Tempo Ordinario C – 17. Domenica
Viviamo in un’epoca di grandi tragedie che rischiano di sommergerci nell’angoscia e nel sangue. Un tempo nei momenti di grande crisi si chiedeva aiuto a Dio con preghiere e processioni. Oggi serve ancora pregare? Il buon Dio è in grado di darci una mano per risolvere i nostri problemi? In caso contrario a che serve la preghiera? Le letture di oggi ci aiutano appunto a riflettere su questo tema. Nella prima lettura è riportato un racconto didattico riguardante l’efficacia della preghiera di intercessione; da essa risulta la grande misericordia di Dio che è disposto a perdonare una città peccatrice purché ci siano in essa almeno 10 giusti.
Nel brano del vangelo Luca riporta, come modello di preghiera il Padre nostro. In esso con le prime due domande chiediamo a Dio di attuare il suo progetto di salvezza; con le successive domande chiediamo di anticiparne l’attuazione mediante la solidarietà (il nostro pane quotidiano) e il perdono vicendevole. Successivamente Luca riporta due parabole riguardanti l’efficacia della preghiera e la necessità che essa sia costante e fiduciosa. La chiave di lettura si trova alla fine del brano: «Dio darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono». Quindi la preghiera è efficace nella misura in cui si chiede lo Spirito santo, o meglio, nella misura in cui ci si apre alla sua azione. Lo Spirito Santo è Dio stesso in quanto è presente e opera in questo mondo. La preghiera quindi serve a renderci coscienti dell’opera di Dio nel mondo e a sintonizzarci con essa. Questa preghiera non può non essere esaudita.
Nel brano della lettera ai Colossesi scelto come seconda lettura si ritorna sul tema della misericordia di Dio che, mediante la croce di Cristo, ha dimostrato di essere disposto a perdonarci e ad accoglierci comunque e sempre.
In definitiva, pregare significa rivolgersi con fiducia a Dio, non per ottenere da lui quello c he vorremmo e non siamo capaci di procurarci, ma per capire come lui stia guidando le vicende di questo mondo, in modo da saperci adeguare alla sua volontà e collaborare con lui perché si attui. Aprendoci al piano di Dio la preghiera ci aiuta a liberarci del nostro egoismo e a ricercare un bene più grande, che riguarda l’umanità intera.
La preghiera è un’attività molto pericolosa perché facilmente diventa l’occasione di una fuga dalla realtà con sfoghi, richieste, sensi di colpa, recriminazioni con cui si rimette la propria esistenza nelle mani di un’entità superiore immaginaria e prepotente. Spesso nella preghiera ci si convince che questo essere superiore abbia bisogno di un culto, delle nostre lodi, delle nostre tiritere per concederci chissà quali favori o debba essere ringraziato per vantaggi ottenuti chissà come. Per fortuna Gesù ci insegna a non cadere in questo meccanismo alienante e a pregare in modo corretto. E lo fa indicandoci come oggetto di preghiera non i nostri problemi ma il regno di Dio. Anche questo concetto può dar luogo a equivoci. Perciò Gesù ha insegnato che il regno di Dio non consiste nel potere di uno sugli altri, fosse pure Dio stesso rappresentato dai suoi eletti (teocrazia), ma nella giustizia, nella condivisione e nel perdono. Pregare perché tutto questo si realizzi è un’attività impegnativa in quanto comporta una severa autocritica: non sempre infatti la nostra ricerca del bene è scevra da egoismi e interessi nascosti, che noi riusciamo a individuare solo specchiandoci nell’insegnamento e nell’esempio di un maestro al quale abbiamo aderito. Pregare significa dunque riscoprire i valori del Regno di Dio, identificare alla loro luce i segni dei tempi, elaborare una strategia per prepararne la venuta. Per chi prega in questo modo sarà spontaneo verificarsi anche con altri, vicini o lontani, trasformando così la preghiera in un dibattito comunitario. Gesù promette che questo dibattito sarà guidato dallo Spirito di Dio, che è anche il suo Spirito, il quale non può mai mancare a chi onestamente si confronta con il Vangelo. Naturalmente questo modo di pregare non allontana dalla vita reale, ma piuttosto spinge all’azione per contribuire al vero bene di tutta la società. La preghiera così intesa non si impara da soli. Purtroppo però si insiste spesso sulla necessità di pregare ma non si insegna a farlo in modo corretto. Spesso la preghiera della Chiesa si riduce alla ripetizione di formule e di riti in cui ci si rivolge a Dio come a un sovrano da adorare e da propiziare. Perché allora stupirsi se la gente diserta sempre più la messa domenicale e le altre occasioni di preghiera proposte dalle parrocchie?