Tempo Ordinario B – 05. Domenica
Le letture di questa domenica affrontano il tema della malattia e della sua guarigione. Nella prima lettura si descrivono, con le parole di Giobbe, gli effetti della malattia: sofferenza, insonnia, angoscia e solitudine. Spesso uno si ammala perché è isolato, depresso, privato della sua libertà, incapace di far fronte alle situazioni difficili della vita. Nell’uomo il corpo e l’anima sono un tutt’uno, non si possono separare. Perciò la guarigione di una persona implica anche una trasformazione dei suoi rapporti con la realtà in cui si trova e con le persone che la circondano.
Nel vangelo si descrive l’attività di Gesù che, dopo aver chiamato i primi discepoli e aver liberato un indemoniato, guarisce la suocera di Pietro. Per fare ciò egli la «prende per mano»: così facendo esprime nei suoi confronti una profonda solidarietà, che la porta, appena guarita, a prodigarsi per gli altri; è questo anche un segno del superamento della barriera che isolava la donna a motivo delle rigide norme di purità. Verso sera, Gesù guarisce molti malati e soprattutto scaccia i demoni: così facendo egli guarisce le malattie del corpo e al tempo stesso risana un male più profondo, simboleggiato negli spiriti impuri, che è la conseguenza dello sfruttamento, dell’emarginazione e della violenza a cui tanti sono sottoposti. Le folle che si accalcano intorno a lui sono segno di un popolo che, proprio per i gesti di Gesù, viene risanato e riconciliato. La preghiera di Gesù nella notte mostra bene come Gesù sia in stretto contatto con quel Dio, del cui regno annunzia la venuta. Al mattino Gesù si rifiuta di tornare dalla folla che lo aspetta perché non vuole lasciarsi chiudere nel ruolo di guaritore e, d’altra parte, intende estendere anche ad altri la sua opera di annunziatore del regno di Dio.
Nella seconda lettura è Paolo che esprime il suoi impegno di farsi tutto a tutti, senza aspettare nessuna ricompensa. Egli pensa che sia quaesto il modo migliore di annunziare il vangelo, perché la sua forza trasformatrice si rivela unicamente nella solidarietà.
Il nostro compito principale come cristiani non è prima di tutto quello di cambiare le strutture che regolano la vita civile ma quello di risanare le ferite provocate nelle persone da pesanti condizionamenti come sfruttamento, violenza, solitudine. E ciò significa soprattutto stringere rapporti nuovi di amicizia, di solidarietà, con i quali si risanano gli altri ma di riflesso se stessi. Molte sofferenze restano, ma quello che importa è dare loro un senso, facendole diventare un mezzo per creare amore e solidarietà.
Giobbe doveva essere un grande esperto delle sofferenze provocate dalla malattia e dalla morte. Ma da credente qual era, egli ne dava la responsabilità a Dio e lo accusava di essere ingiusto nei suoi confronti, in quanto era certo di non aver fatto nulla che meritasse tutti quei guai. Al tempo di Gesù si era invece più propensi ad attribuire le malattie in genere, ma soprattutto quelle riguardanti la psiche umana, a un potere diabolico che la gente identificava con la dominazione romana.
E allora si capisce come mai Gesù, dopo aver annunziato la venuta del regno di Dio, si è dedicato anzitutto a una grande opera di risanamento di tutta la società, cominciando appunto dalla situazione dei malati. È difficile dire se e quante persone egli abbia effettivamente guarito. Ma una cosa è certa: le guarigioni che gli sono attribuite non avevano uno scopo propagandistico. Gesù non ha voluto neppure creare una multinazionale della salute, ma si è sottratto alle attese e alle pretese della gente. Per lui era importante smuovere le coscienze e provocare un movimento di solidarietà e di corresponsabilità: solo così si guarisce un popolo e si prefigura una società in cui i poteri diabolici dello sfruttamento umano non hanno più posto.
Nella seconda lettura, Paolo aggiunge una pennellata interessante a questo quadro. All’esempio del Maestro egli ha voluto dare riscontro fondando comunità di fratelli e sorelle disposti a vivere in modo alternativo rispetto alla società. Egli sapeva che solo così si vince quella malattia mortale che è l’ingordigia umana. Per questo si è fatto tutto a tutti, rinunciando a ogni tipo di pagamento.
Certo oggi la medicina ha fatto miracoli, risolvendo tanti problemi che affliggono l’umanità, anche se non tutti e non dappertutto. Resta però un male che la scienza non sa curare, perché la guarigione del corpo spesso non coincide con la guarigione dell’anima. Le discriminazioni in campo sanitario sono lì ad attestarlo. Non sarà questa la conseguenza di una dittatura che si chiama mercato e sa trasformare ogni bisogno umano in una fonte di guadagno?
Videoconferenza
Annunziando il regno di Dio, Gesù rifiuta l’immagine di un Dio giudice, che premia e punisce, e propone quella di un padre misericordioso che risana i suoi figli. La malattia fa parte della natura umana, ma spesso è associata a profonde ferite dell’anima e del cuore. Gesù guarisce non soltanto i corpi ma l’intimo delle persone. Egli lo fa infondendo la speranza, non solo di poter guarire ma soprattutto di poter essere accolti nel regno di Dio, dove i rapporti fra le persone saranno rovesciati in favore degli ultimi. Per questo prende per mano e «rialza», cioè richiama a nuova vita, una donna che rappresenta tutto il genere femminile, oppresso dallo sfruttamento e discriminato a causa delle regole religiose riguardanti la purità: così facendo le dà una dignità nuova che si manifesta nel servizio. Ma anche agli altri malati Gesù offre una possibilità di guarire anche se non fisicamente almeno interiormente, aiutandoli a dare un senso alle loro sofferenze. Un certo modo di vivere la malattia e la morte, non pensando a se stessi ma al bene dei propri cari e di tutta la società, è il mezzo più efficace per anticipare nell’oggi il regno di Dio. Di riflesso, Gesù dà a chi assiste i malati (parenti e operatori sanitari) la gioia di curare, come ha fatto lui, non semplicemente dei corpi ma delle persone amate da Dio.