamica, in cui la donna vale per la sua fecondità, le mogli litigano e si contendono la preferenza del marito; in questa situazione disastrata nasce un bambino che viene consacrato a Dio e cresce in un tempio lontano dalla sua famiglia. C’è di che rimanere quanto meno perplessi.

Ma anche la famiglia di Gesù, che viene allo scoperto nel brano del vangelo, presenta caratteri per lo meno anomali. I genitori sono legalmente sposati, ma Giuseppe non è il padre naturale di Gesù. Per ragioni non chiare essi smarriscono Gesù, il quale si è deliberatamente fermato nel tempio a discutere con i dottori; rimproverato dalla madre lascia intendere di avere un altro padre a cui riferirsi. E Giuseppe, messo in discussione da questa affermazione, non ha niente da eccepire. Alla fine Gesù accetta di tornare a casa e cresce nella sua famiglia fino a quando se la lascerà per sempre. Con questo racconto Luca vuole sdrammatizzare il fatto che, in realtà, Gesù è stato molto critico nei confronti della propria famiglia, al punto tale da non accogliere sua madre e i suoi fratelli quando vanno a cercarlo (Mc 3,33) e da affermare che non dobbiamo chiamare nessuno padre sulla terra (Mt 23,9).

Infine nel brano della prima lettera di Giovanni l’autore afferma che siamo figli di Dio. Vuol dire che portiamo in noi una filiazione diversa, che va al di là di quella che ci viene dai nostri genitori, in forza della quale siamo tutti fratelli e sorelle.

Noi viviamo oggi in un periodo nel quale un modello di famiglia consacrato da secoli è andato in crisi perché è cambiata la società in cui viviamo e non si è affermato un modello alternativo condiviso da tutti. Forse non esisterà mai. I rapporti tra persone sono difficili, cambiano e a volte, anzi spesso, vanno in crisi. Nei rapporti bisogna investire. Non bisogna lasciarsi portare via dal lavoro, dai soldi, dalla carriera, dalle preoccupazioni materiali. Ma soprattutto bisogna ricordare che i rapporti sono belli se alla loro base c’è la fede in una fraternità che si può costruire solo insieme.

Avvento C – 4. Domenica

L’adempimento delle promesse

In questa domenica viene indicato come tema delle letture l’adempimento delle promesse fatte da Dio suo popolo. Nella prima lettura la situazione storica è quella degli israeliti esuli in Mesopotamia che si preparano a ritornare alla terra dei loro padri. Il profeta preannunzia la nascita in Betlemme di un altro Davide, che sarà un dominatore, si metterà a capo del suo popolo e lo governerà come fa un pastore con il suo gregge. Sullo sfondo c’è l’attesta del regno di Dio, immaginato sull’esempio dei grandi imperi dell’antichità.

Nel brano del vangelo si racconta che Maria, subito dopo l’annunzio dell’angelo, si è messa in cammino per recarsi da Elisabetta: è incinta e conduce con sé Gesù nel suo seno. Il racconto ha un significato chiaramente simbolico: Maria, portando in sé Gesù, va a mettersi al servizio di un’anziana parente che si trova in uno stato di bisogno. Nella finale del brano Elisabetta proclama beata Maria perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le aveva detto. Ella ha creduto alle parole dell’angelo perché a monte ha avuto fede nelle promesse fatte da Dio al suo popolo. E si è messa a sua disposizione per far sì che esse si realizzassero secondo però modalità nuove, che i suoi contemporanei non avevano immaginato. Gesù infatti non è stato un dominatore, come si dice nella prima lettura, ma un uomo che ha creduto nella misericordia di Dio verso gli ultimi di questo mondo, e per questo ha affrontato la sofferenza e la morte.

Nella seconda lettura si dice che Gesù ha portato a compimento quanto era stato affermato in un salmo: egli è venuto in questo mondo non per offrire vittime e sacrifici, cioè per dare culto a Dio, ma per compiere fino in fondo la sua volontà, cioè per manifestare il volto umano di Dio mediante il dono di sé fino alla morte in croce.

Per i primi cristiani era importante mostrare come in Gesù so fossero attuate le promesse fatte da Dio al suo popolo. Egli però non si è limitato ad attuare le attese dei suoi contemporanei, ma ha dato una nuova interpretazione alle Scritture annunziando fino alla morte non il dominio di Dio e del suo popolo sul mondo ma un regno di amore e di pace. Anche noi dobbiamo inserirci in una storia sacra durata due millenni, con la capacità però di andare avanti, interpretando il vangelo non come un mezzo di potere in nome di Dio ma come una parola di speranza per i più poveri ed emarginati.

Avvento C – 3. Domenica

La vera gioia

Il tema della liturgia di questa domenica è quello della gioia, che diventa sempre più intensa man mano che ci si avvicina al Natale di Gesù. Il profeta Sofonia invita alla gioia gli israeliti perché essi, ormai di ritorno dall’esilio, non devono più temere nessuna sventura: Dio è in mezzo a loro come un Salvatore potente, il quale rinnova il suo popolo e gli comunica la sua stessa gioia. La gioia più grande non deriva dal ritorno nella terra dei loro, ma dall’incontro con Dio, su cui si fonda la loro vita comunitaria.

Nel brano del vangelo Luca ricorda che Giovanni il Battista, prima di annunziare la venuta del Messia, ha trasmesso un messaggio di carattere sociale. Egli si rivolge prima a tutti gli ascoltatori in generale e poi a due categorie particolari: i pubblicani e i soldati. A tutti egli raccomanda la condivisione mentre esorta i pubblicani ad accontentarsi di quanto loro spetta e i soldati a non sfruttare la loro professione per estorcere denaro alla gente. Solo dopo aver esortato alla solidarietà e alla giustizia sociale Giovanni annunzia la venuta del Messia. Come dire che per aprirsi al Messia che viene bisogna cercare il vero bene di tutti. È lui che impegna i suoi discepoli nella ricerca di un rapporto sociale giusto e fraterno. Questo rapporto con i propri simili deve andare di pari passo con la difesa dell’ambiente in cui essi vivono. La vera gioia scaturisce dall’incontro con Cristo e si approfondisce mediante l’impegno per la giustizia sociale e per la difesa dell’ambiente.

Nella seconda lettura riappare il tema della gioia. Secondo Paolo il credente deve essere sempre lieto nel Signore. Questa gioia deriva dall’abbandono nelle mani di Dio, mediante il quale si supera ogni angustia e paura.

In un mondo in cui tante sicurezze sono andate in crisi, noi purtroppo siamo portati a vedere prevalentemente le contraddizioni di cui è piena la nostra società. I motivi di gioia sono pochi e spesso lasciano il posto a cocenti delusioni. Oggi la liturgia ci suggerisce la gioia di sapere che il Signore è con noi. Il Natale ce lo ricorda. La gioia nasce dall’incontro comunitario con lui e si espande poi nei rapporti con il prossimo. Essa si manifesta nella pace del cuore, che rende il credente amabile nei confronti di tutti e lo spinge a testimoniare la verità del vangelo mediante la ricerca del bene comune.