Santa famiglia C
La festa di oggi ci dà l’occasione di riflettere sulla famiglia, una realtà nella quale bene o male tutti siamo nati e cresciuti. Nella storia dell’umanità la famiglia ha assunto le modalità più disparate, come la liturgia stessa ci segnala. Nella prima lettura viene alla luce un tipo di famiglia poligamica, in cui la donna vale per la sua fecondità, le mogli litigano e si contendono la preferenza del marito; in questa situazione disastrata nasce un bambino che viene consacrato a Dio e cresce in un tempio lontano dalla sua famiglia. C’è di che rimanere quanto meno perplessi.
Ma anche la famiglia di Gesù, che viene allo scoperto nel brano del vangelo, presenta caratteri per lo meno anomali. I genitori sono legalmente sposati, ma Giuseppe non è il padre naturale di Gesù. Per ragioni non chiare essi smarriscono Gesù, il quale si è deliberatamente fermato nel tempio a discutere con i dottori; rimproverato dalla madre lascia intendere di avere un altro padre a cui riferirsi. E Giuseppe, messo in discussione da questa affermazione, non ha niente da eccepire. Alla fine Gesù accetta di tornare a casa e cresce nella sua famiglia fino a quando se la lascerà per sempre. Con questo racconto Luca vuole sdrammatizzare il fatto che, in realtà, Gesù è stato molto critico nei confronti della propria famiglia, al punto tale da non accogliere sua madre e i suoi fratelli quando vanno a cercarlo (Mc 3,33) e da affermare che non dobbiamo chiamare nessuno padre sulla terra (Mt 23,9).
Infine nel brano della prima lettera di Giovanni l’autore afferma che siamo figli di Dio. Vuol dire che portiamo in noi una filiazione diversa, che va al di là di quella che ci viene dai nostri genitori, in forza della quale siamo tutti fratelli e sorelle.
Noi viviamo oggi in un periodo nel quale un modello di famiglia consacrato da secoli è andato in crisi perché è cambiata la società in cui viviamo e non si è affermato un modello alternativo condiviso da tutti. Forse non esisterà mai. I rapporti tra persone sono difficili, cambiano e a volte, anzi spesso, vanno in crisi. Nei rapporti bisogna investire. Non bisogna lasciarsi portare via dal lavoro, dai soldi, dalla carriera, dalle preoccupazioni materiali. Ma soprattutto bisogna ricordare che i rapporti sono belli se alla loro base c’è la fede in una fraternità che si può costruire solo insieme.
Una famiglia alternativa
Penso che Luca, raccontando l’episodio di Gesù dodicenne che, all’insaputa dei genitori, si è fermato nel tempio, abbia voluto suggerire che la famiglia di Nazaret ha avuto anch’essa i suoi momenti di crisi. A quanto ne sappiamo, il momento cruciale è stato quello in cui Gesù, ormai adulto, ha abbandonato sua madre, rimasta vedova, per dedicarsi a una vita randagia e senza protezione. Immagino la costernazione di Maria quando si è recata da lui per chiedergli di ritornare a casa e si è sentita dire: «Chi è mia madre?» (Mc 3,33). O quando Gesù ha detto che, per seguire lui, bisogna addirittura odiare il padre e la madre (Lc 14,26). Diversamente dal piccolo Samuele, consacrato a Dio dalla madre, Gesù ha scelto lui stesso di abbandonare la sua famiglia. Perché? «Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma allora la famiglia non è un posto ideale per fare la volontà di Dio? Per secoli si è pensato proprio così: non per nulla si è imposto ai ministri della chiesa di rinunziare a farsi una famiglia.
Ma è strano che in un’altra occasione lo stesso Gesù, rimproverando i farisei perché seguivano le tradizioni degli uomini e trasgredivano la volontà di Dio, ha portato come esempio latrasgressione del comandamento che esige di onorare il padre e la madre (Mc 7,10). Si vede che Gesù non ha criticato la famiglia in quanto tale, ma un certo tipo di famiglia. Quella cioè della coppia felice, protesa alla ricerca del proprio benessere e della propria soddisfazione, quale appare spesso negli annunzi pubblicitari.
E allora, che cosa propone Gesù? Una famiglia che ha fame e sete di giustizia, che cerca il regno di Dio e la sua giustizia, sapendo che tutto il resto le sarà dato in sovrappiù. Una piccola comunità che diventa la cellula fondamentale di una comunità più grande, la comunità dei figli di Dio di cui parla la seconda lettura. Una famiglia legata da un vincolo indissolubile che diviene tale per grazia, non in forza di un precetto.
Una bella sfida! Che la chiesa potrebbe affrontare se, invece di imporre come ministri alle sue comunità uomini votati al celibato, li scegliesse tra uomini e donne che hanno fatto personalmente l’esperienza di una vita famigliare spesa per il regno di Dio. Sarebbero loro i testimoni efficaci di un tipo di famiglia veramente alternativo.