Tempo Ordinario B – 25. Domenica
I discepoli di Gesù e il potere
La liturgia di questa domenica riprende il tema dell’imminente morte e risurrezione di Gesù, con lo scopo però di sottolineare un aspetto specifico del ruolo assegnato ai discepoli: la rinunzia al potere. Nella prima lettura si mette in luce come chi vuole agire in sintonia con la sua fede deve rinunziare alla carriera e al successo, anzi deve mettere nel conto incomprensioni e persecuzioni.
Nel brano del vangelo si propone il testo in cui Gesù per la seconda volta preannunzia la sua morte e risurrezione. L’evangelista osserva che i discepoli, i quali lo accompagnavano nel suo cammino, non comprendevano quello che egli diceva. Non che non capissero il senso delle sue parole, ma non riuscivano a entrare nella logica della croce prospettata da Gesù. Il motivo di questa incomprensione viene indicato dall’ evangelista mediante l’aggiunta di un brano nel quale si dice che lungo la via i discepoli avevano discusso per stabilire chi di loro fosse il primo: l’ambizione che impedisce loro di capire il discorso di Gesù. Gesù quindi prende l’occasione per affermare che chi vuol essere primo deve diventare l’ultimo e il servitore di tutti: è proprio per aver fatto lui stesso questa scelta che si avvia verso la sua passione. Gesù afferma poi che chi accoglie un bambino accoglie lui. Per capire le parole di Gesù che preannunzia la sua sofferenza e la sua morte bisogna dunque rinunziare a ogni ricerca del potere e farsi come bambini nella semplicità del cuore.
Nel brano della sua lettera Giacomo contrappone il comportamento suggerito dalla sapienza che viene dall’alto a quello provocato dalle passioni e dai desideri umani. Mentre la sapienza porta alla giustizia, alla misericordia e alla pace, i desideri umani sfociano nei dissensi e nelle liti. È soprattutto il desiderio del potere che sconvolge non solo la vita sociale ma anche l’armonia della comunità cristiana.
Stiamo vivendo in un periodo di forti tensioni, nel quale emergono spesso interessi personali o di gruppo che condizionano la vita politica e sociale non solo nel nostro Paese ma anche in tutto il mondo. In questa situazione è più che mai necessario mettere al primo posto non la ricerca del consenso ma l’impegno disinteressato per il bene di tutti. In questa situazione il ruolo della comunità cristiana è quello di operare perché si attui una vera democrazia in cui tutti collaborino per il bene comune. Ma questo richiede che in essa si instauri una profonda unità di intenti che si basa non sull’esercizio del potere ma su un dialogo a cui tutti i suoi membri sono chiamati a partecipare su un piano di parità.
È sorprendente che l’evangelista Marco, subito dopo aver riferito la seconda delle tre predizioni di Gesù riguardanti la sua morte imminente, abbia inserito una discussione dei discepoli che aveva come tema chi tra di loro fosse il primo. A prima vista si potrebbe immaginare che l’evangelista abbia cucito insieme questi due testi per criticare l’esistenza nella comunità di un’autorità. Ma in realtà Gesù non esclude la necessità di strutture di governo sia nella chiesa che nella società. Di fatto, quando Marco scriveva il suo vangelo, si prospettava nelle comunità fondate dagli apostoli il problema di una leadership che fosse in armonia con l’insegnamento di Gesù.
A Gesù preme invece spiegare che colui che esercita l’autorità deve mettersi all’ultimo posto e diventare servitore di tutti. Fuori metafora, chi sta a capo di una comunità non deve cedere alla tentazione di autoritarismo ma deve promuovere la partecipazione e l’assunzione di responsabilità da parte di tutti, aiutando tutti a convergere verso la ricerca del bene comune. Questo significa cominciare dagli ultimi, dagli esclusi, che in quella società erano anzitutto i bambini.
Questo modo di esercitare l’autorità ha spesso un costo in termini di attacchi personali e di autentiche persecuzioni, come mette in luce la prima lettura e come attesta l’esempio di Gesù, che proprio per questo è andato incontro a una tragica morte. Non mancano certo gli esempi anche ai nostri giorni, sia in campo religioso che civile. Abusa invece dell’autorità chi impone agli altri la propria volontà o si basa sulla ricerca del consenso, magari facendo leva sulle aspettative egoistiche della gente. In ambedue i casi l’autorità viene sfruttata in funzione del proprio interesse, provocando contese e guerre, come mette in guardia Giacomo nella seconda lettura.
