Avvento A – 1. Domenica
Con questa domenica inizia il tempo di Avvento e con esso un nuovo anno liturgico. Il tema di fondo è quello dell’attesa, della vigilanza. Ma che cosa significa vigilare? Nella prima lettura il profeta racconta di aver avuto una visione: tutte le genti vanno in pellegrinaggio al monte di Dio e trasformano le armi in strumenti di progresso e di pace. È un sogno che non si sa quando si avvererà. Ma è anche una luce che indica la strada da percorrere perché questo sogno si realizzi nella vita personale e nella società.
Il brano del vangelo rielabora in un altro modo il tema della vigilanza. Secondo Matteo Gesù mette in guardia i suoi ascoltatori nei confronti di un comportamento di routine, unicamente preoccupato dell’oggi, incapace di guardare al futuro, di prepararsi ai grandi sconvolgimenti della storia che preludono alla sua venuta, cioè all’inizio di un mondo nuovo. Vigilare vuol dire prendere coscienza di quanto sta per avvenire. Anche ciò che sembra una catastrofe può diventare un’opportunità, se si crede in un futuro migliore. Ma bisogna saper vedere, capire e operare per ricavare un bene anche là dove sembra trionfare il male.
Nella seconda lettura Paolo riprende il tema della luce. Per lui la luce è Cristo che sta per ritornare. Vigilare vuol dire camminare nella luce cioè comportarsi onestamente, evitando orge o ubriachezze, lussurie e impurità, litigi e gelosie. Ma soprattutto significa rivestirsi di Cristo, assumere il suo modo di pensare e di comportarsi. Per noi è urgente superare quel consumismo che ci porta a essere schiavi del mercato, cercando invece un bene più grande che riguarda tutti, cominciando da coloro che sono sfruttati ed emarginati.
La vigilanza dunque non consiste semplicemente nell’evitare comportamenti ingiusti e immorali ma nell’avere una visione che illumini e orienti tutta la nostra vita. Oggi esistono numerosi segni di crisi: il cambiamento climatico, l’inquinamento, i divari economici, le migrazioni e altro ancora. Quali ne saranno gli esiti? Qual è il ruolo che possiamo e dobbiamo svolgere come individui e come comunità? La vigilanza consiste non nel chiudersi nei propri problemi quotidiani (salute, conti in banca, risparmi, lavoro) ma nel guardare in avanti, nell’accettare le prove che ci aspettano, senza cercare scappatoie ma impegnandoci a fondo per il bene di tutti. Vigilare significa prima di tutto non cessare mai di sognare.
Non è facile per qualsiasi essere umano vivere in un mondo così misterioso, difficile e pericoloso come il nostro. Basta poco: un incidente, una malattia, un errore di valutazione, e tutto sembra crollare. Non parliamo di tragedie come guerre, alluvioni, terremoti che improvvisamente cambiano la vita di un’intera popolazione. E allora ecco la paura, a volte sotto forma di panico, a volte come stato d’animo che condiziona, magari inconsciamente, scelte, decisioni, rapporti. La tendenza più spontanea è quella di erigere muri di difesa, crearsi garanzie, ricorrere ad assicurazioni, imporsi regole o ideologie. Ma spesso il rimedio è peggiore del male. Non c’è nulla di peggio di una vita ingessata, abitudinaria, in cui si affrontano le incombenze quotidiane senza slancio e creatività. Come uscirne? Certo la paura non si vince cercando di prevedere il futuro, anzi. La soluzione è un’altra. Anzitutto rientrare in se stessi, in quel mistero che è il nostro io, spesso da noi stessi ignorato o sottovalutato. Chi sono io? Che cosa mi porto dentro: desideri, sogni, aspirazioni. Quali sono i miei talenti, come li posso impiegare per il bene mio e delle persone che mi circondano? Ma non basta. Bisogna aprire gli occhi sulla realtà di questo mondo non solo per dare un giudizio di merito su ciò che capita, ma per capire come si evolve, quale direzione prende, a che cosa tende. Questa comprensione non è automatica: bisogna che si accenda una luce da cui scaturisce una visione, l’intuizione cioè che quel bene a cui ogni essere umano aspira non solo è possibile, ma è ciò a cui tende, spesso inconsciamente, tutto il mondo e con esso l’umanità: vedere cioè la storia come un grande pellegrinaggio di tutto il cosmo, uomini, animali, piante, esseri inanimati, che si aggregano sempre più intimamente per procedere verso un traguardo comune che prende un nome magico: «pace». Una visione che scaturisce dal nostro DNA ma che ha bisogno di essere tirata fuori, quasi estratta dal nostro intimo mediante una parola che ci viene da testimoni autorevoli. Non è forse questo che ha fatto Gesù di Nazaret? E con lui tanti altri che hanno tenuto viva nell’umanità la voce dello spirito. Solo dopo potremo udire la voce del profeta che ci invita: Venite, camminiamo nella luce del Signore. È questa la vigilanza che Gesù ci propone.
Vigilare alla luce del Signore ( Isaia3)”… perché ci insegni le Sue vie e possiamo camminare sui suoi sentieri”
Essere vigili, attenti, vegliare sempre sulle nostre tendenze a lasciarsi andare al quieto vivere, ai nostri egoismi tanto difficili da estirpare.
È quanto sembra stia succedendo, e in parte è già successo, con l’assuefazione al male, a questa indifferenza che ci ha come “ inghiottiti “ per non sentir più il dolore altrui, dell’altro, del fratello in cerca di sopravvivenza, ormai definito come “mio/nostro straniero”.
Non si è vegliato, lasciando che la paura così ben instillata annebbiando la nostra mente sia riuscita trovare la via per raggiungere il cuore del nostro egoismo, lasciando che con tanta indifferenza riusciamo vederli davvero affogare davanti ai nostri occhi, giovani, donne, bambini che ci tendevano le mani.
L’ ”immunità” che ha lasciato impuniti gli evidenti colpevoli ci annoverato con loro.
È tempo davvero di ricordare che dobbiamo vegliare, sempre.
Per non chiudere con il cuore, anche la nostra mente alle vie del Signore, quelle che ci insegnano come camminare sui suoi sentieri. I suoi sentieri, quelli che davvero sapranno salvarci tutti, solo se insieme, con lui.
Bello iniziare l’avvento con una profezia di pace! Credo che tutti noi ne sentiamo tanto il desiderio, ma essere operatori di pace non è sempre semplice. La liturgia di questa domenica ci indica una via: la vigilanza. E vigilare significa, restare svegli, saper osservare, interpretare, essere aperti al nuovo che si fa strada anche nelle situazioni più preoccupanti. Pensiamo in questi giorni – non voglio fare politica – all’imprevedibile fenomeno delle “sardine”. Eravamo preoccupati del silenzio e dell’assenza dei giovani dallo scenario del mondo di oggi e le piazze invece si stanno riempendo del loro coraggio, entusiasmo, valori di pace e condivisione. Una folla giovane, libera e civile che chiede di ricominciare.
Vigilare significa accogliere questa nuova sfida di umanità, sfida che ci interpella tutti; significa aprire e non chiudere, ascoltare quelle piazze e aiutarle perché la profezia – il sogno – che stanno urlando anche con i loro canti, contro l’odio, la violenza, l’ingiustizia, possa veramente cambiare la traiettoria della nostra democrazia e affermare un orizzonte sociale nuovo. Possa indicarci quel porto sicuro che finora è stato negato rendendo reale quella possibilità di accoglienza e fratellanza che ciascuno di noi, se ha scelto di far proprio il modo di pensare e di agire di Gesù, desidera certamente attuare.