Avvento C – 4. Domenica
In questa domenica viene indicato come tema delle letture l’adempimento delle promesse fatte da Dio suo popolo. Nella prima lettura la situazione storica è quella degli israeliti esuli in Mesopotamia che si preparano a ritornare alla terra dei loro padri. Il profeta preannunzia la nascita in Betlemme di un altro Davide, che sarà un dominatore, si metterà a capo del suo popolo e lo governerà come fa un pastore con il suo gregge. Sullo sfondo c’è l’attesta del regno di Dio, immaginato sull’esempio dei grandi imperi dell’antichità.
Nel brano del vangelo si racconta che Maria, subito dopo l’annunzio dell’angelo, si è messa in cammino per recarsi da Elisabetta: è incinta e conduce con sé Gesù nel suo seno. Il racconto ha un significato chiaramente simbolico: Maria, portando in sé Gesù, va a mettersi al servizio di un’anziana parente che si trova in uno stato di bisogno. Nella finale del brano Elisabetta proclama beata Maria perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le aveva detto. Ella ha creduto alle parole dell’angelo perché a monte ha avuto fede nelle promesse fatte da Dio al suo popolo. E si è messa a sua disposizione per far sì che esse si realizzassero secondo però modalità nuove, che i suoi contemporanei non avevano immaginato. Gesù infatti non è stato un dominatore, come si dice nella prima lettura, ma un uomo che ha creduto nella misericordia di Dio verso gli ultimi di questo mondo, e per questo ha affrontato la sofferenza e la morte.
Nella seconda lettura si dice che Gesù ha portato a compimento quanto era stato affermato in un salmo: egli è venuto in questo mondo non per offrire vittime e sacrifici, cioè per dare culto a Dio, ma per compiere fino in fondo la sua volontà, cioè per manifestare il volto umano di Dio mediante il dono di sé fino alla morte in croce.
Per i primi cristiani era importante mostrare come in Gesù so fossero attuate le promesse fatte da Dio al suo popolo. Egli però non si è limitato ad attuare le attese dei suoi contemporanei, ma ha dato una nuova interpretazione alle Scritture annunziando fino alla morte non il dominio di Dio e del suo popolo sul mondo ma un regno di amore e di pace. Anche noi dobbiamo inserirci in una storia sacra durata due millenni, con la capacità però di andare avanti, interpretando il vangelo non come un mezzo di potere in nome di Dio ma come una parola di speranza per i più poveri ed emarginati.
L’adempimento delle Promesse
Per noi non ha molta importanza sapere dove di preciso è nato Gesù. Per i suoi discepoli invece si trattava di un punto qualificante; infanti, se Gesù era il Messia (Cristo), doveva essere discendente del re Davide e questi era originario di Betlemme. Per di più c’era una profezia che lo confermava, quella del profeta Michea, riportata nella liturgia di questa domenica. Ma in realtà Gesù era un abitante di Nazaret. Come fare? Ecco allora due risposte: secondo Matteo la famiglia di Gesù risiedeva a Betlemme ma poi, dopo diverse traversie, si è stabilita a Nazaret. Per Luca invece la famiglia di Gesù era di Nazaret ma, quando Gesù è nato, si trovava a Betlemme per un censimento. Due risposte di fantasia, ma che servivano molto bene per ricollegare la persona di Gesù alla storia del suo popolo e alle sue attese di salvezza.
Un altro tema discusso era il rapporto di Gesù con Giovanni Battista il quale, secondo i suoi discepoli, era superiore a lui. Di qui il racconto della visita di Maria a Elisabetta, dal quale appare che, mentre erano ambedue nel seno materno, la madre stessa di Giovanni aveva proclamato la superiorità di Gesù.
Infine l’autore della lettera agli Ebrei, per spiegare il senso della morte di Gesù, si è servita del Sal 40,7-8 in cui il salmista dice che Dio non vuole i sacrifici di animali ma l’obbedienza alla sua volontà, cosa che egli intende fare fino al dono totale di sé. Che cosa c’era di meglio per sottolineare come Gesù non abbia visto di buon occhio i sacrifici ma abbia portato a compimento la grande aspirazione di Israele, quella cioè di riconciliarsi con il suo Dio.
Leggendo la vicenda di Gesù alla luce delle attese del loro popolo, i primi cristiani, pur forzando a volte i singoli testi, hanno voluto sottolineare come la persona di Gesù si inserisca in una storia di salvezza, da cui ha attinto i tratti fondamentali del suo messaggio e alla quale ha impresso egli stesso una svolta radicale, indicandone il vero significato: Dio non si manifesta nella potenza di un regno terreno ma nei rapporti nuovi che fanno dell’umanità una grande famiglia. È questa la strada che egli, quale nuovo profeta, ha percorso e ha indicato ai suoi discepoli, per stimolarli a ricercare nel quotidiano la volontà di Dio e a scoprire la sua costante e attiva presenza nelle vicende di questo mondo.
La presenza dell’AT nel canone cristiano e il suo utilizzo nella liturgia attesta che fin dall’inizio i cristiani hanno ritenuto importante, per capire la persona di Gesù, il ricorso alle Scritture del popolo ebraico. Per dimostrare ciò essi si sono serviti di due espedienti: da una parte hanno riletto i testi biblici come profezie riguardanti Gesù, adattandoli con opportuni ritocchi, alla nuova realtà; dall’altra hanno raccontato le vicende di Gesù con le parole dell’AT, alludendo quindi al mondo di immagini e significati in esso contenuti. Così facendo essi hanno usato un metodo diffuso nel mondo ebraico e ancora oggi da noi utilizzato, quello cioè di rileggere l’oggi alla luce del passato (midrash) e al tempo stesso il passato alla luce dell’oggi. In questo modo i cristiani, senza rifiutare le Scritture del loro popolo, ne hanno dato una chiave di lettura diversa da quella di altri movimenti giudaici, come quello dei farisei. Inoltre, alla luce di questo metodo, i primi cristiani hanno letto nella vicenda di Gesù la promessa di eventi futuri. Nasce così l’idea di una storia di salvezza, cioè di una salvezza che avviene all’interno della storia di questo mondo. Questa concezione sta alla base dell’idea di progresso, spirituale e materiale, tipica della nostra cultura. Le letture di questa domenica attestano questo concezione. L’antica profezia di Michea, già riletta prima di Cristo in funzione di nuovi eventi, è stata applicata a Gesù e con ciò stesso ulteriormente interpretata in vista di un messianismo che ormai aveva assunto connotati diversi. Luca rilegge l’incontro di Maria con Elisabetta alla luce delle benedizioni riservate alle grandi donne dell’AT e mette Gesù in relazione con Giovanni Battista, ultimo profeta dell’AT. Il brano della lettera agli Ebrei spiega, sempre alla luce dell’AT, il superamento in Gesù del culto giudaico, questo stesso ripreso poi dalla Chiesa e reinterpretato alla luce di Cristo. Per noi è importante sentirci parte di una storia che parte da lontano e, riscoprendo le nostre radici, interpretare il vangelo come messaggio di salvezza per la nostra società.