Nella sua essenzialità, l’insegnamento di Gesù è valido anche per noi oggi, sia nella chiesa che nella società civile. È forse proprio l’averlo dimenticato che ha portato tanti credenti ad abbandonare la pratica religiosa; per lo stesso motivo tanti cittadini hanno rinunziato al grande diritto democratico di esprimere col voto i propri rappresentanti nel governo della nazione.
Ricevo da Sandra Rocchi
Se ci troviamo, come diceva il teologo Spong, morto da alcuni giorni “nella transizione tra una nuova consapevolezza e vecchie definizioni” dobbiamo chiarirci bene che cosa è questa nuova consapevolezza e quali le definizioni non più attuali. Chiarezza che certamente può essere raggiunta solo gradualmente, ma che certamente non vuole essere solo un ritocco di certe modalità di pensare la fede (vecchie definizioni), ma allargarsi anche alla comprensione di un discorso scientifico che ha aperto spazi di comprensione prima inesistenti e che, non modificano, ma annullano convinzioni precedenti ( il teismo, Gesù divinizzato…). Concettualmente, il primo passo importante della scienza, su cui mi soffermo oggi, a mio parere è stato quello di eliminare ogni dualismo ( con sussulti di gioia di Panikkar), non più concepibile in una diversa rappresentazione del tempo e dello spazio … parlando di preghiera non si dovrebbe più dire “che consiste nel confrontarsi con una Realtà superiore per purificare il proprio rapporto con gli altri … la preghiera credo debba essere una risposta all’esistenza, non a Dio che è scomparso come riferimento personale dal nostro modo di sentirci credenti: in un Tutto unico :io, tu, noi, Dio. E’ un mistero e chiede di essere trattato come tale e non scandagliato per carpirgli qualche rassicurazione.
Dovremmo rivedere termini come spiritualità, interiorità, creatività, evoluzione, coerenza … dobbiamo rinunciare a troppi puntellli e sentirci profondamente radicati in noi, a sentire in noi l’anelito a essere più profondamente ciò che siamo, a credere nella nostra umanità perché vive in quel Tutto che tutto comprende … certo anche questo è un Mistero!
Il discorso è molto lungo e complesso e ci vuole coraggio ad affrontarlo … mi piacerebbe essere aiutata e corretta … tenendo presente quel “ noi” che è inscindibile dalla nostra realtà. Grazie! Sandra
25 Domenica B
Il tema del potere è molto complesso perché tocca uno dei gangli vitali della vita associata: questa infatti esige che qualcuno comandi, ma questo compito tende facilmente a scadere in autoritarismo e sfruttamento della collettività in funzione dei propri interessi personali. È interessante notare che nel brano del Vangelo Gesù non rimprovera i discepoli perché discutevano su chi fosse il primo: è possibile immaginare che si trattasse di una consultazione per identificare chi poteva coordinare il loro gruppo. Se così fosse potremmo vedere nella loro discussione un principio democratico. Gesù si limita a spiegare che cosa implica l’essere primo: colui che esercita l’autorità deve mettersi all’ultimo posto e diventare servitore di tutti. Questo tipo di servizio non deve, eccetto in casi di emergenza, scadere in forme di assistenzialismo ma deve promuovere la partecipazione e l’assunzione di responsabilità da parte di tutti. Questo significa dare la parola a tutti, anche ai più piccoli, ascoltarli e aiutare tutti a convergere verso la ricerca del bene comune: per questo Gesù raccomanda di accogliere i bambini che nella società di allora non contavano nulla. Alla fine chi è a capo deve avere il coraggio di decidere. E questo spesso ha un prezzo in termini di attacchi personali e di autentiche persecuzioni, come attesta l’esempio di Gesù, che mette nel conto la possibilità di una sua tragica morte. Abusa invece dell’autorità che si basa sul consenso, magari facendo leva sulle aspettative egoistiche della gente, per ottenere un incarico e poi sfruttarlo in funzione del proprio potere. In campo comunitario è importante, secondo quanto afferma Giacomo, superare la conflittualità. A questo scopo è utile il suo accenno alla preghiera che consiste nel confrontarsi con una Realtà superiore per purificare il proprio rapporto con gli altri dai desideri egoistici a cui tutti vanno soggetti.